Ormai a parecchi mesi dall’uscita sul mercato del modello AFV dedicato al carro M60A1 desidero iniziare un articolo con il quale descriverò il montaggio e la colorazione di questo modello al fine ben poco modesto di guidare ai modellisti italiani nel riprodurre un carro in servizio nell’Esercito Italiano riproducendo nel contempo le poche modifiche che la Forza Armata introdusse.
Questo perché, non ostante il carro sia stato uno dei simboli del carsismo moderno italiano, i suoi modelli non sono molto diffusi tra i compatrioti. Spero che le mie considerazioni siano di stimolo per altri nel dedicarsi a questo carro.
L’articolo sarà diviso in alcuni capitoli che daranno alcune informazioni di base sulla storia del veicolo nel servizio con l’EI (non la storia del mezzo che si trova facilmente in rete), note tecniche utili al modellista ed altre di interesse generale, indicazioni sulla realizzazione del modello, sulla colorazione e sulle insegne.
Iniziamo quindi con alcuni cenni storici sperando di fare un lavoro gradito.
UN PO’ DI STORIA
Come detto non scriverò dell’evoluzione del mezzo in quanto facilmente reperibile e sostanzialmente inutile dato che l’EI mantenne in servizio una sola versione per quasi trenta anni senza apportare sostanziali modifiche, concentrandomi invece su alcune informazioni specifiche per la versione italiana.
Innanzitutto è bene chiarire che i carri acquisiti da EI erano basati sul modello basico progettato da Crysler nel 1962, questo perché al momento dell’ingresso in servizio del veicolo, US Army aveva già iniziato ad introdurre alcune modifiche minori che non vennero però incluse sui carri italiani che mantennero la stessa configurazione su tutti i veicoli ad esclusione di un particolare del quale parleremo più avanti: la torretta.
Come noto il carro entrò ufficialmente in servizio in Italia quando giunsero i primi 51 esemplari destinati ad equipaggiare il 1° Reggimento Bersaglieri Corazzato della Divisione Centauro (1).
All’epoca EI aveva intenzione di dotarsi di un notevole numero di M60A1 (almeno 1.000) con l’intenzione di sostituire, almeno nei reparti più avanzati, il carro M47 che già all’epoca risultava obsoleto e che pure rimase in servizio per altri vent’anni. La cifra totale venne poi drasticamente ridotta a soli 300 esemplari perché nel frattempo la Forza Armata aveva deciso di concentrarsi sul carro tedesco Leopard che venne acquistato in ben 920 esemplari (escluse le versioni speciali).
I carri vennero acquistati in tre trance per le quali fornisco le targhe (2):
- 100 esemplari giunti direttamente dagli Stati Uniti in due fasi rispettivamente di 78 esemplari nel 1965 e 22 nel 1966;
- 95 esemplari realizzati in Italia nel 1969;
- 105 esemplari realizzati in Italia nel 1970;
I carri forniti dagli Stati Uniti avevano targa da EI 112821 a EI 112921 mentre i carri realizzati in Italia avevano targa da EI 115232 a EI 115432 (2)
Se inizialmente i carri dovevano essere distribuiti alle Divisioni Centauro ed Ariete alla fine EI decise di concentrare tutti i veicoli presso l’Ariete che stazionava in Friuli dove ne era previsto l’impiego immediato in caso di attacco da parte delle truppe del Patto di Varsavia rendendo così superflua la necessità di spostare i carri date anche le imponenti dimensioni che ne annullavano di fatto la mobilità strategica. Erano infatti necessarie complesse operazioni di adattamento per il trasporto ferroviario non avendo l’EI di fatto in dotazione complessi portacarri adatti ai lunghi percorsi e tanto potendo affidarsi a ditte esterne come avvenne poi con il carro ARIETE.
A partire dal 1975 la situazione dei reparti che ebbero in servizio il carro è riportata nella seguente tabella, tenendo presente che nel 1985, a seguito di ulteriore riforma che portò alla soppressione del livello divisionale e al ripristino di quello reggimentale, avvenne un’ulteriore distribuzione dei reparti fino al 1996 quando gli ultimi carri, ormai in servizio solo presso la 132^ Brigata Corazzata ARIETE vennero definitivamente dimessi e sostituiti con i Leopard recuperati da altri reparti sciolti a seguito della progressiva contrazione dello strumento militare terrestre.
