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Storia : Contemporanea : Le ultime 100 ore di libertà
Inviato da Fabio il 25/10/2004 15:36:34 (6896 letture)

Storia : Contemporanea
Tratto da Interconair - Aviazione & Marina n. 70 del Settembre 1970 Questo studio sulle ipotetiche "ultime 100 ore di libertà in Italia" é molto meno fantascientifico di quanto si possa ritenere a prima vista. Per dieci mesi un gruppo di tecnici, esperti di varie discipline (aviazione, marina, esercito, politica, sindacalismo, enti locali, politica internazionale, ecc.) hanno messo insieme, tessera per tessera, questo mosaico di una possibile definitiva trasformazione della vita democratica in Italia. Gli esperti non sono partiti da tesi preconcette, ma hanno costruito su verità obiettive traendo logiche conseguenze dettate da esperienze precedenti, da caratteristiche dominanti, da fenomeni di costume di vita italiani. Non si é voluto fare un romanzo d'appendice polemico, ma solo guardare in faccia la realtà italiana, nuda e cruda come é. Non sappiamo quali saranno le reazioni delle autorità né, nel compilare questo studio, ci siamo preoccupati di studiare se e come può essere organizzata una repressione nei nostri confronti (materia che potrebbe essere spunto di eventuale ulteriore studio), convinti invece della necessità di portare a conoscenza del maggior numero di persone la situazione reale del paese e i rischi che quotidianamente vengono corsi. Quando un paese vede allentarsi giorno per giorno il suo tessuto connettivo, il valore delle sue istituzioni, la forza del suo ordinamento statale, la conclusione non può essere che una: quel paese cessa di essere una Nazione, per diventare un "mucchio" di dimostranti, un "mucchio" di politicanti, un "mucchio" di egoisti, ecc. E' chiaro che in questa situazione le reazioni del paese non saranno più nazionali ma solo "cellulari": reagirà soltanto il "mucchio" colpito, tra l'indifferenza degli altri "mucchi" destinati presto o tardi ad essere colpiti a loro volta, e così via. Un paese di questo tipo é destinato a sfasciarsi al primo soffio di temporale, impreparato come é a qualsiasi situazione di emergenza. Questo nostro studio vuole essere un campanello d'allarme, una provetta da laboratorio che trova e fa conoscere i microbi pericolosi che contaminano e portano alla cancrena. Come detonatore della situazione siamo stati obbligati a inserire un elemento esterno (l'invasione): é infatti storicamente accertato che gli Italiani non sono mai stati in grado (e non lo sono tuttora) di raggiungere soluzioni rivoluzionarie con spinte interne né in bene né in male. Di ciò ci scusiamo con le autorità dell'Unione Sovietica, le cui forze abbiamo dovuto impiegare come "spauracchio" e metro di confronto per obiettività storica e politica. Se per necessità di espressione siamo stati polemici o irriverenti ci scusiamo fin d'ora: non é per desiderio di polemica che questo studio é stato fatto, ma per amore d'Italia, paese giornalmente calpestato da molti "mucchi" di gente che si proclama italiana. Ci auguriamo solo che questo studio faccia riflettere chi é preposto alla difesa dei valori nazionali italiani.


PREMESSA

23 GIUGNO 1971
Sono quattro mesi ormai che il Maresciallo Tito é morto nel suo rifugio delle isole Brioni e la Jugoslavia é esplosa come una polveriera. In Serbia e Montenegro, gli stalinisti, aiutati dall'U.R.S.S., hanno rialzato la testa, riprendendo il potere. Nel Kosmet, gli Albanesi appoggiati dalla Cina, si sono praticamente staccati dalla federazione; in Macedonia prevalgono gli autonomisti stalinisti filo-bulgari. Invece, in Slovenia e Croazia si é accentuata la tendenza verso un socialismo dal volto umano e l'integrazione europea. In più, vaste agitazioni maoiste e filo-nasseriane si segnalano tra i Musulmani della Bosnia.
Con un colpo di stato incruento, l'Esercito e l'Aviazione, in gran parte comandati da Serbi, hanno avuto la prevalenza ed assunto il governo centrale, mentre la Marina, formata da Dalmati e da Croati, é rimasta in gran parte ostile. Tuttavia il nuovo regime non é tranquillo poiché nelle varie parti del paese si é iniziata una forma di sabotaggio e di guerriglia, sostenuta dall'esterno. A questo punto, il governo jugoslavo ha chiesto l'aiuto fraterno delle truppe del PATTO DI VARSAVIA, e il 1° maggio 1971, Sovietici, Bulgari, Ungheresi, Polacchi e Tedeschi orientali hanno occupato alcuni punti-chiave della Jugoslavia, le grandi città e le vie di comunicazione. I Romeni si sono astenuti. I Cecoslovacchi non sono stati invitati. I punti di contatto con le frontiere dell'Occidente sono stati però evitati dalle truppe del PATTO DI VARSAVIA, che si sono attestate più indietro. Ai valichi di confine con l'Italia, vi sono sempre i presidii di graniciari. La Marina é stata posta sotto diretto controllo sovietico. La resistenza all'occupante aumenta però gradatamente d'intensità, mentre si accresce il numero dei profughi che si dirigono verso l'Italia.
Gli U.S.A. hanno ricordato al Cremlino che la pazienza degli Americani é al limite. Nixon, dopo aver dichiarato che gli Stati Uniti non interverranno direttamente in un paese che ha chiesto esplicitamente l'intervento sovietico, é partito, per un breve giro negli Stati Uniti del sud.
La situazione in Medio Oriente é stazionaria: gli scontri continuano tra Israeliani e guerriglieri Palestinesi su tutti i fronti. La presenza dei militari sovietici si é notevolmente accentuata dopo che la Jugoslavia é entrata nell'orbita sovietica. Anche la Flotta Sovietica del Mediterraneo ha visto aumentare da un paio di mesi il numero delle sue unità.
In Oriente, la Cambogia é nuovamente occupata, da un paio di mesi, da forze U.S.A. mentre si continua a combattere nel Laos e nel Vietnam del Sud.
In Italia già da alcuni mesi é al governo un ennesimo tentativo di quadripartito di centro-sinistra (DC,PSI,PSU,PRI) che vede alla presidenza l'on. Botton che ha formato la compagine governativa con una certa fatica: l'on. Botton é sempre soggetto ai continui ricatti politici da parte di tutti i partiti, compreso il suo (la DC) e non si può dire che il governo abbia una caratteristica dinamica, obbligato praticamente quotidianamente a verificare la sua reale coesione e a difendersi da un nugolo di "franchi tiratori" di ogni tendenza.
Le regioni sono state attuate e mentre alcune (Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Lazio, Campania, Abruzzi, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) si reggono alla meno peggio con governi regionali di centro-sinistra, altre (Emilia-Romagna, Umbria e Toscana) sono invece rette da governo di sinistra (PCI. PSI, PSIUP) grazie anche all'apporto dei Socialisti che hanno attuato la politica cosiddetta "del doppio binario" fino in fondo. I sindacati hanno praticamente raggiunto un accordo di massima di unità d'azione che li dovrebbe condurre entro qualche anno alla unificazione completa (CISL, UIL, CGIL). Per il momento le segreterie sono divise e non è raro che ad alcuni scioperi, sempre numerosi dall'autunno 1969, aderiscano alcune centrali sindacali mentre altre si astengano.
Il maggior peso organizzativo della CGIL è apparso evidente e sia la CISL che la UIL si sforzano di apparire più attive e aperte a sinistra per aumentare gli aderenti prima della prevista unificazione. Malgrado però questa spinta a sinistra di tutti i sindacati che sempre più cercano di accontentare e, a volte, prevenire i desideri della base, durante gli ultimi scioperi a carattere regionale, in preoccupante aumento, l'ala "cinese" dei dimostranti è riuscita in numerosi casi a prendere il sopravvento.
Da segnalare, in maggio, il primo sciopero generale dei metalmeccanici, dichiarato per portare sostanziali mutamenti anticipati al contratto firmato un anno e mezzo fa', che ha visto, a Torino, numerosi feriti e gravi danni ad interi reparti della FIAT e, a Milano, ancora numerosi feriti e un certo numero di fermi.
Altra nuova caratteristica della instabile situazione italiana sono gli scioperi-rivolta a carattere cittadino: dopo gli incidenti di Reggio Calabria e Mestre, dell'estate 1970, si sono avuti scioperi con caratteristiche di vera e propria rivolta a Piombino (per l'avvenuta partecipazione FIAT alla locale acciaieria) a Cinisello Balsamo (per protesta contro la riduzione di personale di un importante complesso industriale) con danni valutati globalmente ad oltre 500 miliardi di lire, e in altre località con intensità minore.
La situazione economica, che era leggermente migliorata durante la lunga crisi di governo dell'inverno 1970, anche perchè la mancanza di un governo aveva portato ad una momentanea riduzione delle manifestazioni di sciopero, è peggiorata ulteriormente. Anche il 1970 si è chiuso con un grave deficit nella bilancia dei pagamenti, causato sia dal minor sviluppo delle esportazioni (per mancata produzione e per i prezzi non più competitivi) sui mercati internazionali sia dalla continua fuga di capitali verso la Svizzera ed altri paradisi fiscali.
Da alcuni mesi si parla con insistenza di svalutazione (chi dice l'8 per cento chi dice il 12 per cento), mentre i prezzi continuano ad aumentare e la produttività è, rispetto al già considerato pessimo 1969, ancora inferiore.
Malgrado i ripetuti appelli ai valori democratici lanciati attraverso la radio e la televisione dall'on. Botton, invitanti alla calma e ad avere fiducia nell'opera del Governo, gli scioperi continuano su base regionale. 1 sindacati sostengono che i contratti non sono stati mantenuti dai datori di lavoro e che, comunque, vanno riveduti tenendo conto di quello che è ora il costo della vita Regione per Regione. La Confindustria cerca di tener duro, ma qui e là si notano cedimenti su piano regionale. Gli scioperi continuano. Da notare che, in occasione dell'entrata delle truppe sovietiche in Jugoslavia le forze armate erano state messe in emergenza ma, comunque, dopo alcuni giorni, avendo riscontrato che non vi era nessun pericolo imminente per l'Italia, l'emergenza era stata sospesa. E' indetto per domani giovedì 24 giugno 1971 uno sciopero generale nell'Emilia-Romagna, per protestare contro il caro-vita, il caro-casa e il mancato adeguamento delle pensioni alla scala mobile.

GIOVEDI' 24 GIUGNO 1971

BOLOGNA
ore 10,30 - Grande manifestazione unitaria nelle principali vie cittadine del capoluogo, che, con tutta la regione Emilia-Romagna ha proclamato lo sciopero generale.
In particolare, a Bologna, ai dimostranti si sono aggiunti operai metalmeccanici lombardi, anch'essi in sciopero e attivisti laziali, fatti appositamente giungere con numerosi pullman e con i treni dalle centrali sindacali. Si teme che elementi "filo-cinesi" si siano infiltrati tra la folla che si sta radunando in Piazza Maggiore.
Il Prefetto di Bologna ha ricevuto ordine dal Ministero dell'Interno di cercare di non far degenerare la manifestazione in scontro aperto ma di "tallonare" comunque da vicino i manifestanti senza dare troppo nell'occhio con uno spiegamento di forze troppo appariscente. In Emilia sono stati fatti affluire comunque alcuni reparti celeri di Pubblica Sicurezza e alcuni reparti mobili di Carabinieri per ogni evenienza si tratta di reparti del I V Btg. Mo ile da Padova in rinforzo al V Btg. Mobile di stanza nella città).
Verso le ore 11, la folla radunatasi in Piazza Maggiore, dove è previsto che alcuni oratori prenda no la parola, é enorme. E' a questo punto che avviene il fattaccio". improvvisamente in mezzo alla folla, mentre il primo oratore sta per iniziare il suo discorso, si sente un terribile boato e si alza una colonna di fumo: é esplosa una bomba!
La folla per un attimo rimane immobile poi é il panico, é la strage: calcoli successivamente accertati valutano in 36 i morti in seguito all'esplosione e in 71 i morti calpestati dalla folla che, impazzita, é in fuga verso qualsiasi direzione. La confusione é enorme: gli stessi sindacalisti sono rimasti come impietriti sulla tribunetta e passano preziosi minuti prima che si pensi a qualche azione di soccorso...
Ai loro piedi decine di persone rantolano e si disperano, cercando gli amici e i colleghi. La piazza comunque tende a vuotarsi perché si temono ulteriori esplosioni.
Dopo circa mezz'ora, i feriti, moltissimi, incominciano ad essere portati agli ospedali. Alcuni, meno gravi, alle poche farmacie che non hanno abbassato le saracinesche. Molti feriti presentano gravi contusioni causate dalla folla che li ha calpestati.
Purtroppo, a causa dello sciopero anche del personale ospedaliero, il personale di guardia del Pronto Soccorso del Policlinico S. Orsola e dell'Ospedale Maggiore non è in grado di ospitare tutti i feriti. Una volta occupati i posti letto e fatti accomodare alla meglio un certo numero di feriti nei corridoi, viene rifiutato il ricovero ad altri, alcuni dei quali gravissimi, che sono indirizzati verso altri ospedali lontani dal centro cittadino. Alcuni moriranno per strada, sulle auto dei soccorritori. D'altra parte, il pronto soccorso non dispone di una quantità di sangue sufficiente per sopperire alle necessità. Si lancia un appello alla "banca del sangue" del Policlinico, ma a causa dello sciopero il risultato é tutt'altro che felice. Passeranno alcune ore prima che si possa disporre di una quantità di sangue tale da far fronte al bisogno. Nel frattempo due giovani sono spirati, malgrado il prodigarsi del personale del Pronto Soccorso dell'Ospedale Maggiore in realtà insufficientemente equipaggiato per far fronte a questa sciagura.
Verso le 12 uno degli oratori prende la parola, più per invitare alla calma e per sciogliere la manifestazione che per esporre il suo primitivo discorso, ma viene immediatamente interrotto dalla piazza al grido di "Morte ai fascisti!
E' a questo punto che inizia la caccia all'uomo.
Con singolare rapidità si sono formati gruppi. di 40/50 individui che, dotati di elmetto protettivo e armati di tubi di ferro, catene da bicicletta e bastoni (chi dice anche di armi da fuoco) si avviano verso la sede bolognese del MSI decisi a vendicarsi.
Giunti in vicolo Posterla 18 e abbattuta la porta vi trovano un gruppo di attivisti missini che, presi di sorpresa, si difendono come possono. Incominciano le prime bastonature, incomincia, anche qui, ad apparire il sangue. Uno dei missini, assai malconcio, estrae improvvisamente una pistola e la scarica sui suoi più vicini aggressori che si accasciano rantolanti. Quasi immediatamente viene risposto al fuoco e alcuni missini rotolano nel sangue.
La Polizia, dopo il primo naturale sbigottimento, è intervenuta per collaborare nell'opera di soccorso. Il Questore ha dato inoltre ordine che alcuni reparti si muovano a difesa delle sezioni dei partiti di destra, temendo appunto vendette da parte dei dimostranti, così duramente f colpiti. Purtroppo la marcia dei mezzi della Polizia e dei Carabinieri è ostacolata dai tremendi ingorghi stradali che, proprio a causa dei dimostranti in fuga, si sono venuti a formare nelle strade principali del centro.
Quando i primi reparti di P.S. raggiungono la sede devastata del MSI lo scontro é ormai finito e gli attaccanti stanno ormai allontanandosi. Ciò nonostante, all'intimazione della P.S. di fermarsi, alcuni elementi rispondono con il fuoco. Ne segue un rapido scambio di colpi durante i quali vengono ferite due guardie e quattro dimostranti.
ore 14.00 - Incominciano ad apparire nelle principali vie del centro le prime barricate. Scontri si susseguono per tutto il primo pomeriggio tra forze dell'ordine e dimostranti con numerosi contusi e arresti. Verso sera la situazione tende a normalizzarsi. Corre voce di concitati contatti tra la Federazione del PCI di Bologna e la sede centrale del partito a Roma.
E' indetta per il giorno successivo una grande manifestazione di protesta che avrà il suo culmine in piazza Maggiore. Questa volta ad organizzare la manifestazione non sono più i sindacati ma il governo regionale emiliano-romagnolo. Le segreterie sindacali locali hanno chiesto ed ottenuto che domani venerdì 25 giugno 1971 sia proclamato lo sciopero generale in tutto il territorio nazionale. Bologna è praticamente isolata dal resto dell'Italia dalle forze di Polizia e dai Carabinieri. In serata si riuniscono i vari direttivi regionali dei partiti.

FIRENZE
ore 12.00 - La notizia dei fatti di Bologna si propaga fulmineamente in tutta la città e dintorni. Le prime informazioni, ovviamente, sono portate da automobilisti provenienti dal capoluogo emiliano. Tuttavia, poiché quasi nessuno é stato testimone oculare dei fatti, ognuno, con le logiche "aggiunte" personali, offre una propria versione sulla dinamica degli incidenti. Lo stesso numero dei morti e dei feriti é soggetto alle più diverse amplificazioni e riduzioni.
ore 12.30 - Gli operai delle fabbriche apprendono le prime notizie dei fatti di Bologna dal giornale radio delle ore 12.30. In quel momento, infatti, nelle varie mense aziendali, le radio a transistor funzionano a pieno regime. L'annuncio, tuttavia, e invero piuttosto reticente, in quanto si limita a riportare che: " a Bologna, nel corso di una manifestazione operaia, un ordigno posato da mani ignote é improvvisamente scoppiato tra la folla. Sebbene non sia ancora possibile fare un bilancio esatto, i feriti, alcuni dei quali in modo grave, sono numerosi".
ore 13.00 - Questa breve comunicazione, tra l'altro non in apertura di trasmissione - la prima notizia, dunque la più importante, riguardava il "taglio di un nastro" da parte di un sottosegretario - ha il medesimo effetto d'una scarica elettrica. Immediatamente, sia tra gli operai, sia tra i sindacalisti delle varie tendenze, si comincia a manifestare la classica differenza di fondo che le varie lotte economico-sociali avevano quasi fatto passare nel dimenticatoio. Su un punto, comunque, sono immediatamente tutti d'accordo: sciopero immediato e convocazione delle assemblee di fabbrica.
ore 14.00 - Le assemblee di fabbrica si svolgono in un'atmosfera tesa e foriera di nuovi e imprevedibili sviluppi. I sindacalisti, malgrado tante belle parole sul monolitismo della classe lavoratrice (hanno tutti o quasi una tessera di partito in tasca), arringano la massa a seconda delle proprie convinzioni e convenienze politiche. Quelli della CISL e della UIL parlano di "attentato criminoso contro l'intera classe lavoratrice che combatte una dura e diuturna battaglia, per garantirsi un domani migliore. Tutto ciò, ad ogni modo, non può investire le responsabilità del Governo centrale che, anzi, ha sempre dato prova di moderazione e genuino spirito democratico. Il sindacato, tuttavia, fa fervidi voti perché le responsabilità, siano portate a conoscenza delle pubblica opinione." I sindacalisti della CGIL, al contrario, non fanno alcun "distinguo" e indicano nella politica vessatoria del padronato e nell'imperialismo la causa prima e unica del luttuoso incidente. Pertanto, mobilitano le "genuine forze del lavoro" affinché questo nuovo attentato alle istituzioni democratiche non rimanga impunito. Indicono, perciò, "motu proprio", una grande manifestazione per l'indomani che percorra le vie del centro cittadino e dimostri, fuor d'ogni dubbio "la volontà di lotta della classe lavoratrice contro qualsiasi rigurgito fascista". I sindacalisti CISL e UIL, allora, malgrado alcuni dissensi interni, aderiscono a questa proposta, specie per il timore di venir scavalcati nella considerazione degli iscritti e dei simpatizzanti. ore 16.30 - Le segreterie provinciali delle tre Confederazioni sindacali si riuniscono in un vertice che deve decidere sulle modalità della grande manifestazione "unitaria" indetta per l'indomani. Anche in questa sede affiorano le diverse impostazioni, ma alla fine, dopo un lungo batti e ribatti, prevale una specie di "linea comune". C'é, tuttavia, il fatto nuovo: le milizie operaie, che l'indomani dovrebbero assicurare il servizio d'ordine del grande corteo, non sono totalmente disponibili. Alcuni dei loro membri, infatti, hanno scavalcato a sinistra i sindacati e rifiutano di prestare la loro opera.
ore 18.30 - Riunione di emergenza in Prefettura, per studiare le più opportune misure per il mantenimento dell'ordine pubblico nel corso della grande manifestazione del giorno dopo. A quest'incontro, oltre al Prefetto, al Questore, ai Comandanti del Battaglione Celere della P.S. e del VI Btg Mobile dei Carabinieri e al Capo dell'Ufficio Politico, partecipano anche i tre segretari provinciali delle centrali sindacali. La riunione, iniziatasi all'insegna del buon senso, degenera purtroppo in aperto contrasto. Le accuse del rappresentante della CGIL investono subito la P.S. accusata di essere "uno strumento di lotta classista" e terminano con la frase: "i lavoratori sapranno farsi giustizia da soli, visto che lo Stato è ormai impotente a far valere anche i loro più elementari diritti". Uno dei funzionari di Polizia perde la calma e, oltre a minacciare l'incriminazione per oltraggio a pubblico ufficiale, ribatte seccamente che: "primo dovere delle Forze di Polizia é quello di garantire, contro chicchessia, la libertà di qualsiasi cittadino. Inoltre, in caso occorresse, non si dimentichi che anche le FF.AA. potrebbero essere chiamate a prestare il loro contributo per garantire l'ordine pubblico".
ore 20.00 - La riunione, purtroppo, s'è sciolta con ciascuna delle parti arroccata sulla propria posizione. In città, l'atmosfera è tesa: Nazione Sera contribuisce involontariamente ad acuire i contrasti tra le varie correnti politiche. Per alcuni, i resoconti rispecchiano i fatti; per altri, invece, non sono che un tentativo di far ricadere sulla classe lavoratrice responsabilità che sono chiaramente db ascriversi a un ben noto disegno di parte reazionaria.
ore 20.30 - Le notizie si propagano con impressionante rapidità e, quel che è peggio, vengono travisate via via che passano di bocca in bocca. Improvvisamente, si sparge la voce che gruppi di estrema destra, armati di tutto punto e addirittura guidati da ex-ufficiali paracadutisti della Legione Straniera, si tengono pronti a intervenire per l'indomani. Quest'annuncio scuote profondamente i cittadini e non solo quelli di parte comunista, anche se nessuno sa precisare chi siano e da dove provengano questi raggruppamenti. Massaie frettolose si affannano negli esercizi che, come obbedendo a un tacito segnale, hanno differito l'ora di chiusura. Si acquistano generi alimentari di prima necessità: particolarmente richiesti latte, zucchero, caffè, pane e sale.
ore 21.30 - Fanno la loro comparsa i "cinesi" che inalberando ritratti di Mao, Stalin, Lenin, Ho-Chi-Min e Che Guevara invadono le vie dei centro. Scoppiano qua e là tafferugli con alcuni esercenti che stanno abbassando le saracinesche. Particolarmente presi di mira sono i caffè: alcuni hanno le vetrate infrante a colpi di pietra ma, oltre ai danni materiali, nessuna persona deve fortunatamente lamentare ferite.
ore 23.00 - Firenze ha l'aria d'una città in stato di assedio, anche se non sono comparse barricate e cose del genere. Molte le luci accese. I mezzi della P.S. e dei Carabinieri, specie le auto-radio, intensificano i loro giri di pattuglia. Le sedi dei partiti rimangono aperte tutta la notte; gli attivisti hanno, ognuno a seconda del partito di appartenenza, un preciso incarico per il giorno dopo.
ore 24.00 - Anche negli organismi preposti all'ordine pubblico si veglia e si discute. Le teorie sul come affrontare la situazione sono
diverse: alcuni propendono per il pugno di ferro; altri, invece, sarebbero favorevoli a mantenere, quantunque pronte a intervenire, le forze di P.S. e dei Carabinieri negli acquartieramenti. Al solito, pre vale la formula compromissoria che "le forze di Polizia seguiranno la manifestazione a debita distanza, in modo che la loro presenza non possa suonare a provocazione". Gli agenti e i funzionari della squadra politica, tuttavia, anche perché ormai ben noti, saranno sostituiti da "volontari" scelti, per ragioni "mimetiche", tra quelli provenienti dall'Italia settentrionale.

