Forum : Storia moderna

Soggetto : Le difese del Suribachi

 frengo :

15/12/2006 17:40
 ciao a tutti
mi sto informnado riguardo le fortificazioni che i giapponesi costruirono per difendere l'isola di iwo jima in particalare mi interesserebberole postazioni nipponiche sul monte suribachi che resero particolarmente dura la vita ai marines costringendoli a neutralizzarli uno ad uno.
ho letto che l'interno del monte era fortificato con un impianto di gallerie su sette livelli con sbocchi per tiratori, mitraglieri, postazioni controcarro, mortai .... costruiti in modo da resistere a giorni di cannonneggiamento da parte delle navi alleate soptattutto da restare quasi invisibili ai marines....

e ora la domanda esternamente come apparivano le postazioni divensive?
fessure da cui spuntava la canna della mitragliatrice, strutture in legno o piccoli bunker in cemento armato con feritoie?
considerando che hanno resistico al cannonneggiamento dei grossi calibri navali ho pensato all'ultima soluzione che ne dite?
non avete foto disegni o documenti che descrivno queste difese??

grazie per l'aiuto
ciao Francesco

 skorpio62 :

15/12/2006 18:29
 Io avevo una pubblicazione della Osprey ma, non interessandomi molto, l'ho cancellata.
Puoi provare a trovarla in rete.
Stefano

 PanzerBAER :

16/12/2006 01:48
 Questa penso :)

Japanese Pacific Island Defenses 1941–45 (Fortress 1)
Author: Gordon L Rottman
Illustrator: Ian Palmer
Availability: In stock
http://www.ospreypublishing.com/title_detail.php/title=S4280~ser=FOR

 frengo :

16/12/2006 12:14
 il volume da te indicato è molto interessate ma è orientato quasi esclusivamente su postazioni realizzate a okinawa e soprattutto non mi sembra citi i bunker in cemento

grazie ugualmente per le informazioni

ciao Francesco

 Francesco Tedeschi :

16/12/2006 17:31
 L'argomento è veramente, o meglio, grandemente interessante: lo storico ed ex marine W. Manchester, nel suo libro "Tenebre addio" (che ho citato in un altro post, riguardo la bandiera, cosi scrive: "(...) gli attacchi aerei su Iwo avevano preavvertito della imminente invasione, e navi trasporto avevano rimpolpato la sua guarnigione accrescendola fino a 21.000 uomini con alla testa marines giapponesi. Kuribayashi aveva trasformato i suoi uomini in supertalpe intente a scavare la dura roccia 'konhake'. Essi costruirono 750 postazioni per cannoni e casematte con muri in cemento spessi un metro e mezzo, rinforzati, in certi casi, con una copertura di 15 metri di terra. Soltanto sotto il monte Suribachi si trovava un magazzino di 4 piani eu un ospedale sotterraneo. A sud del vulcano si estendevano fortificazioni che formavano una cintura di ferro: cerano nel complesso 13.000 metri di gallerie e 5000 tra caverne e fortini, 1000 solo sul Suribachi. (...)"
Visitare oggi Iwo Jima è difficile; in verità lo era già da prima, perchÈ l'isola è stata occupata fino al 1968 dagli americani; da allora è ritornata sotto controllo giapponese, ma non è cambiato nulla. Manchester racconta che per andarci occorreva l'autorizzazione da Washington. L'impressione che si ha appena giunti sull'isola è sulfurea, non soltanto per l'aria impregnata di vapori vulcanici ma perchÈ sembra tutto rimasto come allora.
Sul Sole 24 Ore di oggi c'è un articolo reportage sull'isola, il quale non lascia dubbi su cosa sia l'sola oggi: niente bar, hotel, ristoranti, case private, telefonini, ma solo soldati, 350, e top gun intenti ad addestrarsi con gli F15J. Non si può emulare l'immagine della battaglia issando bandiere americane sulla cima del Suribachi nÈ toccare o peggio raccogliere i sassi di Iwo: è terra sacra, impregnata del sangue di 13.000 giapponesi ignoti, ancora oggi nascosti tra le viscere, le pietre, la polvere vulcanica dell'isola...

 frengo :

16/12/2006 18:00
 grazie Francesco
proverò a cercare il libro da te citato.. intanto non riusciresti a fermi avere l'articolo di cui parli

ciao Francesco

 Francesco Tedeschi :

18/12/2006 12:32
 caro Francesco, il libro è il seguente:
William Manchester "TENEBRE ADDIO - Ricordi della guerra del Pacifico", Mondadori, Milano, 1982, collezione "Le Scie";
Riporto una sintesi dell'articolo(l'ho trascritto, perchÈ complicato da scannerizzare... :-? ) e non è firmato a causa dello sciopero dei giornalisti.