Ordinamento reparti M60A1Come ben noto l’unico impiego veramente operativo degli M60A1 italiani avvenne nel 1992 durante l’operazione “IBIS” in Somalia quando un’aliquota di carri del 132° Reggimento della “Ariete” venne inviata nel paese africano. I carri rimasero in servizio fino a alla loro sostituzione con dieci M60A1 RISE/PASSIVE presi a prestito dal corpo dei Marines statunitensi che garantivano capacità di difesa ed efficienza ben superiore a quella dei carri italiani ormai totalmente obsoleti.
Come già riportato i carri italiani ebbero una sola modifica evidente nella struttura e questa interessò la torretta.
Quasi tutti i carri avevano il primo tipo di torretta individuabile dal profilo di raccordo al piano di rotolamento molto arrotondato e con un anello di rotolamento più piccolo di quello sullo scafo.
Un’ultima serie di carri venne invece dotata di una torretta di nuovo disegno identica a quella adottata da US Army che prevedeva un disegno della parte inferiore totalmente diverso che portava ad un anello di rotolamento di diametro maggiore di quello dello scafo.
La cosa appare evidente dal confronto nella foto di seguito.
Ho stimato che i carri dotati di questa nuova torretta fossero 80 esemplari con targa da EI 115352 a EI 115432. Questo a mio parere porta anche a negare quanto da molti sostenuto ovvero che parte gli scafi e le torrette dei carri italiani fossero realizzate in Italia e che fossero riconoscibili da particolari marche di fusione. Ritengo invece che solo la componentistica venisse prodotta in Italia ma che tutte le corazze provenissero direttamente dagli USA e che di conseguenza le nuove torrette siano arrivate al momento della loro introduzione da parte degli americani.
Dal punto di vista modellistica la cosa porta qualche complicazione, almeno teoricamente, perché tutti i modelli presenti sul mercato (escluso forse il primissimo Tamiya) riproducono la torretta più moderna e AFV non fa eccezione. Dato che la modifica nel primo tipo non è affatto semplice ci si limita a prendere atto della cosa.
Per concludere questo primo intervento allego il link ad una serie di foto che ho scattato all’unico M60A1 esposto al pubblico al di fuori di strutture militari e più precisamente presso il Museo Casa del Bersagliere di Jesolo (VE) ringraziando il curatore, sig. Vidotto, per la disponibilità datami per scattare le foto. Da questo carro sono state prese anche le misure degli elementi che prossimamente compariranno in alcuni schizzi allegati all’articolo.
M60A1 alla Casa del Bersagliere di JesoloNOTE
(1) Dal 1 settembre 1964 il 1° Reggimento Bersaglieri Corazzato fu il solo reggimento con tale denominazione ad essere strutturato su due battaglioni carri (VI e XVIII) ed uno bersaglieri (l’organigramma d’ordinamento era di un solo battaglione carri ed uno bersaglieri) costituendo in tal modo un vero e proprio ulteriore reggimento carri della Divisione, unitamente al 31°, e facendo parte della II Brigata Corazzata della Divisione Centauro. Tale ordinamento su due brigate corazzate fu mantenuto fino all’ottobre 1968 quando il 1° Reggimento Bersaglieri Corazzato, a seguito del scioglimento del livello di brigata, passò alle dipendenza del Comando Divisione e la Divisione Centauro riprese l’ordinamento con un solo reggimento carri (31°).
Il motivo di questa anomalia nell’ordinamento di divisione era allora giustificata ufficialmente con la volontà di mantenere in vita le tradizioni del 1° Bersaglieri ma, assai più prosaicamente, la necessità era quella di avere tre comandi reggimentali per i bersaglieri.
Di conseguenza, oltre ai già esistenti 3° e 8°, venne creato questo reggimento per trasformazione del 1° Bersaglieri già in organico alla Divisione Corazzata Pozzuolo del Friuli.
Tale provenienza spiega anche come il Reggimento, pur essendo inquadrato nella Centauro che aveva sede nel nord Italia, mantenesse la propria sede a Civitavecchia.
(2) l’individuazione dei numeri di targa è avvenuta incrociando documenti diversi e fotografie per cui esse può essere soggetta ad imprecisioni.