ROMA
ore 10.00 - Magnifica giornata estiva, resa ancora più bella perché, grazie all'intervento del Governo, e in particolare del socialdemocratico on. Benassi, Ministro della Sanità, il divieto di bagnarsi in mare a causa di una grave epidemia di epatite virale causata dall'acqua marina inquinata dagli scarichi, emesso dall'assessorato alla Sanità della Regione Lazio, è stato revocato.
Tutti gli stabilimenti della costa ostiense segnalano il "tutto esaurito" malgrado quel giovedì sia una giornata a tutti gli effetti lavorativa.
In piazza Colonna, il solito servizio rafforzato di un centinaio di militari della Celere e dei Carabinieri sonnecchia entro le jeep e i furgoni arroventati dal sole estivo.
Il Questore, non appena giunto al Palazzo San Vitale, ha trovato il Capo dell'Ufficio Politico che chiede di parlargli con urgenza.
Si tratta di un fatto, forse insignificante, ma degno di essere notato: tutti gli attivisti di destra, sinistra ed estrema sinistra da quelli più o meno vicino al M.S.I. ai "cinesi", hanno lasciato la città e con treni e pullman, sono partiti per l'Emilia.
Il Questore, al quale un ulteriore assassinio rimasto allo stato di mi stero (il 73° dal 1945) sta dando serie preoccupazioni, sente, come primo impulso la voglia di dire a funzionario che non lo disturbi per certe fesserie, ma poi pensandoci meglio, ringrazia con insolita cordialità il Capo dell'Ufficio Politico il quale, in ultima analisi gli ha fatto Capire che almeno una volta tanto gli scalmanati della Città Eterni avrebbero rotto le scatole ai suo colleghi del Nord.
Tuttavia, appena in ufficio, con la linea speciale, il Questore s mette in contatto telefonico con i Capo della Polizia, al vicino Viminale: "Grazie Questore - risponde il Prefetto Traballi - questa segnalazione mi induce a vedere se é il caso di partire per Bologna ove ho paura di complicazioni. Farà poi piacere al Ministro che a quanto mi risulta oggi deve avere qualche grana più grossa di quelle che dobbiamo sorbirci noi sulle strade con i "ragazzi".
Ma il Capo della Polizia non riesce a mettersi in comunicazione con l'on. Lastico, l'ormai sperimentato ed esperto Ministro degli Interni, il quale dalla sua abitazione al Lungotevere Manzio ha raggiunto quella mattina direttamente Palazzo Chigi senza passare per il Viminale e senza neppure recarsi ad ascoltare la Santa Messa.
Quest'ultimo particolare colpisce notevolmente il Capo della Polizia il quale si consulta con il suo segretario: "Che c'è Consiglio dei Ministri oggi? " "Lo escludo - è la pronta risposta dell'efficiente funzionario - l'on. Nattino (Ministro degli Esteri) è in vacanza e vari Ministri sono fuori sede". "Bene, accertamenti immediati! ", é la secca replica di Traballi. E l'accertamento é sollecito ed esauriente.
Un capitano dei Carabinieri siciliano, compaesano dell'on. Lastico, aveva - come altre volte - informato confidenzialmente il Ministro che l'on. Angelotti (D.C.), considerato come la più importante personalità politica non comunista del Lazio, si trovava dalle sette e mezza a Palazzo Chigi in attesa del Presidente del Consiglio, On. Angelo Botton. Questo era bastato a catapultare alla sede del Governo Lastico, sempre ossessionato dalla paura d'essere sostituito da qualcuno più energico di lui, per pressioni rispettivamente del P.S.U. oppure del P.S.I. Giunto a Piazza Colonna contemporaneamente al Presidente del Consiglio gli rivolge il solito lamento: "Non é giusto che sia io l'unica vittima della contestazione! "
Ma il Ministro degli Interni non ha alcunché da temere per la sua poltrona come ha a rendersi conto udendo le prime battute che Angelotti senza molti preamboli rivolge a Botton prima ancora che questo possa accomodarsi dietro al suo tavolo.
L'autorevole esponente della Democrazia Cristiana del Lazio richiama il Presidente del Consiglio alla nota questione del divieto di bagnarsi in mare. "Non c'é bisogno che io ricordi a te ed agli altri amici come in questa maledizione delle regioni sia stato coinvolto unicamente per disciplina di partito. Però, ora che ci sono, devono essere rispettate come va rispettata qualsiasi cosa che é emanata da una legge dello Stato". Con il commovente linguaggio d'integerrima osservanza della concezione 'dello "stato di diritto", tipico dei governi di centro-destra degli anni '50, Angelotti a questo punto dice che il Ministro della Sanità non aveva alcun diritto di annullare una decisione del suo amico Nandini, assessore alla Sanità del Lazio, e che in ogni caso avrebbe dovuto astenersi dal fare su tale questione le dichiarazioni "da salvatore della Patria" che tutti i giornali, dal "Popolo" al "Paese Sera" riportavano con grande rilievo in prima pagina.
"Ho pazientato per venti anni: ora basta! Ora vado alla Camera e, me ne frego della disciplina di Partito e per il bene del Paese dovrò dire che qui non si può procedere su questa china di cedimenti". Botton riesce ad inserirsi nel "sonoro" per avvertire Angelotti che tale modo di procedere non é compatibile con i principi della democrazia, della cristianità e della civiltà occidentale: "Calma, un momento, ora qui discuteremo, tu avrai tutte le soddisfazioni e non uscirai di qua se la questione non é risolta". Quindi afferrando il telefono chiede al Segretario di pregare il Ministro della Sanità di venire al più presto possibile a Palazzo Chigi: "Come? Chi? Traballi e Ducali? Lasci stare. Parleranno stasera o domani, anzi non ci sono per nessuno". Così né il Capo della Polizia, Prefetto Traballi, né il Capo dello Stato Maggiore della Difesa, gen. Ducali, riescono a parlare della situazione che si é creata in Emilia con il Presidente del Consiglio il quale, nel giro di qualche ora viene a trovarsi sull'orlo d'una ennesima crisi di governo. Viene il Ministro della Sanità ma poi arriva anche quello della Marina Mercantile, Bambotti, appartenente nella Democrazia Cristiana alla corrente di cui é leader Angelotti. "Tu non ti devi permettere - esplode Bambotti (rivolto al collega del P.S.U.) - di intrometterti nelle questioni di mare e di spiagge, negli affari cioè del mio Ministero....". "lo sono il Ministro della Sanità - risponde Benassi con irruenza - io sono il Ministro della salute, di quella salute che voi democristiani avete permesso di minacciare a tanta gente con ogni tipo di concessione, e come tale ho il diritto ed il dovere di mettere il naso ovunque, se necessario anche nelle regioni, nel mare e nelle spiagge....". Lo studio del Presidente del Consiglio é divenuto un piccolo inferno.
Arrivano altri Ministri: il Guardasigilli, quello della Difesa, il quale come Presidente del partito di Benassi si ritiene in dovere di andare a Palazzo Chigi per vedere che cosa sia successo al Ministro della Sanità, il Vice Presidente del Consiglio De Perlino e il Ministro dei Trasporti e dell'Aviazione Civile, on. Speranzosi, il quale avendo a passare per piazza Colonna e disponendo di cinque minuti di tempo libero, aveva pensato di recarsi da Botton per sollecitare per l'ennesima volta un miglioramento delle infime retribuzioni del personale dell'Aviazione Civile. Resosi conto del motivo della discussione Speranzosi chiede che gli sia consentito di fare una dichiarazione. In quel momento, in quell'attimo di silenzio, si sente l'ululare della sirena di mezzogiorno. Botton pronuncia sommessamente un Pater Noster e quindi autorizza il Ministro dei Trasporti e dell'Aviazione Civile a parlare: "Mi rendo conto che ci troviamo dinanzi ad una complessa questione di carattere politico ed é per questo che, uniformandomi al più volte ribadito concetto di un'armonica politica di coordinamento dei trasporti ed alla conseguente inspiegabilità di un Dicastero autonomo della Marina Mercantile, non posso che essere solidale con l'onorevole collega della Sanità e con gli amici i quali giustamente si preoccupano dell'autonomia regionale....". "Giuda! " scappa di bocca allo scandalizzato Vice Presidente del Consiglio. Poi la riunione, avvelenata da rancori personali e da intemperanze verbali, diviene convulsa. Botton convoca i Segretari dei quattro partiti al governo in un estremo tentativo di evitare la crisi.
Giungono le 18 senza che nessuno fra i litiganti di Palazzo Chigi se ne sia accorto. Ogni tentativo di "accomodamento" é fallito.
Alle 18.30 Botton esausto, esce dalla sua stanza di lavoro e dallo studio del suo capo ufficio stampa, dottor Stacchia, cerca di mettersi in contatto telefonico con il Presidente del Senato. Gli viene risposto chi questi si trovava in vacanza vicino ad Arezzo i che non si riusciva ad avere la linea. Allora chiama il Palazzo della Cancelleria i si fa passare il Cardinale Vicario, Monsignor Del Vino. L'autorevole prelato avrebbe potuto far modificare l'intransigente atteggiamento di Angelotti il che sarebbe equivalso ad un primo passo verso la normalizzazione. Era un'ottima idea. Il presidente del Consiglio, come al solito, é sintetico ed efficace nella sua esposizione e, gli pare, anche convincente. Ma Monsignore risponde in modo strano: "Onorevole Presidente, non c'é bisogno che io le ricordi che le vie del Cielo sono infinite. Qualsiasi cosa accada una cosa sola nella mia posizione posso fare: è quella di ricordarle l'umiltà, la penitenza, la misericordia che nostro Signore ci ha lasciato come suo supremo insegnamento. Lei non ha motivi per preoccuparsi, onorevole Presidente. Sul Vangelo c'é scritto: i primi saranno gli ultimi. Sia lodato Gesù Cristo". "Sempre sia lodato", risponde Botton sentendo il Cardinali che abbassa il ricevitore. Poi il Presidente del Consiglio percepisce una specie di senso di vertigine. Che cosa volevano significare le parole di Monsignor Dei Vino?
La difficile ricerca mentale si protrae invano per alcuni minuti. Poi Botton si alza e torna nel suo studio. La riunione prosegue ancora per un paio d'ore finché il Presidente del Consiglio non invita tutti ad andarsene. "Cari amici, vi avverto che in questo momento sono più che mai disposto a rinunciare all'incarico ....", all'improvviso nella stanza piomba un silenzio di catacomba ... "la mia stanchezza é veramente grande. Andiamo a riposare, riflettete, vi attendo domani alle 10 qui in questa stanza i che la notte vi porti consiglio".
Stanchi i Ministri tornano alle loro case. Le strade di Roma sono piene d'auto con gente che si diverte. Prima di addormentarsi, l'On. Lastico dà ordine di non essere svegliato per nessun motivo ed ha la consueta telefonata del suo compaesano capitano del SID: "Nessuna novità, onorevole, nella capitale. Per il resto, ci sono stati alcuni scontri a Bologna, ma queste sono cose da Polizia". - "Bene, bene - buona notte" dice l'On. Lastico.
Nel tardo pomeriggio e in serata attività frenetica presso le sedi delle centrali sindacali: viene deciso di proclamare per l'indomani uno sciopero generale nazionale anche per non essere scavalcati dai sindacalisti di Bologna e Firenze che si sono già messi in contatto direttamente con i colleghi delle grosse federazioni delle città industriali del nord. II Telegiornale della sera ha dato scarsa rilevanza a quanto accaduto limitandosi a confermare che a Bologna, durante una manifestazioni di sciopero, é esploso un ordigno e i feriti sono numerosi.


Barricate a Bologna


ALTRE LOCALITA'
ore 16.00 - La notizia degli incidenti di Bologna provoca un vasto fermento in tutta l'Italia Settentrionale, ma con diverse conclusioni.
A Torino, una grande manifestazione di operai della FIAT e delle grandi industrie, scesi in sciopero per solidarietà, si svolge con relativa calma. Unico incidente di rilievo: studenti maoisti e gruppi di Potere Operaio tentano di assalire il Consolato americano al grido di: "Giù le mani dalla Cambogia! " (Il Presidente Nixon ha infatti promesso che la nuova puntata offensiva delle forze U.S.A. in quel paese terminerà per Natale 1974).
A Milano, scioperi di protesta in diverse industrie: aggressioni alla polizia, tafferugli tra studenti maoisti e missini.
Genova, abbastanza tranquilla: il 24 giugno é S. Giovanni, patrono della città, che é in festa. Gli abitanti del centro cittadino hanno approfittato per fare un ponte con 'sabato e domenica, per cui gran parte dei Genovesi sono sfollati verso, le Riviere e l'Appennino. A Boccadasse, in serata alcuni tafferugli, poiché al momento dello scoppio dei tradizionali fuochi di S. Giovanni, é corsa voce che si trattasse di colpi tirati dalla Polizia.
Nelle delegazioni di ponente, invece, i sindacati di sinistra hanno preannunciato uno sciopero per l'indomani, già organizzato in precedenza per protestare contro la sperequazione di retribuzione di trattamento sociale fra operai e impiegati: molti sono soddisfatti perché così il ponte sarà fattibile senza "grane" con i rispettivi capi ufficio.

VENERDI' 25 GIUGNO 1971

BOLOGNA
ore 10 - Enorme schieramento di Polizia mentre sfila per le vie cittadine una enorme dimostrazione di folla. I negozi hanno le saracinesche abbassate in segno di lutto e le campane suonano a morto. Le vittime dell'attentato sono state composte nella sala maggiore del palazzo Malvezzi trasformata per l'occasione, nelle prime ore del mattino, in camera ardente. I feretri presenti sono 87. Altri 21 sono stati composti in Cattedrale, trasformata anch'essa in camera ardente. Numerosissimi quelli che vanno a portare l'ultimo saluto alle vittime. L'emozione in città é grande, come pure la commozione. Il servizio d'ordine, impeccabile, é assicurato dagli attivisti dei sindacati e da attivisti dei partiti al governo della regione. La presenza della polizia é evidente ma discreta. La manifestazione si sta svolgendo nel massimo ordine. In piazza Maggiore, prende la parola il presidente dell'assemblea regionale, socialista, che, con emozione, illustra come un centinaio di lavoratori che giustamente reclamavano per il loro pane, per assicurare un giusto benessere alle loro famiglie, siano stati assassinati dalla furia dei criminali fascisti. Indica anche nella debolezza del Governo la causa maggiore di questa situazione, invoca lo scioglimento delle organizzazioni e dei partiti di destra che sono un grave pericolo alla libertà del paese e dichiara che "se il governo centrale, attraverso i suoi strumenti di ordine democratico, non é in grado di assicurare ai lavoratori la sicurezza durante lo svolgimento di manifestazioni di sciopero sarà bene che si lasci il posto ad un governo più efficace e più abile a soddisfare le necessità popolari dei cittadini".
Dopo il presidente dell'assemblea regionale, prende la parola il presidente della giunta regionale, del P.C.I., che dopo aver ricordato come questi lavoratori stessero combattendo una battaglia più che giusta, per ottenere una più equa ripartizione della ricchezza nazionale che si accumula nelle mani di pochi plutocrati capitalisti, asserviti all'imperialismo americano, dichiara che "come ha già detto il compagno presidente dell'assemblea regionale, se il Governo, non é in grado di assicurare ai lavoratori la sicurezza durante lo svolgimento di manifestazioni di sciopero, i lavoratori si troveranno costretti a chiedere l'aiuto dei compagni sovietici per tutelare i loro diritti calpestati da un governo schiavo del capitalismo borghese asservito all'imperialismo americano. In effetti, ieri - continua l'oratore - il Governo centrale non é stato in grado di assicurare la sicurezza ai lavoratori che manifestavano per una vita migliore, per una più equa retribuzione, per I affermazione di una maggiore giustizia sociale nel mondo dei lavoro .... ".
In effetti queste frasi che assumeranno preso un significato storico, dette con viva emozione dall'oratore, immediatamente sono' soggette alle più ampie disquisizioni. Il lettore attento avrà notato la differenza sostanziale tra quanto ,detto dal Presidente dell'assemblea regionale e quanto detto dal Presidente della giunta regionale. Ma sul momento, i due discorsi si fondono in uno solo (anzi vi é chi sostiene che il primo abbia in realtà detto le frasi del secondo, e a nulla vale far sentire il nastro registrato del discorso: viene riscontrato, da parte dì questi individui, un felice rinnovamento dell'unità d'azione tra comunisti e socialisti, che ormai non esisteva più, così completa, da anni).
Prendono la parola altri oratori tutti chi più, chi meno, seguendo la falsariga dei primi due oratori e anzi, un oratore del PSIUP rincara la dose chiedendo l'immediata uscita dell'Italia dalla N.A.T.O., un patto di fraterna amicizia con l'Unione Sovietica e la formazione dì una milizia operaia che assicuri la sicurezza dei lavoratori durante le manifestazioni di sciopero e le ore dì lavoro, per tutelare l'incolumità fisica del maggiore bene della nazione. (Naturalmente la milizia operaia dovrebbe essere mantenuta con stanziamenti governativi e dei datori di lavoro, sotto forma di contributi aggiuntivi).
La manifestazione veramente oceanica si disperde senza incidenti. Continua il pellegrinaggio di cittadini alle camere ardenti. Corre voce che all'Ospedale Maggiore altri quattro feriti siano spirati. Alle famiglie sono giunti i telegrammi di cordoglio del Presidente della Repubblica, del Presidente del Consiglio a nome del Governo, e le condoglianze personali del Ministro del Lavoro, oltre che altri numerosi messaggi di cordoglio da parte dei partiti politici e delle organizzazioni del lavoro.