Il Sole 24 Ore, sabato 16 dicembre 2006, n. 339, pag. 8
TOKYIO RISCOPRE IL PATRIOTTISMO
L'orgoglio di Iwo Jima, l'isola teatro della battaglia con gli Usa
"Non alzate la bandiera sul monte Suribachi!". L'ordine e del Comando della Marina Usa di Yokosuka, destinatari tutti i membri delle forze armate americane in Giappone. Il caporale Dewitt, dei marines di stanza a Iwakuni, è in visita di studio e addestramento a Iwo Jima e legge questa frase sottolineata in grassetto nel manifesto affisso nei locali sotto la torre dell'aeroporto. "Qui siamo solo ospiti, oggi possiamo venire qui solo per concessione di cortesia", dice.
L'isola, 1.250 chilometri a Sud di Tokyo che fu teatro di una delle piú sanguinose battaglie della Seconda guerra mondiale è oggi, come 61 anni fa, un avamposto cruciale nel sistema di difesa giapponese, votato alle operazioni di addestramento, al pattugliamento e ai rifornimenti logistici. I marines se ne sono andati nel 1968, portandosi via i corpi dissotterrati dei loro caduti, e ora sono tenuti a rispettare con tutti gli scrupoli la sovranità giapponese sui 22 chilometri la cui conquista costò 7mila morti e 19mila feriti. Non ci sono hotel ristoranti, case private, trasporti pubblici o televisori. I telefonini non funzionano, nessun turista è ammesso: è una enclave esclusiva per 350 militari, due terzi della Marina e un terzo dell'Aviazione.
Sulla pista dell'aeroporto stazionano i pesanti aerei da trasporto Kawasaki C-1, mentre gli F-15 Eagle con il disco rosso sui quali si addestrano i Top Gun nipponici sfrecciano sull'unica altura (169 metri)di questa isoletta insolitamente piatta: il monte Suribachi, dove il 23 febbraio 1945 "la Old Glory fu alzata da membri del secondo battaglione, 28esimo reggimento, Quinta dvisione dei Marines", come recita l'iscrizione sul monumento commemorativo dell'impresa immortalata da Joe Rosenthal. Li accanto ci sono due pilastri votivi in omaggio dei kamikaze della prima e seconda unità speciale Mitate, e poco piú in là spicca il monumento piú grande: quello ai 21mila caduti giapponesi.
Ha una lapide con l'effige del Paese, con pietre portate da tutte le 47 prefetture della nazione, davanti alla quale stanno una pentola di incenso con a destra una lattina di birra e a sinistra una bottiglia di sakè a conforto delle anime.
"Non toccate le pietre e i sassi di Iwo Jima, e sopratutto non portateli via da qui", raccomanda il Lieutenant commander ("maggiore") Nagaya della Marina. "Sono impregnati degli spiriti dei nostri morti. In 13mila sono qui, non identificati. Ogni anno proseguiamo le ricerche. Questa è terra sacra alla nazione". (...)
In autunno ha avuto successo il film di Clint Eastwood Flags of our Fathers sui marines che piantarono la bandiera a stelle e strisce sul monte Suribachi, e lo scorso week-end - in contemporanea a un documentario della Fuji Tv - è uscito il secondo film di Eastwood Letters from Iwo Jima, che offre una visione della battaglia dal versante giapponese. (...) Ken Watanabe dà fascino alla figura del genrale Tadamichi Kuribashi, il comandante delle difese di Iwo Jima che con le sue tattiche non ortodosse riuscì a far durare per 36 giorni una resitenza che gli Usa pensavano di piegare in 5 giorni. Basta oggi una vistia alla caverna-ospedale della Marina per ammutolire di fronte all'idea delle condizioni in cui si protrasse questa resistenza: senza cibo e acqua e fra i cadaveri dei commilitoni.
A Iwo Jima, piú che i monumenti separati in cima al Suribachi, commuove la "Reunion of Honor", la lapide congiunta posta a mezza costa dai veterani delle due parti, a pegno di perenne riconciliazione. "Portiamo qui la stampa straniera perchÈ possa avere maggiore consapevolezza e comprensione riguardo alla nostra difesa nazionale", dice il funzionario dell'Agenzia della Difesa, Hiroyuki Iguchi. (...)
ma un occhio italiano - nella memoria della nostra anti Iwo Jima, la Pantelleria dell'anti-Kuribayashi ammiraglio paves che si arrende senza combattere - può vedere in una prospettiva piú pietosa quei caduti: morti gloriosamente per la Patria, ossia per ritardare di qualche giorno una avanzata inarrestabile dopo la caduta di Saipan e l'annientamento della Marina imperiale a Leyte. con il risultato di uccidere trioppi americani e spingerli cosi alla decisione piú brutale: finire la guerra con il fungo atomico.
I siti ufficiali dei fim di Eastwood:
www.flagsofourfathers.com
http://iwojimathemovie.warnerbros.com

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