FIRENZE
ore 6.00 - L'apparato propagandistico del PCI ha provveduto, nel corso della notte, a tappezzare la città di manifesti e scritte murali incitanti alla lotta contro il capitalismo e alla riscossa della classe lavoratrice. Tutto questo dimostra, semmai ve ne fosse bisogno, l'alto grado di efficienza e organizzazione delle cellule comuniste.
ore 7.00 - Malgrado sia stato proclamato lo sciopero a oltranza di tutte le categorie, i metti dell'Azienda Municipalizzata Tranvie (A.T.A.F.) hanno deciso di funzionare fino alle ore 8.30 della mattinata, per consentire ai lavoratori che abitano in zone disagiate di poter accedere al luogo della manifestazione. Tuttavia, questa prova di "solidarietà" non risolve molto, anche perché la maggior parte dei manifestanti preferisce usufruire dei mezzi di locomozione propri che, però, prudentemente, vengono parcheggiati lontano dall'area critica. ore 8.30 - La folla comincia ad accalcarsi in piatta della Signoria si creano vari capannelli che commentano, spesso in contraddittorio, i fatti di Bologna e che esprimono pareri diversi sul tono che occorrerebbe dare alla manifestazione. Alcuni, più prosaicamente, manifestano il loro entusiasmo per la notizia bomba rimbalzata dall'Hotel Gallia di Milano nella tarda nottata: "Riva è della Fiorentina! "
ore 9.00 - I reparti della Polizia e del VI Btg Mobile dei Carabinieri, già mobilitati dalle prime ore del mattino, prendono posizione nei luoghi assegnati. Sono segnalati incidenti tra ufficiali e truppa non appena si sparge la voce che, al fine di evitare dolorosi equivoci, il munizionamento non verrà consegnato. Al netto rifiuto degli uomini di prendere posto sui mezzi, si giunge al compromesso che un agente su cinque avrà in dotazione le munizioni necessarie. Le forze di polizia vengono sistemate in modo da potersi vicendevolmente sostenere e, nel contempo, con relativo poco dispendio di uomini e di metti, stendere un opportuno "cordone sanitario" tra il luogo della manifestazione e il resto della città.
ore 10.00 - La manifestazione ha initio in un clima teso, ma sostanzialmente calmo e responsabile. I vari oratori ufficiali che si avvicendano sul palco, sebbene con diverse intonazioni e sfumature, invitano alla calma e alla moderazione. Gruppetti di "cinesi" e di aderenti al Movimento Studentesco tentano di inserirsi anch'essi, ma vengono violentemente respinti dal servizio d'ordine dei dimostranti che, per la verità, sta operando in modo perfetto. Per dare un'idea della calma e della compostezza che contraddistinguono la manifestazione, bisogna riportare che alcuni negozi regolarmente aperti non vengono minimamente disturbati.
ore 11.00 - I I corteo si muove verso via Cavour: in testa i vessilli dei Sindacati, dell'A.N.P.I., dei partiti, almeno della maggior parte, infine una folla muta e silenziosa nella quale, senza alcuna distinzione, sono frammisti operai, impiegati, dirigenti sindacali, deputati, consiglieri regionali, ecc. molti giunti nel capoluogo da altre località della regione. Calcoli approssimativi fanno ascendere i presenti ad almeno 100.000 persone. AI vedere che tutto, contrariamente alle nere previsioni del la vigilia, si sta svolgendo all'insegna della responsabilità, le forzo di Polizia, che a distanza e senza alcun segno di intervento, stanno seguendo la manifestazione, hanno un momento di rilassamento: gli uomini allentano i sottogola dogli elmetti, scendono dalle jeep e alcuni si recano nei più vicini caffè.
In questo momento, nei pressi di Piazza del Duomo, quasi obbedendo a un tacito segnalo, nuclei di cinesi e di marx-leninisti iniziano una fitta sassaiola contro le guardie di P.S.; in verità, si tratta di gruppetti poco numerosi, ma che dimostrano di aver ben assimilato lo tecniche della guerriglia urbana. Le armi impiegate, oltre ai sassi, sono rappresentate da palline di vetro lanciate con fionde e da chiodi a tre punte sistemati in posiziono strategica per impedire, o almeno ritardare, l'azione dei mezzi mobili della Polizia. Sotto questo attacco, assolutamente imprevisto o, dato il momento, non giustificabile, lo forzo dell'ordine sono costrette, prima di potersi riorganizzare, a subire un pesante "bombardamento": alcuni agenti sono feriti e diversi in modo tutt'altro che lieve.
ore 11.30 - Dopo alcuni momenti di sbandamento, la P.S. inizia i consueti lanci di lacrimogeni o caroselli che, tuttavia, considerato che gli attaccanti hanno già potuto ritirarsi su posizioni vantaggiose, hanno ben scarso effetto. Per pura fatalità, un candelotto lacrimogeno esplode in testa al corteo che, in quello stesso istante, sta transitando dal luogo degli scontri. I danni sono lievissimi, ma lo choc é tremendo: il lungo serpente della sfilata é pervaso da voci allarmistiche che si in grossano via via che proseguono verso la coda che, date le dimensioni della manifestazione, dista a più di un chilometro dalla testa. Nell'estrema coda della sfilata, si parla addirittura d'una bomba a mano e allora la folla, fino a un momento prima muta e composta, si scatena con quell'irrazionalità violenta che lo é tipica quando di colpo, é frustata da avvenimenti che colpiscono la sua immaginazione. Dallo ultime file, forse perché troppo "periferiche" e dunque non soggette alla stretta sorveglianza del servizio d'ordine operaio , gruppi di dimostranti si gettano contro alcuni negozi i cui proprietari, troppo presumendo dalla propria buona stella, non hanno voluto abbassare le saracinesche. Avvengono le solite scene di gratuita violenza che, come al solito, coinvolgo persone assolutamente estranee al corso dogli avvenimenti: vetrine infrante, merce gettata in mozzo della strada e data alle fiamme, ecc. Un esercente, come impazzito, estrae la pistola e spara contro un dimostrante ferendolo gravemente all'addome.
Ormai, tutti i buoni propositi possono solo lastricare le vie dell'inferno: lo sparatore è linciato seduta stante, mentre il ferito, imbarcato su un auto di passaggio, viene trasportato al Pronto Soccorso dell'Arcispedale di S. Maria Nuova. Qui, purtroppo, visto che lettighieri e infermieri hanno anch'essi aderito allo sciopero, il ferito. deve attendere più di tre quarti d'ora prima di poter entrare nella sala operatoria. Risultato: la laparatomia tentata in extremis non ha esito perché il paziento ha perduto troppo sangue.
ore 12.00 - La situazione è ormai incontrollabile: gli estremisti trovano il terreno fertile e la violenza esplode. Le forze di P.S. sono strette da una massa di persone armate, quasi por incanto, di sbarre di ferro, bastoni o altri corpi contundenti: i militi, non dimentichiamo che soltanto un uomo su cinque può essere considerato armato, cominciano a temere seriamente per la propria incolumità. Infatti, sotto una vera e propria tempesta di pietre e mattoni, anche gli scudi protettivi si stanno rivelando insufficienti.
Una giovane guardia di P.S. - il munizionamento non é stato distribuito soltanto agli agenti più sperimentati, ma assegnato a caso - in proda al terrore imbraccia il mitra e spara una raffica contro un dimostrante fulminandolo. E' la fine! II contro di Firenze si trasforma in una piccola
Stalingrado: ormai, anche alcuni dimostranti fanno uso di armi da fuoco comparse all'improvviso e di provenienza ignota. La Polizia subisce pesanti perdite: due morti e sei feriti, tre dei quali gravi. Lo autoblindo, che potrebbero rovesciare le sorti dello scontro, sono rimaste bloccate in una via secondaria le cui estremità sono state preventivamente ostruito dai dimostranti con camion o pullman che hanno avuto le gommo forato. I Carabinieri, almeno fino a questo momento, non sono stati molestati, vuoi perché si trovano leggermente decentrati rispetto al luogo dogli incidenti, vuoi perché, molto opportunamente, non sono stati eccessivamente disporsi per farli sostenere dai mezzi blindati del Battaglione Mobile. E' tuttavia una calma di breve durata: i dimostranti li attaccano, in fondo sempre di divise si tratta, o questa volta con armi da fuoco, molto delle quali sottratte alla P.S. I Carabinieri reagiscono quasi immediatamente o invero con mano piuttosto pesante: al termine di un breve conflitto a fuoco, sul terreno restano quattro morti (tre civili e un militare) e quindici feriti (dieci militari cinque civili).
ore 14.00 - Dopo quasi due ore e mezzo di scontri, gli incidenti sono terminati con un bilancio pesantissimo: nove morti e diverse decine di feriti. La città é permeata da un'atmosfera d'incubo, i negozi sono chiusi mentre la maggior parte dei fiorentini ha preferito ritirarsi nelle proprie abitazioni. Un gruppo di manifestanti ha dato fuoco alla stazione di Santa Maria Novella. I Vigili del Fuoco, prontamente accorsi malgrado la calca dei dimostranti e delle forze dell'ordine, sono impegnati in una difficile opera di spegnimento.
ore 16.30 - Ormai siamo in piena guerra civile: dopo essersi riorganizzati, comunisti e altri gruppetti di sinistra (maoisti, marx-leninisti, anarchici) si gettano contro la sede del M.S.I. al grido di: "Vendichiamo i morti di Piazza Maggiore! Morte ai fascisti! ". Dinanzi alla sede provinciale del M.S.I., in Piazza Indipendenza 4, si accendono scontri e sparatorie anche perché i missini non sono rimasti con le mani in mano e, memori delle loro tradizioni squadristiche, si sono già organizzati per tempo. In alcune parti di Firenze, inoltre, fanno la loro comparsa i fantomatici gruppi di ultra destra di cui si vociferava il giorno prima. Niente ufficiali dei parà, ma uomini in tuta mimetica, basco nero con la solita testa di morto e relative tibie incrociate. Eterogeneo ma importante l'armamento: fanno spicco alcune mitragliatrici MG.42 "maschinegewehr", le famose "seghe di Hitler" della Il G.M., dall'elevatissima cadenza di fuoco. I morti in tutto il capoluogo toscano sono in aumento. Carabinieri e Polizia, dopo il bagno di sangue della mattinata, si limitano a controllare alcune strade del centro; in città, circola la voce di un pronunciamento dei militi nei confronti degli ufficiali. Vista che la situazione gli é ormai sfuggita di mano, il Prefetto, di sua propria iniziativa, chiede per via telefonica l'intervento della Brigata Paracadutisti FOLGORE di stanza a Pisa giudicati le sole truppe, per il loro altissimo grado di addestramento, in grado di riprendere il controllo pieno. della situazione. Ovviamente, non avendo seguito i canali regolari attraverso il Ministero della Difesa, tale richiesta non può essere accolta.
ore 22.00 - Firenze é una città in preda al caos: in alcuni quartieri mancano la luce e l'acqua i cui impianti sono stati sabotati. Gli scontri sono terminati, ognuno piange i propri morti.


I carabinieri intervengono per sedare una manifestazione sediziosa


ROMA
ore 00.30 - Atrofizzati da oltre cinque anni di un crescendo di scioperi, di disservizi d'ogni genere e di inconsulte manifestazioni di disordine, i giornalisti romani, fedele espressione della opinione pubblica del loro paese, non si sono accorti che dalle prime ore del pomeriggio del giorno precedente la capitale italiana é rimasta praticamente isolata da numerose città del Nord e del Sud. Telefoni, telescriventi e telegrafo non avevano funzionato dalle 13 circa del giorno prima con Napoli, Bari, Bologna, Firenze e Genova. Ma nessuno ha dato importanza al fatto. E' accaduto molte altre volte. I telegiornali ed i giornali radio hanno parlato vagamente di avvenute manifestazioni di protesta, di scioperi e di cortei con alcuni feriti, tutti fatti ai quali ormai l'opinione pubblica italiana non attribuisce più nessun interesse.
Tuttavia quando verso l'una di notte alla Sala Stampa di piazza San Silvestro cominciano a giungere le prime notizie che parlano di un centinaio di morti per incidenti a Bologna, vi é un sussulto. Dopo dodici ore di interruzione, le telecomunicazioni ricominciano a funzionare e le notizie provenienti dalle città interessate, pur essendo molto confuse, confermano le tragiche voci. In Sala Stampa scoppia un pandemonio. Si cerca conferma presso le abitazioni del Presidente del Consiglio e dei Ministro degli Interni ma invano (il primo é andato a trascorrere la notte in un convento dei Castelli Romani per poter incontrare di primo mattino il suo consigliere spirituale, il secondo ha dato ordine di non essere svegliato per nessun motivo).
Quindi alcuni giornalisti si recano al Viminale, dove rimangono sorpresi per l'imponente schieramento di uomini, agenti e Carabinieri, in completo assetto di guerra. Fra le jeep del I Reparto Celere e gli autocarri dell'VIII Battaglione Mobile dei Carabinieri é riconosciuta la Flaminia con due antenne radio del Capo della Polizia, Traballi. Che cosa fa a quest'ora il Capo della Polizia al Ministero? E cosa é tutto questo schieramento di forze?
La risposta viene da un brigadiere che impedisce qualsiasi contatto con il funzionario di servizio "il dottore é impegnato con il Capo della Polizia che vuole costringerlo a svegliare il Ministro che ha dato ordine di non essere svegliato.... "Perché Traballi vuole svegliare il Ministro? Per la crisi? " "Macché crisi - risponde il sottufficiale - per la rivoluzione a Bologna". Così é finalmente venuta fuori la "bomba della rivoluzione" a Roma, alle ore 03.40 di venerdì, 16 ore e mezzo dopo il fatto.
ore 6.00 - II Presidente Botton s'é svegliato questa mattina in una disadorna celletta del convento di Santa Timotea, presso Grottaferrata. Dopo aver devotamente udito la Messa, Botton inizia una placida passeggiata negli orti del convento con Padre Ecumenico, suo consulente spirituale e discreto collaboratore del Cardinale Vicario. Purtroppo l'effetto tonificante delle parole di Ecumenico questa volta vengono a mancare ed il Presidente del Consiglio alle sette lascia l'ecclesiastico completamente disfatto e confuso. Padre Ecumenico non lo ha, come al solito, esortato a perseverare nel suo mandato senza sopravvalutare le difficoltà, ma lo ha in sostanza "confortato" se non addirittura "preparato" come un condannato alla vigilia dell'esecuzione. Sedutosi sulla sua Flaminia ministeriale, il Presidente del Consiglio schiude il pacco dei giornali. Dopo aver letto due volte il titolo d'apertura di prima pagina del "Messaggero" egli chiude gli occhi ed appoggia il capo allo schienale: "Signore mio, fate che non resti confuso in eterno! " poi comincia a recitare Pater Noster ed Ave Maria fin quando la "Flaminia" giunge a piazza Colonna ed imbocca il portone di Palazzo Chigi.
ore 9.10 - Il cortile del Palazzo del Governo è pieno di auto in sosta come quando c'è Consiglio dei Ministri. Ma Botton è colpito in modo sinistro da un gruppo di persone in uniforme che lo attendono vicino la porta dell'ascensore. Sono il Capo dello Stato Maggiore della Difesa, un energico ufficiale proveniente dall'artiglieria di cui Botton ha sempre avuto una specie di reverenziale timore, il Capo dello Stato Maggiore della Marina, il Capo del Servizio Informazioni Difesa, un giovane generale d'Aeronautica che il Presidente riconosce per alcune cicatrici al volto ed al quale qualche anno prima è stata inflitta una severa punizione per aver criticato il Capo di Stato Maggiore, un signore in borghese che è il Capo della Polizia e che sta chiacchierando con il Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri, poi il Capo dello Stato Maggiore dell'Esercito, il Comandante della Regione Militare Territoriale, il Comandante della Seconda Regione Aerea ed un colonnello dei Carabinieri in uniforme nera. Siamo dunque al colpo di stato militare! Botton percepisce un rivolo di sudore freddo che gli scende sulla schiena quando s'accorge che dietro al gruppo dei Comandanti Militari v'é una jeep radio con quattro uomini armati in tuta mimetica ed elmetto: uno è il Comandante della Divisione Granatieri di Sardegna.
Come sono diversi, pensa Botton, questi uomini in questo momento da quegli innocui gentiluomini che apparivano ai parties al Quirinale ed alle Riviste! Poi si ricorda quel giorno in cui, nel corso di un ricevimento all'Ambasciata di Parigi, quell'aristocratico Ambasciatore gli presentò il compositore greco Theodorakis, che era stato liberato da poco dai lager del regime militare di Atene: "Onorato Presidente - gli disse l'ex galeotto stringendogli la mano - si guardi dai colonnelli! ". Li per li Botton aveva pensato tra sè "Zozzone! vai dai colonnelli ad imparare a lavarti". Ma ora il Presidente deve rendersi conto che quel greco aveva ragione.
II generale Ducali schiude deferentemente lo sportello della Flaminia mentre gli altri ufficiali sono allineati ed irrigiditi sull'attenti. II grosso artigliere si rivolge con voce calma al Presidente del Consiglio: "Onorevole, unitamente ai miei collaboratori ho ritenuto di portarmi nella sede del Governo con gli opportuni mezzi di telecomunicazione per procedere nel modo più rapido agli adempimenti connessi con l'esecuzione di quegli ordini che il Consiglio dei Ministri vorrà adottare in considerazione della grave situazione nazionale ed internazionale e che con orgoglio posso garantire che le forze armate eseguiranno". Botton fa un lungo sospiro, poi sempre ricordandosi del suo amico Theodorakis esclama: "Grazie, signori generali, della loro cortesia. Devo però ricordarvi che il Comandante Supremo delle Forze Armate è il Presidente della Repubblica il quale trasmette gli ordini per il tramite del Ministro della Difesa". Ciò detto si infila nell'ascensore e ne chiude precipitosamente la porta.
Il primo piano di Palazzo Chigi é pieno di uomini politici. Ministri, deputati, segretari, sottosegretari, ecc. tentano di sistemarsi nello studio di Botton il quale, con difficoltà riesce a barricarsi nella sala del Consiglio con i più importanti e rappresentativi fra i presenti, dopo aver detto al capo di gabinetto che non deve essere disturbato "neppure se i cosacchi fossero giunti in piazza San Pietro".
"Dimettiti buffone! " urla un socialista di Genova. "Le mani ti devi lavare per il sangue che hai fatto versare! " si ode in idioma siciliano. Un sottosegretario friulano continua a ripetere "Dimissioni, dimissioni Il torinese Peltrin-Cerat capeggia il gruppetto dei disturbatori battendo instancabilmente le mani. Con pacelliano gesto implorante Botton riesce ad ottenere l'istante di silenzio necessario per cominciare a parlare: "Amici, compagni! So tutto e mi rendo perfettamente conto della gravità della situazione. Non declino nessuna responsabilità. Spetterà a voi decidere se dovrò interrompere subito la mia attività presidenziale, ho già fissato udienza al Quirinale per le dimissioni ..." a questo punto il silenzio diviene assoluto - "oppure se dovrò continuare a fare il mio dovere. In ogni modo prima di ogni altra cosa, è mio preciso dovere proporvi un adempimento determinante comunque per il futuro della democrazia italiana. Affacciatevi nel cortile, se non lo avete già fatto, ed osservate. Vedrete tutto lo stato maggiore con uomini in armi e radio. Ora qui bisogna decidere immediatamente se noi acconsentiamo che l'Italia si trasformi in una seconda Grecia oppure se vogliamo perpetuare la libertà che abbiamo conquistato ventisette anni fa sui monti, nei lager nazisti e nelle carceri fasciste. lo sono per quest'ultima alternativa. Se anche voi la pensate come me, dobbiamo anzitutto garantire la continuità delle istituzioni democratiche. Dopo questo, dopo aver salvato la democrazia italiana, consideratemi responsabile di tutto, flagellatemi orsù, ma non crocefiggettemi poiché non son degno del supplizio di Nostro Signore ...".
Alle 14.00 dal vicino ristorante Berardo vengono portati piatti freddi e bevande. La riunione si protrae anche questa volta fino alle 18.
E, a questo punto che trafelato irrompe nella sala il giovane neo-Sottosegretario agli Esteri, on. Cacini, sventolando vari grossi fogli di carta. Si tratta di una nota consegnatagli poco prima dall'Ambasciatore dell'U.R.S.S. a Roma: il testo dice tra l'altro: "Il Governo e i lavoratori dell'Unione Sovietica non possono restare insensibili al grido di dolore che viene loro rivolto dai lavoratori italiani, cosi duramente colpiti dalla furia degli assassini nazi-fascisti, e all'invocazione di aiuto a loro rivolta quel giorno stesso da alti esponenti del governo popolare della Regione Emilia-Romagna. Invita pertanto il Governo Italiano a voler provvedere affinché i lavoratori italiani vengano maggiormente difesi durante l'azione di cautela dei loro diritti. In caso contrario il Governo e il Popolo dell'Unione Sovietica saranno costretti a prendere le misure per tutelare la sicurezza dei lavoratori italiani". li documento, che si conclude con la richiesta di una sollecita risposta, letto ad alta voce dall'on. Cacini, fa precipitare i leaders della politica italiana in uno stato preagonico. "Ho parlato per telefono - prosegue il Sottosegretario - con l'On. Ministro degli Esteri. Egli rientrerà a Roma al più presto possibile, e mi ha pregato di sottoporre la nota al Presidente del Consiglio. L'On. Nattino é del parere che venga trasmessa subito una risposta totalmente rassicurante".
Nella discussione che si sviluppa subito dopo si delineano due correnti. La prima, capeggiata dagli uomini del PSU, sollecita che nella risposta all'U.R.S.S. sia usato il duro linguaggio da rivolgere a coloro i quali si intromettono illecitamente nelle questioni interne di un altro paese; contemporaneamente bisogna notificare al Segretario Generale della N.A.T.O. che l'Italia "si trova in grave pericolo di aggressione".
L'altra fazione concordando sull'opportunità di dire alla Russia in termini energici di "fare i fatti suoi", sostiene la necessità di fare arrestare Scelba, i leaders dei monarchici, i leader dei missini, il Presidente della FIAT e "qualcun altro" tra cui il Presidente della Confindustria per dare la prova ai Russi che la difesa dei, lavoratori é tutelata con fatti concreti. L'intervento di Botton mira a sdrammatizzare la nota sovietica: "Documenti di questo genere fra Mosca e Washington, e fra Pechino e Washington ne sono corsi dopo la fine della II G.M. a centinaia e non é accaduto alcunché.... Lasciamo correre .... Rispondiamo cortesemente rassicurandoli e facendo osservare che questi sono affari nostri ....". La proposta é approvata.
ore 20.15 - A conclusione della strana riunione Botton scende in cortile e ha una lunga dichiarazione ai giornalisti rassicurandoli che tutte le misure necessarie sono state prese, che il Governo attende fiducioso l'esito delle inchieste della magistratura sui recenti gravi incidenti, che la situazione dell'ordine pubblico, per quanto seria, non é affatto grave tanto é vero che i Ministri responsabili hanno disposto che nelle caserme della Polizia e dei Carabinieri sia interrotto lo stato di "permanenza" e che a tutti gli appartenenti alle forze armate siano concessi i normali permessi di fine settimana. Alla nota sovietica, infine, il governo avrebbe risposto "nella forma e nella sostanza opportune".
Alle obiezioni formulate da alcuni giornalisti il Presidente, con forma cortese e convincente, prega di non "andare a caccia delle streghe". "Ho detto che la situazione é seria, ma ricordatevi che lo é sempre stata dal 1945...". Quanto alle voci di crisi egli spiega il contrasto sorto fra il Ministro Benassi e la Regione Lazio per la questione delle spiagge: "Desidero assicurare tutti i romani che non sarà assolutamente loro imposta nessuna rinuncia. Si godano questa fine settimana, io sarò qui a Roma e spero che lunedì vi potrò annunciare che i malintesi conseguenti all'abolizione di questa ordinanza sono stati appianati". Botton é stato convincente. Sono ormai le 22 e fa molto caldo. Si ha l'impressione che quanto é accaduto non sia poi molto diverso dai fatti che succedono da oltre un quarto di secolo in Italia.

ALTRE LOCALITA'
ore 8.00 - Lo sciopero generale in tutta Italia, per protesta contro "i massacri dei fascisti" a Bologna, trova consenziente la maggior parte dei lavoratori. Infatti, si prevede una lunga vacanza che sì protrarrà fino al 29 giugno (San Pietro e Paolo, martedì) e i più moderati pensano di approfittare dell'occasione. Pertanto le grandi città cominciano a svuotarsi per quello che molti già chiamano il week-end delle 100 ore, anche se le ferrovie oggi sono anch'esse scese in sciopero. Ormai ogni nucleo familiare ha un mezzo di locomozione veloce: i più poveri hanno almeno una Vespa, ma il 90 per cento dispone di un'utilitaria.
ore 9.00 - II movimento provoca in complesso un rilassamento della tensione creatasi in conseguenza dei gravi incidenti di Bologna. Ne approfittano alcune forze intermedie per tentare di proporre una distensione, mentre da altre parti si incita alla lotta.
A Milano occupazione della Università Cattolica da parte degli studenti con sporadici disordini, compiuti specialmente da anarchici. La notizia che un grosso contingente di giovani di sinistra si sia arruolato nell'esercito del Vietnam del Nord per combattere contro gli Americani per la liberazione del paese, viene sdegnosamente smentita dall'Unità: "Il nostro Vietnam é qui: i proletari italiani non sono carne da cannone fatta per farsi massacrare dai capitalisti americani. Sarebbe troppo comodo, signori imperialisti! I vostri Viet Cong li troverete qui, sempre in prima linea, a combattere contro di voi! "
ore 11.00 - A Torino la situazione é più dura, sebbene non catastrofica. Gli attivisti marx-leninisti presidiano la FIAT, già paralizzata dallo sciopero generale. Si tratta quindi di una misura formale, praticamente scontata. L'A.N.P.I. lancia un appello 'perché, contro l'evidente sfruttamento che le forze reazionarie possono fare dei luttuosi incidenti di Bologna, venga mantenuta l'unità morale degli antifascisti. "La Resistenza - dice in un telegramma un alto esponente socialista al Sindaco di Torino - est fiaccola che non si spegne. II fascismo non passerà". Dimostranti di estrema destra sfasciano le vetrine delI'Avanti!
ore 11.00 - A Genova, il porto e la città sono completamente paralizzati dall'adesione totalitaria allo sciopero. La gente è però quasi tutta al mare. Febbrile attività degli esponenti sindacali e dei partiti. Vivo interesse e pettegolezzi per l'ennesimo trasferimento di un parroco progressista nella Diocesi di Genova.
ore 11.00 - A Novara, folti gruppi di studenti di sinistra occupano il Municipio, dichiarando di voler costituire un comune libero e progressista, che lotti anche contro la repressione sessuale.
ore 16.00 - A Milano, il Cardinale Arcivescovo lancia un appello perché alla crisi, quali siano le colpe, venga data una soluzione umana e cristiana, degna delle alte tradizioni italiane. Alcuni esponenti politici democristiani chiedono udienza nel pomeriggio al Cardinale stesso. A Bergamo, sciopero generale. Si tiene ugualmente la prevista riunione dei quadri dell'Azione Cattolica dell'alta Lombardia, che esprime la sua accorata preoccupazione per i luttuosi fatti di Bologna e, che hanno gettato nel dolore centinata di famiglie, madri, spose e teneri bambini. Bologna e hanno gettato nel dolore centinaia di famiglie, madri, spose e teneri bambini. Nell'intento di pacificare gli animi e di riportare il paese all'ordine l'A.C. dell'alta Lombardia si di un nuovo seminario, tanto atteso dalla popolazione.
A Bolzano, gruppi di missini che svolgono una violenta manifestazione anticomunista e antitedesca, vengono dispersi dalla Polizia.
ore 19.00 - A Livorno, nonostante lo sciopero generale, una parte della popolazione è restata in città. Verso sera, gruppi di studenti e di lavoratori vengono a diverbio con un gruppetto di paracadutisti, e li malmenano lacerandone le divise. Dopo neanche un'ora, sei camion di paracadutisti entrano nel centro della città e aggrediscono gruppi di "capelloni". Ne seguono violenti scontri e alla fine i "capelloni" a cui si sono aggiunti elementi di sinistra sono costretti a ritirarsi lasciando sul terreno una quindicina di feriti.
ore 21.00 - A Livorno, i Carabinieri cercano di occupare una larga zona della città per impedire il contatto tra i parà e i dimostranti di sinistra. L'Accademia Navale é posta in stato d'allarme e i cadetti consegnati.
Alle 24.00 il Sindaco di Livorno tenta di parlamentare con-il Comando della Brigata FOLGORE, il quale dichiara che "si tratta di iniziativa di comandanti subalterni" e mentre assicura che i responsabili verranno ricercati, ribadisce che "i paracadutisti non si lasceranno disarmare da nessuno".


SABATO 26 GIUGNO 1971

BOLOGNA
ore 02.30 - Nella notte purtroppo si riscontra un grave fatto di sangue: alcuni esponenti di estrema destra, alle prime ore del mattino, prelevati dalle loro case alcuni notori attivisti di movimenti di estrema sinistra e, portatili in aperta campagna, li uccidono con un'esecuzione sommaria ritenendoli autori dell'attentato dinamitardi di Piazza Maggiore e delle devastazioni della sede del MSI. La Polizia, avvertita dai familiari delle vittime in ritardo (ognuno pensavi a rapimenti "alla sarda", solo più tardi i vari familiari si sono accori che si trattava di un "regolamento di conti" politico mettendosi in contatto fra loro"), non ha ancori trovato i corpi ma sta febbrilmente indagando.
ore 8.00 - Si annuncia una giornata alquanto calda nell'Emilia. Mentre la maggior parte degli Italiani ha già raggiunto o sta raggiungendo le spiagge, Bologna e alcune altre cita dell'Emilia si risvegliano con l'aspetto di un campo trincerato. La noti zia dell'eccidio di Castenaso (dove sono state ritrovate le vittime de "regolamento di conti" avvenuto nella notte) ha fatto il giro delle sezioni emiliane del P.C.I. e de P.S.I.U.P. e degli altri partiti d sinistra e si invoca una vendetti esemplare. La Polizia, al corrente della situazione, presidia i punti nevralgici della città ed ha già provveduto a fermare numerosi esponenti di estrema destra a titolo preventivo. Nelle sezioni dei partiti di sinistra e dei movimenti di estrema sinistra si organizzano le squadre punitive che, uscite dalle sedi vengono a contatto con le forze d Polizia. In alcuni casi si accendono risse, in altri iniziano scontri con armi da fuoco. Sorgono le primi barricate mentre la Polizia cerca d occupare le posizioni tenute da "dimostranti". Una squadra d agenti spintasi troppo avanti vien accerchiata e disarmata. Gli scontri continuano e si ritiene che almeno sei agenti siano stati gravemente feriti e che tre o quattro "dimostranti" siano rimasti colpiti morte; numerosi i feriti.
Verso mezzogiorno, grazie alla mediazione dell'Arcivescovo e de Presidente della Regione si raggiunge una specie di "cessate il
fuoco". I "dimostranti" mantengono le loro posizioni mentre la Polizia si rafforza. Si cerca di raggiungere un compromesso: la Polizia si ritirerà se i dimostranti rinunceranno a organizzare una nuova caccia all'uomo. La Polizia con la collaborazione di esponenti dei dimostranti indagherà con la massima celerità per assicurare alla giustizia gli assassini dei "martiri di Castenaso".

FIRENZE
ore 9.00 - Dopo il dramma del giorno prima, la città si é risvegliata in un clima quasi irreale. E' soltanto verso quest'ora che Firenze ricomincia ad animarsi. I passanti, tuttavia, sono rari e frettolosi: solo chi ha estrema necessità di uscire circola per le strade, gli altri preferiscono restarsene tappati in casa. Numerose le astensioni dal lavoro in quegli uffici che operano anche il sabato.
ore 10.00 - Il problema dei viveri, della luce e dell'acqua comincia a farsi sentire in tutta la sua drammaticità. Se luce e acqua via via riprendono la normale erogazione - grazie soprattutto all'impiego di soldati del Genio fatti affluire in tutta fretta - la questione viveri é di più difficile soluzione. Chiusi il Mercato Ortofrutticolo di Novoli e i Mercati Centrale, Ittico, Avicunicolo e chiusa la Centrale del Latte, le principali fonti di approvvigionamento sono completamente inaridite. Come sempre accade in questi casi eccezionali, i soliti "furbi" fanno affari d'oro con la borsa nera. In realtà si tratta di un commercio in sedicesimo, ma che allevia un poco i disagi della popolazione. Più che altro si tratta di contadini calati in città - potenza dei mezzi di informazione - che vanno a offrire, logicamente a prezzi di affezione, i loro prodotti.
ore 11.00 - La situazione si può definire di stallo. Un conto esatto delle vittime dei giorno prima non é ancora possibile, anche perché, esclusi gli scontri con le forze dell'ordine, le scaramucce del pomeriggio tra estremisti si sono frazionate in mille piccoli episodi di difficile ricostruzione a un solo giorno di distanza. Fattore positivo - anche se é sempre una calma che precede la tempesta - é la scomparsa degli attivisti di destra e sinistra che, con ogni probabilità, si stanno organizzando in attesa di più precise istruzioni. Ma anche loro non sanno che in altre parti d'Italia il tempo cammina più in fretta di quanto nessuno immagini.

ROMA
ore 10.00 - Nel suo ufficio di Palazzo Caprara, in via XX Settembre, il Capo di stato Maggiore della Difesa, gen. Ducali, é, da circa mezz'ora in colloquio con il Capo del Servizio Informazioni Difesa, discutendo di quanto hanno appreso dai giornali.
"Lei, generale - dice il capo del S.I.D. - ha il dovere di seguire quanto le dicono di fare i responsabili politici del Paese. Sono 25 anni che andiamo a zig-zag e non é ancora successo nulla di gravi...".
"Questo, caro generale, lo so benissimo - risponde duro il C.S.M. - ma il fatto è chi qui, attraverso il Capo di Gabinetto della Presidenza e quello del Ministro della Difesa, sono stati impartiti ordini esattamente opposti a quelli chi, secondo la logica, la mia responsabilità dovrebbe far diramare. Insomma, mi hanno messo li forze armati in ferie. Lei comprende il significato della nota russa? Potrebbe scoppiare la guerra da un momento all'altro....".
Dopo un sommesso battito la porta si schiudi e compare, nell'uniformi impeccabile, un aiutanti di campo: "C'é il Direttore Generale della Pubblica Sicurezza chi desidera conferire con Sua Eccellenza". Il vecchio artigliere sorride, poi si alza i, data un'occhiata al cortile interno del Palazzo esclama: "Non c'é nessuna autoambulanza, probabilmente é solo una visita di cortesia, faccia passare! "
Sconvolto il funzionario irrompe nello studio del C.S.M. dilla Difesa i estratti due protocolli uguali, dichiara: "Sono veramente al bivio! "
"Di che si tratta? " chiede il capo del S.I.D. Il Capo dilla Polizia sbandiera i due protocolli ambedue intestati "Al Signor Questore di Roma". Nel primo é notificata l'intenzione da parte di un "gruppo patriottico" di organizzare un raduno il giorno dopo alle ore 10 al Teatro Adriano i, con successivo corteo di sfilare fino a Piazza Vinizia i deporre alcune coroni d'alloro sulla tomba del Milite Ignoto. Il documento era firmato da numerose persone: fra cui il gin. Di Bergonzi, già Capo di S.M.. dell'Esercito, il comandanti Valerio Borghese, che 25 anni prima aveva comandato una formazione chiamata "Flottiglia Mas" (non tutti i più giovani si ricorderanno si ira un reparto partigiano o filo-tedesco), un ex-ministro della Difesa uscito da tempo da uno dei partiti del centro-sinistra, il deputato missino Coronai, la quasi totalità dei Presidenti delle Associazioni d'Arma.
Il secondo chiede di autorizzare una manifestazione con un percorso consimile alle ore 10.30 lo stesso giorno del precedente ma ira firmato da numerosi esponenti di sinistra, da dirigenti dell'Associazione Partigiani d'Italia, ecc.
"Voi capite - ribatti il Capo della Polizia, Traballi - chi se questi si scontrano portiamo a Roma la guerra civili di Firenze e Bologna; inoltre
molti miei reparti sono stati inviati al Nord i non posso certo dirmi contento".
"Non so come possa opporsi - dici il C.S.M. - in fondo rappresentano tutte le correnti politiche. Sarebbe per lei un'ottima occasioni per farsi tanti nemici. Dia un tacito assenso i si rimetta subito al pareri del Ministro....".
"Ma non riusciamo a trovarlo, né lui né gli altri interrompe il Capo della Polizia. "Lo so sono tutti latitanti - continua ridendo il generali - stanno tutti negoziando come 'superare la crisi. In ogni modo il nostro Capo del S.I.D. sta cercando di scoprire dove sono...". "Ma come faccio ad autorizzare questi cortei? - insisti il prefetto Traballi - il Riparto Celere é in trasferimento in Emilia i li forzi chi ho a disposizioni sono sfiancati. Non sarebbero in grado di sedare una rissa tra ragazzi...".
"Non si preoccupi Prefetto - incalza il grosso generale - la storia di questi cortei é per me il buon pretesto per non eseguire in parti un ordini, seppure sono ancora a tempo". Poi preme il pulsanti del citofono i con secca voce di comando dici: "II Capo Servizio Operazioni, subito da me! ".
Dopo pochi secondi intra con disinvoltura un giovane contrammiraglio. Ha una piccola cartellino rossa sottobraccio. Si mette in silenzio sull'attenti dinanzi alla scrivania di Ducale. "Entro un'ora mi porterà alla firma gli ordini d'operazioni per il trasferimento in un raggio di venti chilometri dal Campidoglio della GRANATIERI DI SARDEGNA e dilla FOLGORE, o meglio di quello che é presente di questi reparti. L esecuzione deve esseri completata entro l'alba di domani. Aggiunga chi per la parti logistica i comandanti riceveranno tutta l'assistenza necessaria dalle altri forzi armati e di polizia...".
II Prefetto Traballi muove il capo in signo di assenso. "Quale genere di dotazioni, Generale", chiede l'ammiraglio. "Beh, totale equipaggiamento bellico e per il mangiare penso che domani troveremo da dargli una minestra. Bene, attendo questi ordini..." concludi il Capo dillo Stato Maggiori dilla Difesa. Ma il suo capo ufficio operazioni non si muove "Chi cosa c'é adesso? ".
Il contrammiraglio consulta rapidamente un foglio di carta chi ha nella cartellina: "Signore, per i GRANATIERI penso chi non vi siano difficoltà ma per i paracadutisti c'é qualche complicazioni. La Brigata non ha mezzi di trasferimento propri su lunghe distanze poiché si presumi che debba essere trasportata dall'Aeronautica. Ma stamani gli aerei da trasporto efficienti sono solo cinque C.119 di cui due si trovano a Palermo per l'appoggio logistico alla Pattuglia Acrobatica Nazionali chi si trova là per il Giro Aereo di Sicilia ...". L'ammiraglio é interrotto da Ducali che chiede al citofono di parlare con il Generale Artina, Capo dello Stato Maggiore dell'Aeronautica.
Sua Eccellenza sì trova a Palermo per il Giro Aereo di Sicilia. Passo la comunicazione non appena rintracciato....". II Capo di Stato Maggiore della Difesa ha un gesto d'impazienza: "Bene, allora provveda al trasferimento della Brigata per via ferroviaria". A questo punto interviene il Capo della Polizia con cordialità: "Senti Generale, fammi la cortesia dì evitare questo viaggio in treno ai paracadutisti! Vuoi che a Livorno mi scoppi la rivoluzione! E poi non arriverebbero neppure a Grosseto..."
Dopo una lunga discussione viene stabilito che la brigata FOLGORE sarebbe restata ai suoi acquartieramenti.
ore 13.00 - Le strade della Città Eterna infuocate dì sole estivo sono deserte. Miasmi insopportabili dì fetore sì sollevano dai mucchi di immondizione accumulate sui marciapiedi a seguìto dello sciopero dei netturbini. Ma nessuno ormai vi fa più caso. Le auto dei pochissimi ritardatari che accorrono ad Ostia, a Fregene, a Tor Vajanica ed a Santa Marinella, possono procedere ad alta velocità. Infatti non circolano neppure ì mezzi dell'azienda autofilotranviaria comunale i cui dipendenti sono scesi in sciopero per solidarietà con ì loro colleghi dì Melbourne (Australia) ove l'introduzione dì ferrovie sopraelevate ha determinato la riduzione del 10 per cento dei guidatori d'autobus.
L'ambiente politico é polarizzato dall'attesa delle decisioni del Governo per la controversia sulle spiagge e dell'inchiesta sugli incidenti in alta Italia. Al Ministero degli Esteri, il Capo dell'ufficio Stampa, consigliere Saracino, ha dichiarato ai giornalisti che lunedì il governo avrebbe discusso la risposta formale che il governo italiano avrebbe trasmesso a quello sovietico. "Quante volte Stalin, Kruscev e gli altri hanno minacciato dì bombardare le città occidentali con ì missili.... e non é successo alcunché. AI documento russo deve essere dato un significato unicamente politico. Ecché! Pensate che ci dichiareranno guerra? ".
ore 16.00 - Nel bianco palazzo stile fascista della Farnesìna v'é qualcuno che non é cosi ottimista come il Consigliere Saracino; sì trattava del Sottosegretario Cacini al quale l'Ambasciatore sovietico Kuskyn ha appena consegnato una nuova nota diplomatica che é un vero e proprio "ultimatum": "Riscontrando che malgrado gli sforzi di cooperare che il Governo dell'U.R.S.S. ha fatto nei confronti del governo italiano, i lavoratori italiani continuano ad essere trucidati dagli assassini nazi-fascisti. Pertanto il governo ed il popolo dell'Unione Sovietica sì vedono costretti, come é già accaduto in Cecoslovacchia ed in Jugoslavia, ad intervenire per salvaguardare l'incolumità ed ì diritti sociali dei lavoratori italiani a partire dalle ore 00 dì domenica 27 giugno inviando un contingente di volontari che collaboreranno con il Governo Italiano a ristabilire l'ordine ed i diritti dei lavoratori dovunque ce ne sarà bisogno".
La lussuosa Cadillac dell'Ambasciatore Sovietico sì sta allontanando dalla Farnesina in direzione di Ponte Milvio, mentre Cacini comincia a parlare al telefono con il capo dei Servizio Informazioni Difesa: "Generale, vivi o morti mi deve portare a Roma i componenti dei Governo. In questo momento l'Ambasciatore russo mi ha portato un ultimatum: dalla mezzanotte i russi entreranno in Italia....".
Neppure questo genere di notizie può far perdere il suo sangue freddo al Capo dei S.I.D. Dal suo ufficio egli fa con metodo tre telefonate. Una al comando del 31° Stormo Elicotteri che coopera con ì Carabinieri e la Polizia per la ricerca dei Ministri, un'altra al generale Ducali: "Ci risiamo, - commenta questi - un'altra guerra"; la terza al Consigliere Militare dei Presidente della Repubblica.
Alle 18 il Capo dello Stato Maggiore della Difesa é convocato dal Consiglio dei Ministri. Roma é calmissima. L'Ambasciatore degli Stati Uniti é irrintracciabìle, mentre l'incaricato d'affari s'é limitato a dire che avrebbe tempestivamente informato della situazione il Dipartimento dì Stato. "Lei pensa - chiede Botton al generale Ducali - che gli americani faranno la terza guerra mondiale per noi? ". Il generale abbassa la testa e osserva che per l'Ungheria, la Cecoslovacchia e la Jugoslavia non l'avevano fatto. "Salvate il salvabile" é in definitiva la direttiva impartita dal Presidente del Consiglio ai militari ed ai diplomatici. E' stabilito che nulla, dell'imminente invasione russa, deve essere risaputo. In proposito é organizzato uno speciale, discreto, ma efficiente servizio dì controllo sulla stampa, la radio e la televisione, organi questi peraltro completamente presi dalla crisi dì governo.
Si crede che sia ancora possibile, mettendosi in contatto con l'ambasciatore russo, arrivare ad una forma di compromesso, magari con la mediazione del Vaticano.
Ma i ripetuti contatti con l'ambasciata sovietica non approdano a nulla: l'ambasciatore non é disposto ad incontrarsi con il Presidente del Consiglio e con il Ministro degli Esteri prima dì lunedì.
Visti fallire tutti ì tentativi dì arrivare ad un compromesso, Botton si mette nuovamente in contatto con Ducali e lo invita a mettere in emergenza tutte le Forze Armate, senza allarmare la popolazione, però, aggiunge.
Sono le ore 19! Botton rimanda la sua apparizione in TV al Telegiornale della notte, dove, con un'espressione che a stento domina la profonda preoccupazione, rivolge il suo ennesimo appello alla nazione, invitandola alla calma nel caso vi fossero "eventi tali da minacciare la tranquilla laboriosità degli Italiani". Pochi e distratti i telespettatori; l'Italia sta godendosi un meraviglioso fine settimana al mare, ai monti e in collina.
Il Consiglio dei Ministri siede ormai in permanenza attendendo gli eventi. Il consigliere militare del Presidente della Repubblica ha chiesto che il Quirinale sia tenuto costantemente informato dal Capo dì Stato Maggiore della Difesa sugli sviluppi militari della situazione e dal Consiglio dei Ministri sugli sviluppi politici.

ALTRE LOCALITA'
ore 8.00 - Livorno: situazione estremamente tesa. Febbrili tentativi di mediazione dell'Arcivescovo e di alcuni esponenti politici. Gli attivisti di sinistra occupano il porto e la zona industriale e minacciano di marciare sui parà (circa 300) e di farne piazza pulita. I giornali parlano di "putsch fascista" sostenuto dai militari della N.A.T.O.
Alle ore 12.00, dopo assicurazione del Prefetto che il centro cittadino verrà occupato solamente dai Carabinieri, i parà decidono di ritirarsi in caserma, "ma - aggiunge il maggiore Casotti - con le armi in pugno, e sempre pronti a ripiombare in città se ve ne sarà bisogno. E non si parli di ricerca dei responsabili".
A Torino la situazione si profila come segue: le grandi masse degli operai sono in festa, ed hanno cominciato a defluire sulle autostrade per fare il week-end sulla Riviera di Ponente, in Valle d'Aosta e nelle Colline dei Monferrato. A una manifestazione unitaria di protesta indetta dai tre sindacati, e dal P.C.I., dal P.S.I.U.P. e dal P.S.I. in Piazza S. Carlo, partecipano solo alcune migliaia di attivisti rimasti a Torino. Verso sera, in Via Roma, accaniti .scontri tra missini e operai di sinistra vengono dispersi dalla polizia. Molti i feriti.
A Genova, l'eccidio di Castenaso provoca un blocco stradale verso le vie di ponente: scontri con la polizia, mentre viene respinto un tentativo di bloccare l'autostrada, sulla quale continua il flusso dei turisti verso la Riviera.
Fermento anche a Trieste, dove gruppi di estremisti di destra - seguendo una più che ventennale tradizione - appiccano il fuoco al circolo culturale sloveno.
A Milano, l'esodo di fine settimana é ancor più imponente: la popolazione é relativamente tranquilla, a parte i soliti attivisti politici. Tra i comunisti si dice: "Dobbiamo appoggiare senza riserve i lavoratori emiliani, vittime della reazione".
A Trento, gruppi di studenti marx-leninisti della locale Università di Sociologia appiccano il fuoco a un monumento agli Alpini, provocando una violenta reazione e sdegno delle popolazioni. Nel pomeriggio gruppi di Alpini scendono dalla Valsugana e danno la caccia agli studenti per le vie della città. Molti feriti di cui alcuni gravi. L'A.N.A. e la S.A.T. di Trento dichiarano che interverranno in ogni momento in difesa delle loro più sacre tradizioni.
Incidenti piuttosto violenti in Lunigiana a La Spezia, dove in alcuni comuni, i marxisti proclamano "le comuni rosse".

FRONTE TERRESTRE
ore 18.00 - Sono approdati sulla spiaggia di Sistiana (provincia di Trieste) alcuni motoscafi di tipo turistico dei quali sono sbarcati alcuni gruppi di turisti di ambo i sessi, ma prevalentemente uomini che si sono avviati chiacchierando verso il centro del paese; alcuni portano sacchi che sembrano contenere materiale per la pesca o indumenti balneari. Altri arrivi simili sono stati visti in altre località della costa nei pressi di Duino. In tutti i casi i nuovi arrivati si sono abilmente confusi con i-numerosi bagnanti e con l'intenso traffico di motoscafi. Si ritiene provengano da Trieste.
ore 19.30 - I reparti contraerei dell'A.M.I. sono in stato di allarme. In provincia di Padova, Treviso e Vicenza i reparti della 1.a A/b Intercettori Teleguidati sono in posizione di pronti al fuoco. Le sagome appuntite dei NIKE-AJAX e dei NIKE-HERCULES attendono sulle rampe gli ordini dalle centrali radar di sorveglianza.
ore 21.15 - Sembra che i ponti delle strade statali che uniscono Monfalcone e Trieste siano presidiati da gruppi di armati. Pattuglie di Carabinieri in perlustrazione sono venuti in contatto con questi gruppi e sono incominciati scambi di armi da fuoco. Il traffico é bloccato. E' stato chiesto l'intervento di elicotteri dei Carabinieri, ma, a causa della sopraggiunta oscurità il loro impiego risulta pressoché impossibile su un terreno così accidentato. L'area viene illuminata con lancio di bengala da parte degli elicotteri e si ritiene che le forze degli armati siano ingenti: pare che alcuni pullman con gitanti, provenienti dall'Istria via Trieste si siano fermati nella zona e che i loro occupanti si siano uniti ai "turisti" sbarcati dai motoscafi.
ore 21.30 - Si segnala un insolito traffico aereo sul cielo della Jugoslavia. Quasi contemporaneamente sui quadranti che "coprono" le zone più lontane cominciano ad apparire degli anelli lattiginosi che nascondono le "tracce" degli aerei. Gli operatori radar riconoscono le contromisure elettroniche ("jamming") che già avevano fatto la loro comparsa durante l'invasione della Cecoslovacchia e della Jugoslavia. I NIKE, in queste condizioni, non riescono ad agganciare alcun bersaglio e diventano quindi una difesa inutile. Dalle 19.30 sono entrati in allarme anche i reparti da intercettazione ogni-tempo della 1.a Regione Aerea. A Istrana (Treviso) il 51° Stm. ha potuto preparare in condizioni di pre-allarme sei F-104G armati di SIDEWINDER e quattro F-1045 dotati di SPARROW. Nel vicino aeroporto di S. Angelo si stanno preparando i G.91R del 2° Stm. mentre si spera di poter mettere insieme altri aerei "combat ready" sulle basi di Ghedi e Villafranca.
I piloti presenti ai reparti sono pochissimi, avendo molti approfittato del lungo week-end per raggiungere la famiglia al mare, altri perché in normale periodo di-licenza, altri perché presso altre basi o reparti per ragioni di servizio.
ore 21.50 - A Treviso S. Angelo si lavora per mettere in linea almeno una ventina di G.91 R "pescando" fra gli organici dei gruppi 13°, 14° e 103°. Tra rifornimento, armamento e controlli pre-volo si ritiene però impossibile che gli aerei possano essere pronti prima di mezzanotte. Molti aerei, a causa degli ultimi scioperi, non hanno potuto i ricambi per alcune componenti elettroniche in avaria e sono cosi costretti ad operare con parte della strumentazione inefficiente. A Ghedi sono in stato di pre-allarme quattro F-104G del 6° Stm. Alcuni piloti che, preoccupati soprattutto dalle vacanze, non hanno seguito molto gli sviluppi politici (d'altra parte i quotidiani in questo periodo sono usciti a singhiozzo), non comprendono la reale situazione e pensano che si tratti di un'esercitazione N.A.T.O. a sorpresa. Sulla base del 2° Stormo uomini e mezzi si avvicendano intorno ai G.91, mentre gli armieri tirano fuori dai depositi i carichi bellici. I comandi sono pronti a impiegare gli aerei del 2° Stm. per ostacolare l'eventuale avanzata di truppe corazzate; per questo scopo vengono preparati i razzi HVAR da 127 mm e le bombe dirompenti da 225 kg. La dotazione di armi non é molta (le bombe poi sono vecchie di 20 anni) ma si é comunque in grado di assicurare due missioni per ogni aereo.
ore 22.15 - In seguito ad una comunicazione cifrata giunta dal Capo di Stato Maggiore della difesa i reparti militari del Veneto del V Corpo d'Armata (una brigata corazzata, due divisioni di fanteria, una brigata di cavalleria corazzata, una brigata alpina) e altri reparti come la fanteria lagunare SERENISSIMA hanno ricevuto l'ordine di attestarsi sul Tagliamento. L'opera non é facile: il traffico lungo le strade venete, malgrado l'ora, é ancora intenso. I convogli militari si infiltrano cosi alla bella e meglio nel traffico civile, anche per non creare panico tra la popolazione. Molti automobilisti imprecano contro l'imprevidenza militare che organizza esercitazioni militari d'estate la notte del sabato!
Purtroppo le forze che si sono potute raccogliere sono poco numerose. L'allarme è stato dato in un momento particolarmente infelice quando numerosi erano gli ufficiali assenti. In particolar modo, numerosi i permessi rilasciati nella mattinata. Tutti i soldati e graduati di truppa che rientrano dalla libera uscita vengono frettolosamente organizzati e preparati a muoversi. Fino a questo momento, si calcola che solo il 10 per cento siano in marcia verso le posizioni prestabilite. Si spera di poter schierare nella notte un altro 20 per cento.
Il reparto più veloce é stata la brigata corazzata ARIETE che ha già inviato un centinaio di mezzi verso le posizioni sul Tagliamento. Reparti della SERENISSIMA, con mezzi anfibi, stanno dirigendo verso la foce del Tagliamento attraverso la laguna di Venezia.
I reparti antiaerei dell'esercito sono in stato d'allarme: i radar di ricerca dei missili HAWK e dei cannoni A.A. Bofors 40/70 scrutano il cielo.
In Carnia la situazione dei- reparti della Brigata Alpina JULIA é invece ottima: é stato particolarmente facile radunare le truppe e richiamare gli ufficiali, la maggior parte dei quali non si era allontanata dalle zone di acquartieramento.
Buona la situazione del personale delle difese fisse nelle alture intorno a Gorizia.
ore 22.30 - A Verona-Villafranca hanno avuto ordine di tenersi in pre-allarme anche i ricognitori tattici perché in caso di attacchi possano intervenire per dare rapidamente un quadro della situazione. Gli RF-104G della 3.a A/b sono dotati di sistemi per la ricognizione notturna e, sebbene i piloti non siano entusiasti di dover volare di notte, una sezione di due aerei viene tenuta pronta.
ore 23.50 - I dieci STARFIGHTER del 51° sono i primi aerei ad essere pronti al decollo. Si era riuscito ad apprestare un altro aereo, ma, all'ultimo momento, non si é trovato il pilota. I piloti sono preoccupati perché pilotare di notte gli F-104 in condizione di cecità radar non sarà certo piacevole. Per motivi prudenziali la frequenza dell'IFF viene mutata per tutti gli aerei del reparto. AI 2° Stm. intanto gli specialisti stanno caricando sui carrelli i mezzi HVAR, le bombe da 225 kg e i nastri da 12,7 mm.

FRONTE MARITTIMO
ore 17.00 - La notizia dei secondo e più minaccioso ultimatum sovietico giunge sul GARIBALDI alla fonda nel porto di Taranto. Sulla nave, ormai disarmata e sede del CINCNAV viene indetta una riunione d'urgenza per studiare le necessarie contromisure.
ore 19.00 - La riunione ha inizio. Purtroppo, date le concomitanti festività, non é stato possibile riunire tutti i capi servizio del Comando Squadra. Infatti, oltre il CINCNAV, sono presenti soltanto i Comandanti dei Sommergibili e della Il Divisione. La situazione delle forze italiane é presto fatta: la I Divisione (DORIA, INTREPIDO, IMPETUOSO, ALPINO) -sede a La Spezia - si trova a ovest della Sardegna in esercitazione N.A.T.O. con la VI Fleet; la Il Divisione - sede a Taranto - può contare su IMPAVIDO, INDOMITO e CANOPO, mentre indisponibili risultano DUILIO (in bacino), CARABINIERE e CIGNO; la III Divisione, data la sua più complessa struttura, é scaglionata in diversi porti, ma anche per essa non é possibile parlare di efficienza totale; 4 motosiluranti (MS 472, MS 473, MS 474 e MS 481), 2 motocannoniere convertibili (FRECCIA e BALENO) sono a Venezia in crociera addestrativa assieme al caccia LANCIERE, le navi trasporto truppe e materiale ETNA e BAFILE, a Taranto, sono in condizioni operative, il caccia conduttore SAN MARCO, invece, é indisponibile in quanto trovasi a La Spezia in attesa di disarmo.
La I V Divisione - sede Augusta - ha tutte le navi (AQUILA, ALCIONE, AIRONE, TODARO, VISINTINI, RIZZO e BERGAMINI) in crociera addestrativa nei porti ovest della Sicilia in trasferimento verso il nord Africa. II raggruppamento Arditi Incursori (COMSUBIN) e relative unità navali sono pronti a La Spezia sebbene al 30 per cento degli effettivi, tuttavia buona parte del personale é reperibile in zona. Il Comando Sommergibili (MARICOSOM) può contare su cinque battelli pronti: TOTI (La Spezia), MOCENIGO e DA VINCI (Taranto), MOROSINI e DANDOLO (Augusta).
Vista la situazione, viene deciso un piano d'azione che; nelle sue grandi linee, ricalca il seguente schema, seguendo le disposizioni impartite dello Stato Maggiore della Marina:
1) distacco immediato delle unità della I Divisione dalle forze della VI Fleet in esercitazione ad ovest della Sardegna e loro invio nelle acque di Gaeta, in attesa di ordini. A questo proposito, giova ricordare che il C.S.M. della Marina s'é offerto di mettere a disposizione del Governo l'incrociatore lancia missili ANDREA DORIA se, in caso di invasione, fosse necessario assicurare al paese la continuazione d'una guida;
2) il VITTORIO VENETO, che si trova a Castellamare per lavori di fine garanzia, non appena pronto si dirigerà verso Taranto. Tuttavia, considerato il periodo estivo e i lavori in corso all'apparato motore, si presume che l'unità non sia in grado di prendere il mare prima del pomeriggio di lunedì 28 oppure nella mattinata di martedì 29.
Alcune unità della I Divisione saranno inviate di scorta al VITTORIO VENETO nel suo spostamento verso Taranto;
3) le navi di COMOS che si trovano a Venezia, non appena pronte à muovere, tenteranno di costituire una difesa del settore a mare del fronte;
4) ETNA e BAFILE, scortate dalle unità della Il Divisione pronte a muovere, non appena imbarcato il contingente del Btg. SAN MARCO si dirigeranno verso il canale di Otranto in attesa di istruzioni. Le unità della Il Divisione in lavori a Taranto, raggiungeranno questa formazione non appena in grado di muovere, anche indipendentemente;
5) i sommergibili dovranno raggiungere questi punti di agguato: TOTI nel golfo di Genova, DA VINCI e MOCENIGO a sud di S. Maria di Leuca, MOROSINI e DANDOLO nel canale di Otranto;
6) il Raggruppamento Subacquei-Incursori in attesa a La Spezia. Non é escluso un suo aviolancio su zone che fossero particolarmente minacciate, specie in Adriatico. A questo scopo, si inizieranno contatti con I'A.M.I., per assicurare la disponibilità dei necessari aerei da trasporto;
7) tutta la IV Divisione deve dirigere verso l'Adriatico e il Tirreno per protezione all'evacuazione del traffico mercantile;
8) decentramento (cambio di ormeggio) delle restanti unità che si trovano all'interno delle basi;
9) intensificazione della vigilanza foranea e antisabotaggio delle basi;
10) disporre per l'immediata uscita dalle basi dell'unità di guardia pronte a muovere per vigilanza foranea antisom;
11) prendere accordi per l'evacuazione del naviglio mercantile nazionale dai porti dell'Italia settentrionale con particolare riferimento a quelli dell'Adriatico.
I punti 2, 4, 6 restano momentaneamente in sospeso in attesa di
avvenimenti ulteriori, anche se le misure preparatorie non debbono venire
sospese.
ore 21.10 - Viene segnalata la presenza nello Jonio di un gruppo operativo sovietico. Secondo le stime trasmesse dal MARAIRMED, questo gruppo comprenderebbe una portaelicotteri tipo MOSKVA, un incrociatore convenzionale tipo SVERDLOV, un incrociatore lanciamissili tipo KYNDA, due caccia lanciamissili A.A. tipo KASHIN, tre caccia convenzionali tipo KOTLIN e diverse unità anfibie e ausiliarie (tipo ALLIGATOR, M.M., DON e OSKOL).
ore 22.00 - Gruppi di motosiluranti jugoslave in funzione di trasporto commandos (circa 20 uomini con equipaggiamento leggero per unità) partono dai loro rifugi in caverna sulla costa dalmata verso la costa italiana: scopo della missione é quello di impadronirsi di sorpresa di alcuni punti strategici (ponti stradali e ferroviari, ecc.).
Le unità jugoslave sono scortate, contro la minaccia di superficie da vedette lanciamissili e lanciasiluri del tipo OSA e SCHERCHEN. Nessuna preoccupazione, invece, per l'eventuale intervento aereo, considerata l'indisponibilità di aerei italiani e, anche nel caso in cui fossero disponibili, la quasi assoluta invulnerabilità di navi piccole, maneggevoli e veloci durante le ore notturne. Inoltre, anche nel caso in cui l'Italia potesse disporre di aerei particolarmente sofisticati e addestrati ad operare nottetempo, i risultati sarebbero ugualmente non molto elevati.

Domenica 27 GIUGNO 1971

ROMA
ore 00.30 - Le notizie delle prime operazioni belliche in alta Italia giungono dopo la mezzanotte mentre il governo é ancora riunito: "I militari dovranno difendersi se attaccati e non dovranno pregiudicare comunque l'azione diplomatica e politica tendente ad una soluzione non disastrosa". Questa la teoria che Botton tenta di imporre ai suoi colleghi di governo. Pochi minuti prima della mezzanotte il Presidente dei Consiglio, ha un'inspiegabile telefonata dal Cardinale Vicario: "Ieri sera, diletto Presidente, mi sono dimenticato di ricordarle uno dei dieci comandamenti, il quinto che dice "Non uccidere". Si ricordi che ha validità anche indiretta". Poi l'alto prelato abbassa il ricevitore. Invano il Governo é rimasto in attesa di una risposta da Bruxelles e Washington circa la ripetuta richiesta di garanzia della N.A.T.O. e degli U.S.A. Alle 03.05 Botton aggiorna la riunione alle 8.00 dello stesso giorno.
ore 04.00 - Nonostante le misure di censura i giornali di Roma sono usciti con moderato risalto in prima pagina annunciando "Gravi incidenti alla frontiera orientale". Solo l'Unità dà la notizia della "Garanzia concnieta dell'U.R.S.S." (preannunciando l'intervento armato sovietico). nonostante la gran massa degli italiani sia andata a riposanie senza sapenie che il paese é già praticamente in gueninia, solamente infastidita peni degli inspiegabili disturbi alla televisione, la vita della nazione si sta peni modificare. Le operazioni a fuoco si svolgono anconia molto lontano, le direttive governative sono vaghe e contniastanti, l'apparato statale é paralizzato dalla vacanza di fine settimana, ma a Roma entnia ugualmente in funzione, automaticamente, un meccanismo predisposto molti decenni fa, quasi arniuginitosi, ma anconia efficiente. Nessuno saprà mai, peni esempio, chi ha dato disposizione al Vice Direttore Geneniale tecnico-openiativo dell'Alitalia di niecanisi in piena notte all'aeroporto di Fiumicino. Egli convoca tutti i piloti e tecnici disponibili. Sono sospesi tutti i senivizi. Gli aerei all'estero vengono richiamati e concentrati a Manisiglia-Marignane. I comandanti devono sbarcare i passeggeri, riempire i senibatoi di carburante e tenersi in attesa di onidini. Sugli aerei disponibili a Fiumicino viene caricata tutta l'utensileria necessaria per mantenere la flotta con un minimo di efficienza. Il Vice Direttonie Geneniale dà disposizione affinchè i grossi Boeing 747 attenirino a Caglianii o Decimomannu.
Non si é anconia potuto sapere chi ha fatto radiotelegrafare a tutte le unità mercantili in navigazione di uscinie dai porti degli stati comunisti e, se in niotta verso l'Italia, dirigersi veniso la Sicilia e la Sardegna. L'F.28 dell'Itavia in partenza da Corfù alle 7 del mattino e bloccato dalle autorità elleniche.
Sussistono molti altri misteri su questa tragica domenica. Mai si saprà, per esempio, chi ha fatto saltanie gli stabilimenti elettronici Selenia sulla via Tibunitina a Roma, ove eniano in pnioduzione importanti appaniecchiature niadar per la N.A.T.O.
Nonostante le accurate indagini compiute dalle autorità non é stata fatta ancora luce sulla grave questione dell'II-62 dell'Aeroflot in volo da Zurigo a Roma. In volo sull'aerovia "Ambra 1" presso l'Elba è intenicettato da due F-104S disarmati, e costretto a compiere un rovinoso atterraggio in un aeroporto pniesso Bastia. I turisti che sono a bordo dell'II-62 in realtà sono controllonii del traffico aereo che avrebbero dovuto impadronirsi dei centri di controllo del traffico aereo nella regione di Roma. Le dichiarazioni dei "passeggeri" del "charter" russo, subito inoltrate a Parigi, mettono in allarme il governo francese, la qual cosa avrà poi importantissime conseguenze politiche.
Ma per i romani la mattina del 27 giugno é una come tante altre. I cittadini rimasti nella Capitale non si allarmano nell'apprendere che l'Italia si trova di fatto nell'ennesima guerra. Come nelle altre regioni italiane, nelle strade attorno alla capitale regna il caos e le lunghe teoniie delle macchine dei gitanti ha paralizzato ogni movimento militanie. Per fonituna la GRANATIERI DI SARDEGNA già in nottata é entrata in città, e l'ordine é stato assicurato. Il traffico aereo internazionale procede regolarmente. Alle 7 la guardia di Finanza dell'aeroporto arresta gli equipaggi dei sette aerei battenti bandiera di paesi comunisti ivi in transito. I velivoli, due II-62, un DC-9 jugoslavo, due 11-12 e due Tu-134, son subito presi in consegna da equipaggi dell'Alitalia che raggiungono in volo la Sardegna.
Sono le 8 quando Radio Belgrado, in pessimo italiano, trasmetti ad altissima potenza sulle radiofrequenze della R.A.I. un breve commento: "Italiani, fra dieci minuti vi daremo un importante annuncio, non allontanatevi dagli apparecchiradio." L'ente radiotelevisivo italiano sospende le trasmissione e poco dopo si può sentire da Belgrado questa comunicazione: "Violenze e sopraffazioni nei confronti dei lavoratori italiani hanno indotto il governo dell'Unione Sovietica, su richiesta del governo della Regione Emilia-Romagna, ad effettuare un azione protettiva a favore dei lavoratori di questa regione. L'offensiva risposta del governo italiano alla relativa comunicazione sovietica, l'inesistenza nella capitale italiana di un governo responsabile ed il crearsi in Sicilia ed in Sardegna di illegittimi gruppi reazionari i quali hanno carpito i pubblici poteri, obbligano il governo dell'U.R.S.S. a inviare un corpo di volontari per assicurare il mantenimento dell'ordine pubblico soprattutto negli interessi dei lavoratori. Non esistendo fra Italia ed Unione Sovietica stato di guerra quegli italiani, militari e civili, che si renderanno responsabili di atti ostili nei confronti dei volontari sovietici saranno tratti in arresto e giudicati dai tribunali sovietici"
ore 8.30 - A Palazzo Chigi ha inizio la riunione del Consiglio dei Ministri. H Ministro della Difesa a nome di tutti i ministri socialdemocratici, prende subito la parola: "I Ministri dei P.S.U. abbandoneranno immediatamente il Governo se non verrà subito proclamato lo stato di guerra contro l'U.R.S.S. e se non sarò legittimato ad ordinare alle truppe di continuare a combattere...". "La guerra la può dichiarare solo il Presidente della Repubblica, che non desidera spargimenti di sangue", dice calmissimo il Presidente Botton. "Questo è un vostro punto di vista non quello dei Presidente! " urla un Ministro repubblicano. "Usciamo colleghi! " continua rivolto ai socialdemocratici, "qui ci troviamo dinanzi ad un complotto ordito da tempo. Voi preti - rivolto ai democristiani - volete consegnare l'Italia ai Russi... e quanto a voi - rivolgendosi ai socialisti, non vi illudete sarete i primi a finire in Siberia...".
La discussione si arroventa: "I Russi hanno ragione, questo è un governo privo di mandato, non contate più nulla...". Repubblicani, socialdemocratici e parte dei socialisti abbandonano l'aula del Consiglio ove continua fra i rimasti un sussurrato dialogo, tipico da sacrestia veneta. Mentre il gruppo dei socialdemocratici esce da Palazzo Chigi per raggiungere il vicino Palazzo Wedekind, sede della direzione del P.S.U., incrociano l'auto dell'ambasciatore francese, il quale, nonostante, l'insistenza espressa, non riesce a parlare con alcuno. Nel frattempo Botton cerca ancora di mettersi in contatto con l'Ambasciatore Sovietico.
Sono le 10.30 quando il Cardinale Vicario giunge a Palazzo Chigi
assieme all'incaricato d'affari sovietico. "Faccio tutto quello che volete" dice Botton ormai disfatto. "Primo: dare le dimissioni e convincere il Presidente a dare l'incarico all'on. Curto; secondo: far approvare dal Parlamento il governo dell'on. Curto; terzo: assecondare l'uscita dell'Italia dalla N.A.T.O.". "Non posso dimettermi in un'ora così grave, sarei l'ennesimo italiano che consegna la patria allo straniero ...". replica Botton. "Figliolo - incalza il Cardinale Vicario - potrà la tua coscienza sopportare il rimorso della morte dì decine dì migliaia dì donne, uomini e bambini che sarà provocata dagli inevitabili attacchi aerei che compiranno i Russi anche su Roma, come già su altre città italiane? ", "Quella dì "Roma Città aperta" é una stupidaggine inventata da Hitler alla quale ci potevano credere solo gli americani..." - osserva il russo. "Sia fatta la volontà dì Dio" - risponde Botton.
ore 11 .30 - Il Presidente del Consiglio on. Botton, accompagnato dal vice presidente del Consiglio il socialista on. De Perlino, chiedono dì essere ricevuti al Quirinale dal Presidente della Repubblica e sono subìto introdotti alla sua presenza.
"Signor Presidente" - inizia l'on. Botton - come Ella, saprà, la situazione é insostenibile. I militari non sono in grado dì difendere la patria dall'attacco sovietico. La N.A.T.O. e gli Stati Uniti fanno orecchio da mercante. In questo modo in pochi giorni, forse in poche ore, avremo l'Italia invasa dai Russi e saremo messi al muro senza pietà. I ministri socialdemocratici e repubblicani mi hanno abbandonato. Posso solo contare sulla fedeltà dei democristiani e degli amici socialisti.. . "Che cosa propone? "-taglia corto il Presidente. "Propongo di dare le dimissioni e, per evitare ulteriori ed inutili spargimenti dì sangue, di affidare la presidenza dei consiglio all'on. Curto, leader del P.C.I. che sarà senza dubbio in grado, con un governo di coalizione, dì riportare la pace in questo sciagurato paese ..." "Si rende conto che mi chiede dì consegnare l'Italia ai Comunisti? " - replica il Presidente - l'on. Curto é un buon italiano, lo conosco bene, e con un governo di coalizione con i socialisti l'Italia potrebbe diventare una specie dì Finlandia. D'altra parte anche il Vaticano appoggia questa soluzione e....
- "Lasciatemi pensare: vi farò sapere le mie decisioni, buon giorno, signori"-interrompe asciutto il Presidente. -"Volevo solo aggiungere che é necessario far presto: i militari, malgrado ì miliardi che abbiamo speso per la difesa, non sono in grado di reggere che per poche ore...
"Buon giorno, signori" - replica il Presidente.
"Buon giorno, signor Presidente - rispondono in coro i due onorevoli uscendo dallo studio presidenziale.
ore 16.30 - l'on. Curto esce dallo studio del Presidente. Il segretario alla presidenza, dott. Alberti, comunica ai giornalisti: "Il Presidente della Repubblica ha accolto le dimissioni presentate dal presidente del consiglio, on. dott. Angelo Botton. Data la gravità dei momento, ha ritenuto opportuno affidare l'incarico dì formare un governo dì coalizione allon. dott. Alfredo Curto".
Invano ì giornalisti cercano dì avere qualche dichiarazione dall'on. Curto che sì allontana rapidamente sulla sua Alfa nera.
Alle 18 da tutte le stazioni della RAI vengono emesse le note dell'Internazionale. Quindi è emesso un breve comunicato in cui sì dice che l'intera rete nazionale è collegata con Radio Udine, da dove gli amici italiani dell'Unione Sovietica, avrebbero informato "onestamente" l'opinione pubblica italiana: "Soldati, Marinai, Aviatori italiani!' per l'onore e la libertà d'Italia accogliete amichevolmente e schieratevi a fianco delle forze dei lavoratori. Per trent'anni siete stati umiliati, derisi e maltrattati da governi demoplutogiudaici massoni. Ora basta! Vi sarà assicurato il trattamento dei componenti delle forze armate sovietiche". L'appello continua ricordando che coloro i quali si sarebbero opposti alla pacifica avanzata delle forze sovietiche sarebbero stati deferiti a tribunali russi e giudicati secondo le leggi sovietiche.
ore 20.30 - II telegiornale della sera, a differenza dì quello del pomeriggio che era stato particolarmente parco dì notizie, comunica agli Italiani che l'on. Botton ha dato le dimissioni e che l'on. Curto é stato incaricato dì formare il nuovo governo. L'on. Curto ha già preparato la lista dei nuovi ministri che viene subìto comunicata. In esso i ministeri chiave (Interni, Difesa, Finanze, Tesoro, Giustizia, Lavoro e Pubblica Istruzione) sono tenuti da comunisti, altri come Partecipazioni Statali, Bilancio, Esteri, Marina Mercantile, Trasporti, Agricoltura, industria, sono stati affidati a socialisti, mentre Sanità, Turismo e Spettacolo, Ricerca scientifica sono stati affidati ad esponenti del P.S.I.U.P. Il nuovo governo chiederà la fiducia alla Camera lunedì e al Senato nel primo pomeriggio con procedura accelerata onde avere l'investitura entro la giornata stessa dì lunedì. Nulla é comunicato circa il programma di governo. Viene inoltre comunicato che dalle 19.00 sono state sospese tutte le attività militari. Sì invitano i cittadini a rientrare con calma alle loro case e quelli che sono in ferie e che non abitano in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Venezia Giulia possono tranquillamente continuare le loro ferie. La circolazione sulle strade è in via dì normalizzazione e il lungo week-end (il 29 giugno è S. Pietro e il ponte può ancora durare due giorni) può essere portato a termine nelle località di villeggiatura in tutta tranquillità.
ore 21.30 - Il Capo dì Stato Maggiore della Difesa e ì tre Capì di Stato Maggiore delle tre forze armate sono ricevuti dall'on. Curto a palazzo Chigi. Presentì sia l'on. Botton che l'on. De Perlìno, confermato vice presidente del Consiglio. Prende subito la parola Botton: "Generali, ammiraglio, come ben sapete ho ceduto il mio gravoso incarico allon. Curto che, con l'aiuto dei socialisti, saprà sicuramente dimostrare dì essere un ottimo italiano e un vero patriota. Sono sicuro che le forze armate continueranno a fare il loro dovere anche con il nuovo Governo. A nome dell'on. Curto posso assicurare che non vi sarà nessuna richiesta dì dimissioni. Naturalmente lor signori manterranno le cariche sino alla normale età di ritiro e verranno sostituiti solo allora da loro colleghi". "Sottoscrivo pienamente quanto ha detto l'on. Botton - aggiunge l'on. A. Curto - insieme potremo sanare quell'incolmabile fossato che si è andato creando in tutti questi anni fra il popolo italiano e le sue forze armate, che sono e devono essere l'espressione più genuina di forza popolare a difesa della patria. Sono sicuro che insieme potremo costruire una nuova immagine delle forze armate con comune soddisfazione". "A nome mio e dei miei colleghi - risponde il gen. Ducali - posso assicurare che le Forze Armate si manterranno sempre fedeli alla Costituzione Italiana, al Presidente della Repubblica e alla volontà del Parlamento. In effetti il Governo può fare molto per le Forze Armate. Come è noto, la situazione economica dei militari non è delle più floride e...
"Bene, signori" - interrompe l'on. Curto - "dovete scusarci ma, come immaginerete, abbiamo ancora molti impegni prima di domani mattina e la notte purtroppo è sempre troppo corta... buona notte, signori; avremo sicuramente modo di rivederci nei prossimi giorni".
ore 22.30 - Giungono a Fiumicino quattro II-62 con a bordo circa quattrocento "consiglieri sovietici" che, sistemati su una decina di pullman raggiungono l'ambasciata sovietica. Alcuni di essi salgono invece su alcune Alfa nere e, scortati dalla Polizia Stradale, raggiungono Palazzo Chigi. Tra essi vi è il compagno Dmitri Antolikov, del Ministero degli Esteri dell'Unione Sovietica, il generale Zakurov, incaricato di tenere i collegamenti tra l'Armata Rossa e l'Esercito Italiano, l'amm. Bradnov, della Marina Sovietica, il gen. Amisko, della polizia segreta sovietica, il compagno Taiski dei sindacati dell'U.R.S.S. e i loro aiutanti e consiglieri. Questo gruppo, accompagnato dall'Ambasciatore Sovietico a Roma, è subito ricevuto dall'on. Curto, presente l'on. De Perlino.
Dmitri Antolikov inizia subito il suo discorso: "Cari Compagni, a causa di un assurdo malinteso l'Unione Sovietica si è quasi trovata sull'orlo di una guerra contro il popolo amico italiano. Grazie all'intelligenza degli uomini politici italiani, e prima di tutto a te, compagno De Perlino, la situazione è stata bloccata in tempo ed è tornata la serenità tra il popolo russo e l'amico popolo italiano. Purtroppo però non è stato ancora possibile rimuovere le cause che hanno portato a questi malintesi.
Per prima cosa dobbiamo assicurare l'ordine. E' un vero delitto che con continui scioperi i lavoratori danneggino quelli che domani saranno i loro stabilimenti. Questo andava bene contro i capitalisti schiavi dell'imperialismo americano, ma non va bene quando i lavoratori sono al potere: chi danneggia i mezzi di lavoro, danneggia i lavoratori ed è sabotaggio. II compagno gen. Amisko e i suoi aiutanti sapranno sicuramente consigliare la Polizia come agire in caso di disordini, ma è meglio che il compagno Taiski, qui presente, dei Sindacati Sovietici, e i suoi aiutanti prendano contatto e consiglino i sindacalisti italiani nello stesso tempo aiutandoli nella difficile, ma che ci auguriamo rapida, opera di unificazione. Nello stesso tempo il tuo governo, caro compagno Curto, deve denunziare il PATTO ATLANTICO, fare uscire gli Americani dall'Italia, proclamare la sua neutralità e preparare, insieme a noi, un patto di amicizia italo-sovietica. Naturalmente nel frattempo i volontari sovietici che con così grande sacrificio hanno liberato i lavoratori italiani non possono tornare in patria in pochi giorni: il viaggio è lungo e costoso e l'Unione Sovietica ha subito gravi danni in uomini e materiali durante questa opera di pacificazione.
Pensiamo che la cosa migliore sia, e credo che, cari compagni, voi sarete d'accordo con me, che l'Esercito Italiano che dispone di così tante caserme e installazioni militari aiuti i compagni volontari sovietici a trovare una sistemazione per qualche mese, su tutto il territorio italiano: non è bene infatti concentrare tutte le truppe in un posto solo: potrebbe nascere la convinzione che l'Italia sia occupata. Il compagno generale Zakurov, e i suoi aiutanti, si metteranno in contatto con il generale Ducali per concordare i particolari.
La flotta sovietica che gloriosamente difende i paesi socialisti su tutti i mari pensa che l'Italia non sia in grado di difendere, oggi, le sue frontiere marittime. Chiedo pertanto, e voi sarete con me d'accordo, che vengano concesse alla Flotta Sovietica una base in Sardegna e una in Sicilia. Naturalmente i nostri marinai avranno anche occasione di affiancarsi ai valorosi marinai italiani nelle basi di La Spezia, Taranto e Augusta in modo da forgiare insieme la nuova marina popolare italiana. L'amm. Bradnov con i suoi aiutanti si metteranno subito in contatto con il Capo di Stato Maggiore della Marina, per perfezionare tutti i particolari.
Per un certo periodo sarò io che, aiutato dall'ambasciatore sovietico a Roma, vi potrò consigliare come trasformare la parte capitalista e schiava degli americani d'Italia in una componente socialista della Repubblica Democratica Italiana. Credo, cari compagni, che sarete senz'altro con me d'accordo sulla necessità di portare a termine questo programma nel più breve tempo possibile se non vogliamo cadere preda degli imperialisti americani e vedere l'Italia trasformarsi in un nuovo Vietnam".
Durante tutto questo tempo sia l'on. Curto che l'on. De Perfino non hanno fatto altro che annuire in silenzio. Congedati i sovietici non resta ai due che cacciare giù un breve discorso programmatico da presentare l'indomani alle Camere.
Sono circa le 2.00 quando i due onorevoli lasciano Palazzo Chigi verso le rispettive abitazioni.

ALTRE LOCALITA'
Alle prime ore del mattino, un ristretto numero di persone ha qua e là captato notizie radiofoniche che parlano delle "misure di sicurezza" adottate dal Governo e dal popolo dell'U.R.S.S. per la difesa dei lavoratori fratelli italiani, minacciati dalla reazione capitalista ed imperialista. La notizia si diffonde relativamente, poiché la gran massa delle persone é già arrivata sui luoghi di villeggiatura.
A Milano, verso le otto del mattino, arrivano alcune persone dal Veneto: le notizie sono terrificanti, ma pochi vi prestano attenzione, e si accodano agli altri per muovere verso i Laghi. Gruppi di attivisti di estrema sinistra, con attacchi diversi e simultanei, che denunciano una precedente preparazione, assaltano le stazioni di Polizia, e dei Carabinieri, la RAI-TV, gli imbocchi delle autostrade, gli aeroporti della Malpensa e di Linate. Talune di queste azioni sono coronate da successo: la Malpensa é occupata, come pure gli stabilimenti delle industrie maggiori, peraltro chiuse, ed alcuni uffici militari. Altrove gli attivisti vengono disarmati. In questi movimenti, i comunisti hanno avuto l'appoggio dei due partiti marx-leninisti, Partito Comunista d'Italia e Unione dei Comunisti, e che ritengono giunto il momento di dare "una spinta rivoluzionaria".
A Torino, sempre alle prime ore del mattino, gli attivisti delle organizzazioni di sinistra cercano di bloccare gli ultimi operai che stanno per lasciare la città per il weekend, ma con scarso successo. Rimangono solo i quadri, gli attivisti, i gruppi della sinistra marx-leninista, a dar, fastidio, con molteplici azioni capillari, alla Polizia e ai Carabinieri. Ma, fatto più importante, entra in azione, l'organizzazione clandestina del PCI, quella che la gran massa degli iscritti neppure conosce. Si tratta della vera "longa manus" del PCUS, un'organizzazione paramilitare clandestina da usarsi nei momenti di emergenza, e che viene tenuta di riserva, per controllare, e se necessario per reprimere, gli stessi esponenti dei PC di tutti i paesi. L'organizzazione clandestina passa all'attacco a Torino, occupando di sorpresa l'aeroporto di Caselle, alcune industrie, la RAI-TV, i ponti sul Po, la collina di Superga, l'imbocco delle autostrade per Milano e Piacenza. 'Reparti Celeri, verso le 7 del mattino, vengono inviati per sloggiarli, ma riescono a liberare solo alcuni ponti.
A Genova, l'organizzazione clandestina del PCI attacca le caserme di Sturla, ma viene respinta dal 157° Fanteria. Elementi di destra compiono un tentativo di occupazione simbolica del Consolato sovietico, ma vengono respinti dai funzionari del consolato e da volontari comunisti. In porto, la situazione é pesante: cellule di portuali armati occupano gran parte del bacino portuale da Ponte Andrea Doria fino a Sestri. La parte orientale del porto, con la Darsena e il porto vecchio rimane invece in mano alla Guardia di Finanza e alla Capitaneria marittima. Il poco movimento portuale é completamente bloccato. Nuclei di attivisti occupano anche il transatlantico EUGENIO C ed i traghetti.
Confusa la situazione in molte città dell'Italia Settentrionale: attacchi improvvisi di quelle che si chiamano ormai le "Guardie rosse", vengono respinti a Como, Sondrio, Cuneo e Imperia, mentre hanno successo a Pavia, Cremona, Voghera, Vercelli. Alterna la situazione a Casale Monferrato e ad Alessandria, dove le truppe respingono gli attacchi di nuclei di sabotatori e di "Guardie rosse". Nuclei di sabotatori interrompono le comunicazioni tra l'Italia e Lugano, via Ponte Tresa e Chiasso, catturando alcuni ricchi borghesi che stanno tentando di portare denaro in Svizzera.
Alle 7.00 il Comandante Militare della Sicilia é destato da un capitano dei Carabinieri: "C'é una persona che vuole parlare con Lei". La persona é un capo mafia, pregiudicato, reduce da molti anni' di permanenza al confino. L'Ufficiale dell'Arma consiglia il generale di ricevere il poco raccomandabile ma autorevole individuo: "Informo Vossia che gli uomini d'onore sono decisi a fare la guerriglia ai russi fino all'ultimo sangue. Dateci le armi dell'Esercito e dei Carabinieri". Il Generale rilegge il telegramma ricevuto da Roma solo poche ore prima ove si raccomandava di "reagire solo se attaccati" lo strappa e dice al capo mafia: "Prima della guerriglia faremo la guerra, se ci vorrete aiutare avrete tutto quello che vi occorre, ma per voi i Carabinieri non li disarmo! "
A Cagliari, Carabinieri ed agenti di Polizia del Comando Forze Repressione Banditismo circondano alle 5 di mattina la Curia e l'abitazione del Presidente della Regione. E' comunicato loro che i Russi stanno invadendo l'Italia, che la Sardegna sarebbe stata difesa e che Cagliari avrebbe potuto essere la sede di un libero governo italiano. Il Vescovo acconsente a dare tempestiva disposizione ai parroci affinché nelle prediche domenicali sia messo in adeguato risalto la necessità di contrastare il dilagare dei Russi, mentre il Presidente Regionale garantisce che i comunisti locali "non avrebbero mosso un dito'' contro il libero governo.
ore 13.30 - Le notizie diramate all'estero, i bollettini radiofonici delle 13.00, l'arrivo di persone in movimento, e l'attacco sovietico al confine orientale, fanno ormai capire a tutta la popolazione che qualcosa di veramente grave é in atto. La reazione é multiforme: taluni reparti dell'Esercito (la maggioranza) rimangono in attesa di ordini. In taluni centri, più isolati e più autonomi, alcuni comandanti assumono iniziative locali, come ad Aosta, dove il comando del 4° Alpini fa occupare la città: analoghe iniziative a Sondrio, Brunico, e Chiavari. Savona è occupata da pattuglie di Guardie rosse. La gran massa dei gitanti che si trova al mare, ai laghi e in montagna é disorientata: una buona metà si mette immediatamente in viaggio per ritornare alle rispettive città. Ottengono spesso strada libera dalle varie (e sporadiche) formazioni armate, ma gli ingorghi si formano, impressionanti, lungo le principali arterie. I più benestanti decidono di rinviare il ritorno in attesa che si chiarisca la situazione. Drammatica la posizione nella Lombardia orientale e Veneto ove, mentre un flusso di profughi in preda al panico si muove verso ovest, il flusso dei gitanti in ritorno si sposta verso est.
A Livorno, le truppe americane si mantengono entro il perimetro di difesa intorno alle loro basi. Poi gli Americani si preparano a reimbarcarsi sugli aerei. A Torino, alle ore 17 la città rimane divisa: la parte sud é in mano ai rossi; la parte nord, da corso Sebastopoli in su é ancora in mano alle forze regolari.
Violenza a Cuneo, dove un gruppo di "Guardie rosse" viene catturato dagli Alpini, mentre tenta di sabotare un ponte sul Gesso. A Genova, la situazione si sviluppa: nella parte occidentale della città si estende il dominio dei rossi, che, si saldano con le cellule di Savona, costituendo un'unica area rossa da Vado a Sampierdarena. Differente la situazione a est dove reparti di Polizia e di Carabinieri, affiancati dai fanti dei 157° e da nuclei armati di estrema destra tengono la zona fino a Chiavari. Sestri Levante è in mano ai rossi. Camogli in mano ai missini. Tuttavia, la confusione è generale, specie lungo l'Autostrada dei Fiori sulla quale si snoda una lunga fila di macchine di milanesi, che tentano di ritornare a casa: ma il Passo dei Giovi é bloccato e così pure il Turchino: unica strada libera la statale 45 per Piacenza.

FRONTE TERRESTRE
ore 00.00 - Negli ultimi dieci minuti c il "jamming" del radar é stato r totale. In uno dei pochi momenti c prima della cecità, durante un inter- s vallo nel quale gli operatori hanno t potuto distinguere qualche traccia, p si sono visti segnali di aerei di t dimensioni maggiori a quelle dei p caccia, in volo a circa Mach 1.3 in 2 avvicinamento in direzione Est- v Ovest. E' facile pensare che si tratti c di bombardieri BLINDER in funzione di "pathfinders" (apri-sentiero) e di copertura ECM per le c formazioni attaccanti. Subito dopo c le tracce sono tornate confuse. I c NIKE della 1.a A/B ormai sono dei Il giocattoli inerti; senza radar non c'é modo di far funzionare il loro c sistema di guida. Nelle stesse condizioni si trovano anche i missili s HAWK che avrebbero dovuto assi- e curare la difesa a bassa quota.
ore 00.04 - L'oscuramento dei radar c si dirada, probabilmente a seguito li della caduta al suolo del "chaff" (la a sostanza antiradar diffusa nell'aria dagli aerei incursori) e gli F-104 allineati sulla pista con il turboreattore acceso possono decollare. Ora gli schermi radar sono saturati di tracce di aerei in volo a quote e velocità differenti. I dieci aerei del 51° Stm. si trovano di fronte ad un'impresa disperata: i Tupolev Tu-22 che hanno seminato il "chaff" per accecare i radar hanno aperto la via a decine di Tupolev Tu-28 FIDDLER-A, Mikoyan MiG21SPS, Su-7 e MiG-23S. I quattro F-1045, decollati per primi, riescono a raggiungere con facilità i 5.000 m, grazie alla loro velocità ascensionale. L'intervallo nel "jamming" ha permesso ai Tu-28, dotati di radar a largo raggio con la funzione di segnalare gli attacchi dal basso, di identificare le tracce della formazione italiana appena decollata e di indirizzarle contro, data la difficoltà di usare la propria dotazione di missili ASH, sedici caccia-bombardieri Sukhoi Su-7 FITTER che costituiscono l'avanguardia attaccante, destinata a colpire le basi italiane. I Su-7, appesantiti dal loro carico bellico, devono volare a velocità subsonica e non riescono ad agganciare il quinto ed il sesto F-104 che, spingendo sui postbruciatori, riescono a disimpegnarsi. C'é stato ugualmente un tentativo di attacco da ambo le parti ma da una parte gli F-104G non hanno potuto lanciare il loro SIDEWINDER temendo di colpirsi a vicenda, dall'altra una certa confusione del radar di tiro provocata dalle "scatole nere" di cui sono state recentemente dotati gli STARFIGHTER ha impedito il puntamento agli aerei sovietici.
Gli incursori volando a bassa quota hanno raggiunto l'aeroporto di S. Angelo e iniziano il martellamento delle piste con i loro razzi da 55 mm. C'é un tentativo da parte della contraerea convenzionale che apre un fuoco di sbarramento con pezzi da 40/70 mm. Le armi però sono poche, i radar di tiro inutIlIzzabili e la visibilità quasi nulla. Il fuoco contraereo non ottiene alcun effetto visibile.
ore 00.06 - Gli F-104S hanno raggiunto quota 8.000 m. Qui ora l'aria é pulita e il radar di tiro funziona regolarmente. Intanto a quota più bassa due dei quattro F-104G che sono stati gli ultimi a decollare sono investiti dall'ondata di Su-7 che ritornano dall'attacco, ormai alleggeriti e molto più manovrabili dei bisonici dell'A.M.I. Nel giro di pochi secondi i due F-104G sono crivellati di proiettili da 30 mm. Uno dei due esplode in volo, mentre l'altro precipita dando modo al pilota di lanciarsi col paracadute. Altri aerei riescono a ricongiungersi con la formazione. Intanto un secondo passaggio di BLINDER-B ECM sta provvedendo a stendere una nuova cortina di materiale antiradar. Il pilota di uno degli F-1045 in volo a 11.000 m, vedendo che lo schermo del NASARR (R-21G) ricomincia ad essere disturbato (nonostante il "jamming" sia diretto principalmente contro i radar che lavorano su una banda differente), lancia frettolosamente una coppia di SPARROW contro la formazione 'di BLINDER, ma le contromisure d questi riescono a deviare i missili.
Un altro F-1045 con un'ampia virata cerca di mettersi in posizione favorevole rispetto ad uno dei Tu22, ma prima di poter lanciare i suoi missili é fatto segno ad una salva della torretta poppiera del bombardiere russo e il pilota é costretto, a ricorrere all'eiettabile.
ore 00.21 - I sette F-104 superstiti (tre F-104S e quattro F-104G) si trovano ora di fronte il grosso della caccia sovietica, di cui i precedenti FIDDLER e FITTER costituivano solo le avanguardie, composta da MiG-21SPS e MiG-23S. La notte é solcata dai lampi dei postbruciatori: a tratti il relativo silenzio degli abitacoli é interrotto dal concitato parlare dei piloti sovietici e di quelli italiani. Ormai la sparuta pattuglia italiana é a contatto balistico dei MiG. Questo scontro senza visibilità, dove anche i parabrezza sono velati dalla gelatina metallica antiradar si trasforma in una specie di duello "western": i piloti si servono, per identificare gli altri aerei, oltre che dell'IFF e del radar di tiro (che subisce, almeno al 25 per cento, il "jamming" prodotto dal sottile gel antiradar), delle luci di posizione tenute accese per diminuire il pericolo delle collisioni e delle fiamme degli scarichi e delle armi. Hanno buon gioco però i caccia sovietici che portano un armamento più flessibile: i MiG-21 infatti sono dotati di uno o due cannoni da 30 mm ed anche alcuni MiG-23 ne portano in pod sganciabili assieme a razzi non guidati da 55 mm e missili ANAB sia a guida radar che I R.
Gli ''air superiority fighters" possono così disporre di ogni tipo di armamento adatto alle circostanze. I "104" italiani che portano SIDEWINDER e SPARROW hanno difficoltà ad usare i primi per paura di colpire qualche aereo amico, mentre i secondi sono ostacolati dalle contromisure.' Un F-104S é colpito e si incendia.
ore 00.27 - La guida caccia di Istrana fa l'appello: un altro F-104 non risponde. Data l'assoluta inutilità di proseguire nella missione viene dato l'ordine di ritornare alla base. Col carburante che comincia a scarseggiare i cinque aerei superstiti abbandonano il combattimento.
ore 00.29 - Dalla formazione sovietica si staccano quattro velocissimi MiG-23, uno dei quali raggiunge uno STARFIGHTER e gli si "aggancia". Inutilmente il pilota dà tutta manetta: viene investito da una salva di razzi da 55 mm e il "104" si disintegra. Il FOXBAT apre violentemente verso l'alto per evitare l'esplosione; é il suo gregario invece che non riesce a vederlo in tempo e i due grossi caccia entrano in collisione. E' lo scotto da pagare per questo convulso combattimento notturno senza visibilità.
Gli F-104 superstiti sono scesi a livello degli alberi e i piloti guardano con ansietà la lancetta del carburante che é ormai sulla riserva. Uno dei piloti non scorge a tempo un'altura e si schianta contro un cascinale. Un altro sentendo imminente una "piantata" per mancanza di carburante si lancia. La quota é però molto bassa e lo sfortunato pilota verrà ritrovato il giorno seguente gravemente ferito. Le perdite sono state pesanti.
ore 00.44 - Su S. Angelo sono state sganciate alcune bombe al napalm ed ora divampano furiosi incendi. Un trattore che trainava due rimorchi carichi di munizioni é saltato in aria. Praticamente i G.91 R del 2° Stm. sono ormai inutilizzabili e rimangono a terra nelle pianole di decentramen to.
ore 00.45 - I caccia sovietici, ormai a corto di carburante, sono ormai in rotta con le basi jugoslave. Rimangono in aria gli intercettatori a largo raggio Tu-28 FIDDLER e i BLINDER-B ECM che sono già stati riforniti in volo a quota più alta, fuori della battaglia, da aerocisterne BADGER. Ad Aviano intanto il 7227th Tactical Fighter Grp. dell'U.S.A.F., di stanza alla base, ha deciso di evacuare. Mancano ordini precisi e il comando ha potuto rendersi conto dell'accaduto intercettando le comunicazioni radio.
Si decide che per ora è meglio evitare lo scontro diretto con gli aerei sovietici. Ordinatamente i PHANTOM, in configurazione di trasferimento, decollano alla volta della Germania. Alcuni C-130 stanno aspettando gli specialisti e caricano parte del materiale. Quello che non si può portare via è stato minato.
ore 01.00 - Sul campo di Campoformido e sull'aeroporto civile di Ronchi dei Legionari vengono lanciati 7.000 tra paracadutisti "vysotniki" e "berretti rosa": un'intera divisione aviotrasportata accompagnata da 12 semoventi cacciacarri ASU-85, 12 semoventi cacciacarri ASU-57, quattro batterie di mortai da 120 mm e 18 lanciarazzi multipli oltre a numerosi altri mezzi leggeri. Si chiede l'intervento dell'Esercito e precisamente del V Corpo d'Armata. II Comando del V Corpo d'Armata comunica che saranno avviati verso le basi alcuni dei reparti che si trovano oltre la linea del Tagliamento. Le più grosse formazioni continuano ad essere fatte affluire sui Tagliamento dove si sta organizzando la linea di difesa qualora i reparti attestati attorno a Gorizia su difese fisse e, a sud, facenti perno su Monfalcone dovessero essere costrette a ritirarsi. Alcuni reparti alpini della Brigata J U L I A sono in marcia verso Sud sulla direttrice Gemona-San Daniele del Friuli.
ore 01.10 - I reparti della V.A.M. e i distaccamenti di Carabinieri di Campoformido cercano di ostacolare le operazioni dei Sovietici. In varie parti dell'aeroporto di Ronchi dei Legionari si sentono le secche raffiche dei moschetti automatici dei Carabinieri, ma é una lotta disperata. Ogni resistenza cessa dopo 10-12 minuti.
ore 01.45 - Ormai i radar hanno ripreso a funzionare. Sugli aeroporti di Campoformido e Ronchi già occupati dai paracadutisti, giungono le prime formazioni di Antonov An-12' e An-22 da trasporto, scortate da una seconda ondata di MiG-21 e MiG-23 con serbatoi supplementari. Dai grossi aerei, guidati da una torre di controllo da campo installata dai "berretti rosa", sbarcano jeep GAZ-69, mezzi pesanti, cannoni di ogni tipo. II perimetro dei paracadutisti sovietici intorno alle basi si è allargato a macchia d'olio. La resistenza delle scarse difese di Campoformido é ormai ridotta al silenzio. Le truppe aviotrasportate che sbarcano dai grossi aerei da trasporto vengono avviate verso San Daniele, Udine-Cividale, Palmanova e Pordenone.
A Ronchi dei Legionari, aeroporto civile, la difesa è stata pressoché nulla. I reparti che continuano a sbarcare dagli An-12 e An-22 si stanno dirigendo verso Gorizia, Monfalcone, Cervignano del Friuli e Palmanova. La resistenza a Monfalcone é presto sopraffatta e ormai la zona da Ronchi a Miramare è in mano sovietica. Da alcune decine di minuti numerosi reparti motorizzati e corazzati hanno attraversato il confine a Gorizia e sono penetrati a raggiera in territorio italiano, superando il capoluogo ma incontrando forte resistenza sulle colline circostanti.
ore 02.30 - A Gorizia, la resistenza tende ad affievolirsi da quando sono entrati in azione i primi reparti aviotrasportati provenienti da Ronchi che si stanno congiungendo tra Palmanova e Trivignano con reparti provenienti da Campoformido. Le difese fisse sono attaccate anche alle spalle appunto da queste truppe. Nel frattempo i ricognitori sovietici hanno intercettato gli aerei dell'U.S.A.F. che hanno abbandonato Aviano. L'ultimo aereo U.S.A.F. ha lasciato il campo da circa 20 minuti e le installazioni fisse abbandonate stanno saltando quando ecco apparire nel cielo di Aviano una fioritura di paracadute: anche questo campo viene investito dall'attacco di "vysotnoki" e "berretti rosa": i pochi reparti di Carabinieri e di V.A.M. presenti nulla possono contro i 2.000/3.000 paracadutisti sovietici che si impossessano rapidamente del campo. Anche qui è stata fatta scendere una torre di controllo mobile e dopo circa mezz'ora dallo sbarco del primo parà sovietico appaiono i primi An-22 e An-12 che scendono sulla pista.
ore 03.15 - Il traffico sui tre aeroporti è intenso: gli arrivi e le partenze si susseguono a ritmo incalzante. Lo smistamento sulle bretelle e facilitato dal fatto che i direttori del traffico dispongono di aggiornatissime mappe delle basi. Una bretella di Aviano, che é sconvolta da lavori in corso, é accuratamente evitata senza che un solo aereo da trasporto perda tempo prezioso. I reparti sbarcati a Aviano si dirigono verso Pordenone, Sacile e Spilimbergo. Le forze maggiori sono concentrate sulla colonna diretta a Sacile.
ore 03.30 - Alcuni reparti corazzati hanno sfondato a Gorizia e dilagano verso il Tagliamento. Anche da Cervignano del Friuli, già occupata, reparti sovietici si stanno dirigendo verso Latisana, Da Aviano una grossa colonna con numerosi mezzi leggeri corazzati ha raggiunto Sacile e sta superandola puntando a Sud. I primi reparti corazzati sovietici vengono in contatto con unità corazzate della brigata ARIETE e della brigata di cavalleria blindata la resistenza dei reparti italiani é eroica ma la disparità numerica è grande e l'inferiorità qualitativa dei mezzi in dotazione ad essi si fa sentire con tutto il suo peso.
Accanto a pochi ed efficienti carri da combattimento LEOPARD, appena avuti in dotazione, l'ARIETE allinea ancora gli M.60, ingombranti e dotati di scarsa mobilità. La loro grande sagoma li rende facilmente individuabili e quindi facile preda del nemico che si serve invece di mezzi estremamente bassi ed appiattiti, agevolmente occultabili dietro siepi, cespugli ed asperità del terreno. In ogni caso, i pezzi da 115 mm dei carri russi T.62 riescono a colpire gli italiani prima che questi, armati comunque di cannoni da 105 mm, si trovino ad una distanza utile per colpire l'avversario. C'é poi da aggiungere che le unità meccanizzate di Fanteria e quelle dei Carabinieri hanno in dotazione, come carro da accompagnamento, niente meno che l'ormai decrepito M.47 PATTON per cui la situazione presso questi reparti è ancora più tragica. Molti di questi mezzi, come pure un certo numero di M.60 e qualche LEOPARD sono stati sabotati per mancanza di personale. A questi fatti c'é da aggiungere la considerazione di carattere generale e riguardante l'inomogeneità dei mezzi impiegati dai reparti corazzati italiani. Ben tre tipi di carro dalle caratteristiche molto diverse tra loro rendono difficile il coordinamento dell'azione. In effetti l'attacco russo ha colto i corazzati italiani in una situazione riorganizzativa piuttosto complessa. Il tanto auspicato rinnovamento della linea carri, che avrebbe dovuto essere completato già da parecchi anni, ha avuto solo inizio da pochissimi mesi con l'arrivo di un piccolo numero di LEOPARD direttamente dalla Germania, mentre solo i primi esemplari di quelli che dovrebbero essere prodotti in Italia sono stati consegnati. Questa grave situazione, causata dalla errata politica seguita ormai da parecchi anni in Italia, politica tendente a considerare le spese per la difesa inutili ed improduttive ed a cui ultimamente si è aggiunta una crisi economica che ha ulteriormente rallentato già i miseri e ridotti programmi di rinnovamento, si ripete naturalmente presso le altre specialità dell'Esercito. Basta citare la situazione delle compagnie controcarro che hanno in dotazione il semovente M.36 armato di cannone da 90 mm (con scafo derivato dallo storico SHERMAN) che dovrebbe fermare i carri russi muniti a loro volta di pezzo controcarro avente gittata e potenza assai superiori. Comunque l'handicap più grave è forse rappresentato dall'oscurità.
Le truppe italiane, e in special modo quelle corazzate, sono scarsamente addestrate al combattimento notturno, manca una chiara dottrina di impiego e inoltre le apparecchiature ottico-elettroniche necessarie sono quasi del tutto assenti. Solo qualche LEOPARD è dotato di proiettore a raggi infrarossi per la ricerca e il puntamento e ciò è in netto contrasto con quanto avviene per i Sovietici che hanno tutti indistintamente i loro mezzi, dai carri di combattimento ai veicoli cingolati e ruotati per il trasporto delle truppe, muniti di apparati I.R. Inoltre una parte dei T.62 è dotata addirittura di telemetro LASER. D'altra parte i reparti russi hanno un addestramento al combattimento notturno fra i più curati e completi vantando una lunga tradizione in questo campo. Le tecniche e le teorie sull'impiego notturno dei gruppi moto-corazzati estremamente mobili, già sperimentati con successo durante la Il G.M., sono state in seguito ampiamente perfezionate ed aggiornate in modo da sfruttare pienamente e proficuamente tutti quei ritrovati nel campo dell'ottica e della elettronica che via via sono stati introdotti.
ore 04.15 - Ormai albeggia. II comando del V Corpo d'Armata visto l'esito negativo degli scontri fra i corazzati italiani e quelli russi, e temendo anche l'aggiramento da parte delle forze che da Sacile stanno puntando su due direttrici verso Oderzo e Conegliano, ordina il ripiegamento sulla linea del Piave. Il ripiegamento è quanto mai difficile e contrastato. Il bombardamento aereo è continuo e i Russi bombardano e mitragliano praticamente ogni cosa che vedono muovere. In ciò sono anche facilitati dal fatto che la contraerea è quasi inesistente. Solo qualche gruppo di mitragliere Breda-Bofors da 40/70 mm asservite a moderni radar di tiro e munite di perfezionati calcolatori balistici rende la vita difficile ai velivoli russi. Si tratta di poche armi poste a' difesa di qualche centro, importante sede di installazioni militari. I reparti corazzati e motorizzati in movimento sono invece del tutto privi di protezione. L'annoso problema del semovente contraereo, la cui necessità era stata sottolineata più e più volte e di cui naturalmente ora più che mai si sente il bisogno non ha infatti avuto soluzione per le solite, ristrettezze di bilancio. Anche l'adozione da parte della fanteria di una moderna arma automatica polivalente di calibro intorno a 20 mm in grado di essere impiegata efficacemente contro aviogetti a volo radente non è ancora avvenuta. D'altra parte la vecchia Browning 12,7 mm M.2 HB non è certo in grado di essere utilizzata con efficacia contro i Su-7 o MiG-23.
L'attacco è stato in verità rapidissimo e la popolazione, svegliatisi già dai primi attacchi o mai andata a dormire è in preda al panico; alcune strade sono già intasate di profughi diretti a ovest che con automobili sovraccariche cercano di raggiungere le autostrade. Il movimento ostacola ancora ulteriormente i movimenti delle truppe italiane in ritirata. In alcuni casi si assiste a veri e propri schiacciamenti di utilitarie da parte di mezzi corazzati che chiedono, il passo.
ore 06.00 - Da parte sovietica la situazione è la seguente: all'alba i Sovietici sono praticamente padroni delle province di Gorizia (dove la resistenza delle postazioni fisse è ormai episodica) di Udine (eccetto la Carnia dove gli Alpini sono fronteggiati sulla linea Tarcento-San Daniele-Maniago da ingenti truppe motorizzate sovietiche) di Pordenone (dove interi reparti italiani, circondati, si arrendono dopo aver visto che ogni difesa è praticamente travolta dal rullo compressore russo) e buona parte della provincia di Treviso, città destinata a cadere tra poco. Trieste, isolata, non è stata toccata, come non è stata invasa la provincia di Belluno. I Russi stanno dilagando verso la pianura padana e a nord hanno formato uno schieramento che è ormai saldamente formato e che va da Vittorio Veneto al confine jugoslavo sulla direttrice Vittorio Veneto-Maniago-San DanieleTarcento. La situazione si sta aggravando: dalla porta di Gorizia continuano a passare ingenti forze corazzate e motorizzate che si avviano sulle direttrici Portogruaro-Treviso. Ormai esiste un vero e proprio fronte avanzante che va da Conegliano al mare seguendo la linea del Piave. Purtroppo a fronteggiare questa forza esiste ben poco: i reparti residui del V Corpo d'Armata sono troppo deboli per fronteggiare questa marea di ferro e di fuoco, che procede sotto un martellante mantello aereo.
Il IV Corpo d'Armata (tre brigate alpine sulle Dolomiti) sta per essere tagliato fuori dal resto dell'Italia, dal cuneo delle divisioni corazzate sovietiche. Il III Corpo d'Armata che ha i suoi accantonamenti in Lombardia, Piemonte e Liguria (1 divisione corazzata, 2 divisioni fanteria, 1 brigata alpina) non dispone di forze tali che possano essere schierate con efficienza bellica in poche ore: solo alcuni reparti del 1° Reggimento Artiglieria a cavallo si sta attestando sul Mincio.
A sud il VI Corpo d'Armata (1 brigata fanteria), con sede a Bologna, sta cercando di schierarsi sul Po, ma è ostacolato da azioni di disturbo di gruppi di estremisti. Le principali città dell'Emilia sono ormai in mano a gruppi di rivoltosi che stanno aspettando i "liberatori", attesi entro poche ore. Corre voce che alla foce del Po siano avvenuti sbarchi massicci di fanti di marina sovietici: la voce è incontrollata, ma costringe le poche truppe di Ferrara a organizzare una difesa in loco. I cadetti dell'Accademia Militare di Modena hanno occupato il centro della città e si stanno preparando alla difesa, mentre la periferia è saldamente in mano a gruppi di estremisti.
ore 8.00 - Il fronte avanzante corre ormai da Montebelluna a Treviso, a San Dona del Piave. Dalle retrovie giungono sempre nuove forze a grande velocità. Le principali arterie sono tenute sgombre da particolari unità di polizia militari che impediscono qualsiasi movimento ai profughi con metodi quanto mai sbrigativi: molte auto sono state spinte semplicemente fuori strada da mezzi blindati. Alcuni pullman che erano stati fatti mettere per traverso sulla statale Portogruaro-San Donà all'altezza di Ceggia sono stati demoliti a cannonate. Numerosi i morti tra i civili del paese perché numerose case sono state colpite. L'occupazione di Treviso permette ormai l'uso degli aeroporti di Istrana e di San Angelo sebbene con attività alquanto ridotta dato che sia la pista che il complesso delle basi sono state prima danneggiate da bombardamenti sovietici e poi fatte saltare pochi minuti prima delle otto dai reparti dell'A.M.I. che si sono ritirati verso Vicenza. Numerosi ì velivoli che, non potendosi alzare in volo, sono stati fatti saltare.
Venezia è minacciata: unica difesa della città reparti di lagunari che si stanno ritirando combattendo dal Piave. Alcuni ponti sul Piave sono stati fatti saltare ma l'inesistenza di difese fisse e organizzate non hanno impedito che i reparti sovietici attraversassero i greti dei fiumi in secco. D'altra parte é stata notata la presenza dì grossi reparti di genio pontieri tra le forze avanzanti dotati dì carri gettaponte T-54 MTU. Il traffico dei profughi nelle zone occupate é andato via via diminuendo sino ad arrestarsi: ormai le popolazioni, passato l'uragano della prima linea cercano dì rientrare alle loro case sperando nella fortuna e nella benevolenza dei "liberatori". In numerosi comuni sventolano le bandiere rosse.
ore 8.30 - Il 2° Stm., incaricato della copertura aerea dei reparti del V Corpo d'Armata ha avuto la sua base occupata e i suoi aerei distrutti senza poter intervenire. Per opporsi alle colonne nemiche che avanzano i comandi chiedono quindi l'intervento del 101° Grp. (8° Stm.) basato a Cervia. Per i G.91Y del reparto il teatro d'operazione é piuttosto lontano e non permette una lunga permanenza sul bersaglio, se non si vuole penalizzare troppo il carico bellico. Cinque G.91Y partono con carico composto di bombe da 225 kg e razzi HVAR. Un sesto esemplare, già portato alla linea di volo, non è partito per irregolarità nel funzionamento di un turboreattore.


L'attacco sovietico del 27 Giugno


ore 8.40 - Le segnalazioni che giungono ai piloti sono imprecise circa la posizione delle forze nemiche. L"'head up display" funziona solo su due aerei; nessuno ha la mappa mobile con l'indicatore di posizione: sono le conseguenze delle economie del governo. Gli aerei si separano ed iniziano a pattugliare. Due riescono a scorgere una colonna russa in movimento verso Mestre. E' composta da carri T-62 accompagnati da trasporti corazzati, gruppi contraerei e semoventi. I due piloti hanno l'impressione che la colonna marci molto velocemente. Chiamando anche gli altri tre aerei, i due G.91Y si abbassano in picchiata per attaccare. L'azione coglie di sorpresa la colonna sovietica, la cui contraerea comincia a sparare solo dopo che le prime granate dì 30 mm hanno cominciato a esplodere tra i veicoli. Pare che i proiettili dei DEFA non ottengano buoni risultati contro le corazze dei T-62. Migliore è l'effetto dei razzi. Alcuni carri sono
immobilizzati. Lo sgancio delle prime quattro bombe non ha nessun effetto: nessuna ha colpito il bersaglio. Intanto cominciano a fiorire gli scoppi della contraerea. L'altra coppia di G.91Y attacca da una posizione differente. Ormai però la reazione contraerea sì fa efficace impedendo il puntamento agli aerei attaccanti: dalla colonna sparano le ZPU-4 quadrinate da 14,5 mm e i carri SU-57 con i due pezzi da 57 mm. In coda alla colonna c'è anche un lanciatore di missili GAINFUL che entra in funzione. I primi due G.91Y terminate le munizioni abbandonano l'area. La seconda coppia sgancia le bombe con una certa imprecisione e solo i razzi ottengono qualche risultato. Uno dei due aerei é però colpito ad un'ala dal fuoco delle mitragliatrici; in lontananza i Russi vedono il pilota gettarsi fuori. Il più sfortunato è il quinto G.91 che non riesce nemmeno a raggiungere la distanza del contatto balistico, colpito in pieno da un missile GAINFUL. Tre carri T-62 sono stati colpiti (due sono andati distrutti), alcune jeep bruciano. In effetti, la marcia della colonna é solo stata rallentata dalla missione del 101° Grp., che sarà una delle ultime missioni dell'A.M.I.
ore 12.00 - Vicenza e Padova vengono occupate. La difesa della città era stata affidata alle retroguardie dei reparti del V Corpo, a reparti V.A.M. dell'aeroporto di Padova e a reparti del IV Battaglione dei Carabinieri. A Vicenza, il comando N.A.T.O. é stato evacuato d'urgenza: da alcune ore si erano accesi falò di documenti nei cortili. Una stazione radio che si proclama Radio Italia Libera continua ad emettere comunicati che invitano le truppe italiane alla diserzione e invita in inglese ì reparti N.A.T.O. a restare ai loro posti: i militari non italiani non avranno nessuna noia da parte dei "volontari sovietici".
Nelle prime ore del pomeriggio si delineano chiaramente due direttrici una verso Verona e poi Brescia e Cremona e un'altra verso Rovigo, poi Ferrara, Bologna e gli Appennini.
ore 16.00 - Bologna é insorta ed é in mano ad estremisti filo-sovietici. Le ingenti forze di Polizia e dì Carabinieri sono ormai asserragliate in alcuni punti strategici ma gran parte del capoluogo é in mano ai rivoltosi. Giunge anche notizia che tra Forlì e Ravenna é avvenuto un massiccio sbarco di truppe elitrasportate con mezzi blindati BTR-40, artiglieria anticarro, mezzi antiaerei SU-57, e numerosi reparti di truppe leggere destinati evidentemente ad essere impiegati in operazioni sugli Appennini. Le bocche del Po sono presidiate da commando sovietici. Il VI Corpo d'Armata con le truppe decimate dai continui e precisi bombardamenti aerei e praticamente isolate da questa azione avvolgente, chiede di trattare la resa. Le truppe del III Corpo d'Armata si stanno ritirando combattendo dal Mincio verso Milano e Piacenza. Truppe provenienti da Alessandria stanno confluendo su questa città.
Sulla base di Ghedi gli F-104G del 6° Stm. sono in allarme già dalla sera precedente. L'incontenibile avanzata sovietica però, unita alla incapacità pratica degli F-104G di compiere validamente missioni di attacco al suolo, consiglia dì sgomberare la base. Gli aviogetti si portano sulla base di Cameri, che sembra per il momento più sicura, e sì uniscono agli altri F-104G del 156° Gruppo. Le colonne avanzanti hanno sempre una copertura aerea assicurata dai MiG-23 ad alta quota e Su-11 a quota inferiore e gli F-104G intervengono solo sporadicamente. Alcune colonne sono attaccate con bombe leggere senza risultati apprezzabili. Due aerei sono intercettati e abbattuti da un gruppo di FLAGON. Dopo solo due missioni, gli F-104G rinunciano allo "strike". C'è naturalmente chi vorrebbe impiegare bombe atomiche tattiche, me c'è il problema della "doppia chiave" (la seconda é tenuta da ufficiali N.A.T.O.) e poi le testate sono custodite a Ghedi che é ormai in mano al nemico. Tra Pisa e Livorno si sta disponendo a difesa anche la divisione FOLGORE.
Con l'avvicinarsi delle truppe sovietiche l'allarme si abbassa verso Sud. A Grosseto il 9° Gruppo (4° Stm.) é in allarme con i suoi F-104G. La situazione però si presenta grave. Giunge la notizia che le basi di Cervia e Rimini-Miramare sono sottoposte a bombardamento. Anche a Grosseto sono basati gli F-104G che non possono che confermare l'inadeguatezza di uno schieramento difensivo basato sul solo binomio F-104/G.91. Prima che il reparto possa aver messo insieme piloti e velivoli giunge l'ordine del "cessate il fuoco". A Pistoia, il 50° Stm., impegnato nella transizione dagli F-84F agli F-104G è stato colto privo di piloti e non ha potuto organizzare alcuna operazione.
ore 18.00 - Le truppe russe hanno ormai occupato Brescia e Cremona a ovest, e quasi completamente l'Emilia-Romagna a sud. Verona solo ora sta per essere investita dai reparti sovietici mentre le avanguardie l'avevano accuratamente superata, limitandosi a controllare e bloccare gli accessi. A seguito di un terrificante bombardamento sulla base di Villafranca (da dove peraltro la 3.a A/B R.T. ha già da alcune ore evacuato), un gruppo di ufficiali N.A.T.O. é restato imbottigliato a Verona. Mentre si attende da un momento all'altro l'occupazione della città gli uffici della N.A.T.O. continuano a bruciare tonnellate di documenti. Le basi di Miramare e di Cervia sono state sottoposte a un pesante martellamento alle installazioni. I reparti ivi di stanza, 5° Stm. e 8° Stm. avevano evacuato, con quanto possibile, verso sud nelle prime ore del pomeriggio.
ore 19.00 - Al momento del cessate il fuoco la situazione è praticamente la seguente: a ovest truppe corazzate lanciate alla conquista di Milano e Piacenza (ma non ancora occupate: la difesa é, specialmente in questa ultima città, abbastanza organizzata). A nord: il IV Corpo d'Armata (alpino) é rimasto praticamente intoccato ma é praticamente isolato in Trentino-Alto Adige. I suoi movimenti sono controllati da una ricognizione armata che spara su ogni mezzo militare che vede e sulle caserme e depositi. Nella Carnia, la brigata alpina JULIA si trova nella stessa situazione. A sud l'Emilia é praticamente occupata e i primi reparti elitrasportati sovietici si accingono a superare gli Appennini.
Probabilmente, se intervenissero tempestivamente unità della N.A.T.O. e Americane sarebbe ancora possibile difendere la penisola e la parte occidentale del Nord. I I prezzo sarebbe senza dubbio lo scoppio della I I I G.M.

FRONTE MARITTIMO
ore 00.15 - I primi reparti di commando sovietici prendono terra in diversi punti a nord di Pesaro e a sud del Monte Conero. Ovviamente, giacché questi reparti sono in possesso di esattissime carte, non tardano a prendere possesso dei punti prestabiliti. Nulla la resistenza, sia per la sorpresa sia perché i vari reparti italiani stanno cercando di organizzarsi, dopo che é stato annunciato l'attacco sovietico. Unica reazione é quella di un contadino che spara con la sua doppietta contro una pattuglia sovietica, avendola scambiata per un gruppo di ladri di galline.
In prossimità delle installazioni di Monte Cornero la difesa é invece vivace e i commando vengono respinti con gravi perdite.
ore 00.30 - I Sovietici, a jamming iniziato, danno il via ad una serie di operazioni preventive: aerei Tupolev Tu-22 BADGER alzatisi dagli aeroporti jugoslavi iniziano operazioni di minamento con armi magnetico-acustiche e a pressione. A questa operazione sono interessate le principali basi navali italiane e alcuni punti chiave: Taranto, l'Adriatico (tra Brindisi e Ancona) e La Spezia. L'azione dei velivoli sovietici, assolutamente incontrastata, crea una serie di gravi problemi per quanto concerne l'applicazione pratica del Piano Operativo messo a punto poche ore prima. Prescindendo dal fatto che non esistono mezzi efficaci contro le mine a pressione (d'altronde nessuna Marin a ne possiede ancora) e data la poca disponibilità di personale (periodo di "ponte") le operazioni di smistamento non possono aver subito inizio. Inoltre la situazione é aggravata dal fatto che a Taranto le unità della Il Divisione sono state sorprese dalle operazioni dì minamento mentre, a seguito dei ritardi nel reperire il personale e nel completare le dotazioni, le unità evoluivano nel Mar Piccolo per uscire con il ponte delle 00.10. Infatti, a causa appunto del grado di approntamento era stato deciso di mantenere l'orario consueto di apertura del ponte. Sebbene alcuni comandi abbiano chiesto l'autorizzazione ad aprire il fuoco contro gli aerei, tale autorizzazione é giunta da CINCNAV troppo tardi, anche per il fatto che, malgrado vigano dispo sizioni di reagire se attaccati, si hanno avuti dubbi se si trattasse di un vero e proprio attacco. Pertanto, si decide di differire tutto all'indomani mattina: oltre i dragamine disponibili, si impiegheranno sommozzatori che dovranno reperire sul fondo le singole armi e procedere alla loro disattivazione manuale. Questo, tuttavia, implica che, nella migliore delle ipotesi, le rotte di uscita non potranno essere bonificate prima della tarda serata di domenica.
ore 01.30 - Un gruppo di unità jugoslave in fase di rientro, dopo aver sbarcato incursori nel delta del Po, incrocia le cannoniere BALENO .e FRECCIA. Breve scambio di colpi a distanza ravvicinata, ma poiché entrambe le forze manovrano ad alta velocità non debbono registrarsi colpi a segno agli scafi. Alcuni feriti sulle unità italiane a causa del tiro delle armi di piccolo calibro delle unità jugoslave.
ore 03.00 - Le unità della I Divisione, staccatesi dalla VI Fleet alle ore 21 del giorno prima e le cui mosse sono state seguite da alcune unità spie sovietiche che, come al solito si trovano, al largo delle formazioni N.A.T.O., rilevano la presenza di alcuni. battelli sconosciuti. Per l'ammiraglio comandante la divisione non vi sono dubbi: si tratta di sottomarini sovietici. Sono infatti due unità della classe F inviate al largo di Cagliari in zona di pattugliamento/agguato. Per l'esattezza i sottomarini sovietici in quel momento impiegati in vari punti del Mediterraneo sono 17: tre F nel canale di Otranto, due W a sud di S. Maria di Leuca, quattro F a sud e a nord di Messina, quattro F al largo di Napoli e Cagliari e quattro W tra il canale di Piombino e il golfo di Genova. Considerato che l'attacco sovietico é ormai in atto, il Comando Divisione, informando nello stesso tempo lo Stato Maggiore della Marina, decide di attaccare con gli elicotteri AB.204 'dei DORIA e dell'ALPINO. Purtroppo la scarsità di siluri A.S. autocercanti Mk.44 con testa in guerra consente di armare solo tre elicotteri (due del
DORIA e uno dell'ALPINO) col risultato che soltanto una coppia é in grado di agire contro un battello trascurando l'altro. Tuttavia, considerato che il piano sovietico implica un'offensiva aero-terrestre ma una stasi in campo navale, anche perché si pensa, a ragione, che ciò sia sufficiente a mettere in crisi il dispositivo difensivo italiano, i battelli interrompono il contatto e le navi italiane, che sono state sollecitate a raggiungere al più presto Gaeta, proseguono la loro marcia.
ore 04.30 - Le motocannoniere FRECCIA e BALENO entrano in azione mitragliando la strada costiera tra Monfalcone e Trieste.
ore 06.00 - Il Capo del Governo comunica al C.S.M. della Marina che il Governo si riserva di decidere se avvalersi o meno delle navi della i Divisione per un eventuale trasporto dei Ministri in Sardegna.
ore 08.00 - I sabotatori sbarcati sulla costa adriatica debbono fronteggiare alcune reazioni locali più che altro dovute ad iniziative personali di alcuni comandi. Gli incursori di COMSUBIN vengono allertati. Purtroppo é noto che difficilmente potranno essere impiegati in aviolanci. La base di Pisa-San Giusto, sede della 46.a A/B Trasporti é stata da pochi minuti sottoposta ad un massiccio bombardamento di precisione, invano ostacolato da una coppia di F.104G del 9° Gruppo decollata da Grosseto.
ore 11.00 - Le unità della I Divisione giungono nelle acque di Gaeta.
ore 14.28 - Da Taranto le navi della Il Divisione sono in grado di uscire essendo stato liberato uno stretto passaggio. Mentre dirigono, verso l'uscita dei Golfo, la squadra sovietica, mantenendo una distanza intorno alle 80 mg. (cioè nel raggio di azione dei propri missili superficiesuperficie SHADDOCK) segue i movimenti delle unità italiane.
ore 16.30 - Le motocannoniere convertibili FRECCIA e BALENO e il caccia LANCIERE vengono attaccati da forze aeree e affondate al largo di Venezia mentre cercano di dirigere verso Sud.
ore 19.00 - All'atto del cessate il fuoco le unità della Marina Militare dirigono verso le rispettive basi: la I Divisione navale verso La Spezia, la ll Divisione rientra a Taranto. La III Divisione, l'unica che deve lamentare alcune perdite, a parte le unità distrutte a Venezia non si é praticamente mossa. La IV Divisione rientra ad Augusta dove giunge nella notte tra domenica e lunedì. I sottomarini rientrano a Taranto; alla notizia del cessate il fuoco non vi sono stati atti di insubordinazione o di ammutinamento su nessuna unità.

LUNEDI' 28 GIUGNO 1971

ROMA
ore 10.00 - A Montecitorio, l'on. Curto dal banco del Governo, attorniato dai nuovi ministri pronunzia il suo discorso programmatico: malgrado sia alquanto contorto e fumoso, degno della migliore tradizione democristiana, i giornalisti parlamentari più sottili comprendono che il programma governativo si basa principalmente su questi punti: uscita dell'Italia dalla N.A.T.O., neutralizzazione della Penisola, trattato di amicizia italo-sovietica, abbandono da parte degli Americani delle basi. II tutto condito da sei mesi di tregua sindacale, in attesa che il parlamento vari nuove leggi sul lavoro. Ambiguamente é stato assicurato che l'iniziativa. privata non sarà, per il momento, toccata, e che comunque saranno nazionalizzati eventualmente solo i mezzi di trasporto e i suoi ausiliari, i farmaceutici, e l'industria meccanica e pesante. Il governo riceve l'investitura con grande maggioranza. Si notano comunque ampi vuoti al centro e a destra (missini e socialdemocratici sono assenti, presenti solo alcuni monarchici e liberali). Si vocifera che numerosi degli assenti siano fuggiti. Si sussurra anche che alcuni sono stati arrestati per un complotto contro la Repubblica.
ore 12.00 - Giungono a Roma i primi reparti sovietici destinati ad essere "ospitati" in alcune caserme della capitale.
ore 15.00 - L'on. Curto pronuncia a Palazzo Madama il discorso programmatico dinanzi al Senato: la situazione e il voto della Camera si ripetono. Numerosi gli assenti (anche qui non sono presenti missini, socialdemocratici, monarchici e liberali).
ore 20.30 - Il Telegiornale della sera informa che, ascoltando le varie richieste popolari il Governo durante il suo primo consiglio dei Ministri ha deciso di uscire dalla N.A.T.O e di iniziare trattative per giungere al più presto alla firma di un Trattato di amicizia con l'Unione Sovietica, e all'abbandono da parte degli U.S.A. delle basi militari. Il Telegiornale comunica anche che il Ministro del Lavoro, on. Cadibona, P.C.I., ha ricevuto i rappresentanti dei sindacati che hanno dato ampie assicurazioni che per almeno sei mesi non vi saranno scioperi di alcun genere, essendo i Sindacati sicuri che il Governo saprà risolvere in breve tempo sia il problema della casa per tutti che della pensione, sia l'aumento della retribuzione, sia i problemi assistenziali, sia il problema dell'inquinamento che della pubblica istruzione. Con oggi lunedì 28 giugno 1971, l'Italia entra tra i felici paesi socialisti.
Queste sono state le ultime 100 ore di convulsa libertà in Italia.

ALTRE LOCALITA'
ore 8.00 - Tutti gli stabilimenti riprendono a lavorare normalmente in Piemonte, Lombardia, Liguria e, danni consentendo, anche in Emilia-Romagna e Veneto. Durante la notte sono giunte in tutte le principali città del nord i primi reparti destinati a essere "ospitati" nelle caserme italiane. Non si vedono molti mezzi russi in giro e a molti sembra che la "guerra lampo" dì domenica non sia stata che una favola raccontata da viaggiatori visionari. I giornali del lunedì che hanno visto rapidamente installarsi presso di loro un regolare ufficio di censura, danno poco rilievo ai fatti della domenica dedicandosi invece ad esaltare la pace ritrovata e le capacità di governo del nuovo ministero. Le frontiere sono bloccate dalla mezzanotte di domenica come pure le comunicazioni aeree e dei traghetti, ore 10.00 - La notizia della capitolazione italiana provoca reazioni assai differenti: il PSU, il PRI, la destra DC e il PLI, in una dichiarazione comune stilata a Napoli dichiarano che non accetteranno mai un governo di tipo sovietico. Il loro ricorso alla N.A.T.O. e agli Americani sarà immediato. Intanto, preannunciano la costituzione dì un Comitato di Liberazione Nazionale, che, se necessario, si trasferirà fuori del territorio nazionale, e per intanto pare voglia trasferirsi a Cagliari. Detto Comitato chiederà agli Alleati e alle Nazioni Unite il riconoscimento quale unico governo legittimo democratico italiano'.
II MSI, per bocca di un suo alto esponente a Bari, accusa la connivenza del Governo coi comunisti, e dichiara che le Avanguardie Nazionali, il FUAN e il Movimento tutto reagiranno, ovunque sì trovino, all'invasione marxista. I Giovani del MSI, prosegue l'esponente, sono già all'attacco in Valtellina, nel Molise, nell'Alta Sabina e, in genere, in tutto il Sud.
Il PDIUM, per bocca del gen. Bergonzi, che si trova a Palermo, dichiara che appoggerà la posizione del MSI.
ore 12.00 - Una enorme folla al Molo Beverello, a Napoli, per accogliere la Flotta Sovietica del Mediterraneo: mentre un oratore prende la parola per accogliere nelle truppe del "grande paese fratello" i liberatori e gli emancipatori del sud oppresso e deriso.
ore 14.00 - L'Associazione dei Cattolici Progressisti (la cosiddetta Pus Christi) dichiara che appoggerà il nuovo Governo nella scia - aggiunge - dell'insegnamento di un nostro Grande Capo ora defunto, e per ammirazione verso quel meraviglioso senso dì unità, umiltà ed obbedienza all'Autorità, che sono nel Comunismo tanto vicini alle posizioni della Chiesa Cattolica della Controriforma: la Chiesa ha subito infatti numerosi inganni da parte delle forze cosiddette democratiche e liberali.
ore 15.00 - Le frontiere vengono riaperte ma sono state impartite alla Guardia di Finanza severissime disposizioni. Il traffico é lentissimo perché ogni auto in uscita, ogni viaggiatore in partenza viene minuziosamente controllato e perquisito. Treni e aerei accumulano ritardi mai visti. Ogni viaggiatore che viene trovato con oggetti di valore o con denaro superiore alle 500.000 lire viene rinviato a casa e denunciato, previa confisca degli oggetti o del denaro.
Sì é sparsa la voce che é in corso un ampio movimento dì fuga da parte di benestanti con motoscafi dalla Liguria verso la Francia e dalle coste toscane verso la Corsica. Si dice che alcuni yacht abbiano anche raggiunta la Grecia da località del sud. L'intervento di elicotteri e di vedette della Finanza é stato immediato ma i mezzi sì sono rivelati insufficienti a controllare l'intenso traffico che si é sviluppato principalmente durante la notte. A Milano e a Verona gli stabilimenti grafici che stampano periodici sono sotto il controllo di funzionari del P.C.I. Anche le sedi della RAI-TV sono ormai controllati da cellule P.C.I. di dipendenti dello stesso ente radio-televisivo.
ore 16 - II Presidente Americano dichiara che l'attacco all'Italia costituisce un'aperta violazione dello status quo, delle libertà democratiche, degli accordi di Yalta e dello spirito delle Nazioni Unite. E aggiunge che, mentre gli Stati Uniti non desiderano un estendersi dì conflitti in Europa, tuttavia non potranno che tentare di convincere l'Unione Sovietica che il suo intervento, inatteso, é da considerare gravissimo. Gli Stati Uniti, conclude, lo giudicano con estrema severità.
ore 21.00 - Giunge notizia radiofonica da Tirana che sì é colà costituito un Comitato degli Italiani Socialisti Liberi. Detto comunicato ha già ottenuto anche il riconoscimento della Repubblica Popolare Cinese. Il popolo cinese e il popolo albanese - prosegue la comunicazione - sono vicini al popolo italiano e non mancheranno di svolgere tutte le attività che saranno necessarie per liberare i lavoratori italiani "dalle violenze da nuovi zar compiute dalla cricca dei revisionisti sovietici".

 

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