Il
Kilo 46697
Argomento: Aerei ed elicotteri : Articoli Data: 15/12/2006
Buonasera o buongiorno a tutti, dipende dalle circostanze, ma mi piace pensare che sia sera, quindi, buonasera. Mi presento, sono un North American P51 D Mustang, ma preferisco che mi si chiami Kilo 46697, Kilo per gli amici stretti.




Permettetemi una precisazione: io non sono un Mustang, io sono un “Signor” Mustang. Ho un vero Rolls Royce Merlin inglese nel muso io, non come quegli altri che hanno avuto la sfortuna di essere allestiti con la copia costruita dalla Packard Americana….noi 51 con il Merlin voliamo meglio. Ne ho da raccontare…
Sono nato negli Stati Uniti, poi ho girato il mondo, mi sono ritrovato in Svizzera, ho volato parecchio sulle Alpi, belle le Alpi, e poi sono stato parcheggiato in attesa di cambiare nuovamente proprietario. Sentivo parlare di Guatemala.
Una sera vicino a me c’era un vecchio C46 che aveva l’aria di saperla lunga e gli ho chiesto se aveva mai sentito parlare di questo Guatemala. “Ah!, America Latina!” mi rispose, “torni di là dell’oceano, bei posti, tempo buono e temperature miti, gente allegra, ti troverai bene!”
23 Novembre 1964, aeroporto di San Josè, Guatemala. Sono qui, con delle nuove insegne sulle ali, e sono ancora un caccia di prima linea, alla faccia dei nuovi velocissimi tubi di stufa con radar e missili! Il mio pilota è un simpatico ragazzo di vent'anni che aveva imparato a volare sui T6, la ferma minima per questi piloti era di quattro anni e devo confessare che mi ci trovavo bene, lui voleva bene a me, io volevo bene a lui.
Gli anni si facevano sentire, e le 440 Mph di velocità massima dichiarata quando ero nuovo fiammante erano un sogno, si e no arrivavo a 400, ma tenevo botta con molto orgoglio e arrivavo tranquillamente a 35000 piedi, con una rispettabile velocità di crociera di 300 mph. Il mio elemento naturale era l’aria, per terra sono sempre stato rognosetto, per via del mio nuso lungo il pilota non vedeva bene dove andavo, quindi rullavo a zig-zag per entrare e uscire dal parcheggio.
L’autonomia è sempre stata un mio vanto, 92 galloni di carburante per ala e altri 85 in fusoliera, più i serbatoi sotto le ali, riempito bene potevo farmi anche sette ore filate di missione. Le missioni erano abbastanza monotone, volo in formazione, volo di notte, appoggio tattico, la missione tipo era quella di ricognizione costiera.
Le missioni divertenti, quelle di addestramento al combattimento manovrato, dove c’era da fare acrobazia, erano rare, il carburante costava caro e i soldi a disposizioni non erano molti. Comunque le mia 30 ore al mese le facevo, una dozzina di voli ci uscivano sempre, ed al di là del tipo di missione a me ed al mio pilota piaceva volare. A dir la verità qualche spavento l’ho fatto prendere pure io, mi ricordo che una notte, in atterraggio, il mio carrello si incastrò e rifiutò di estrarsi completamente, il ragazzo ed io facemmo un sacco di picchiate e scuotimenti nel buio fino a che “clang” ed il carrello decide di scendere, tre luci verdi e a terra, cosa volete, avevo venti anni e passa di volo sul groppone.
Poi finì l’avventura anche in Guatemala, rimasi parcheggiato un po’ in angolo del prato e nel 1970 un ricco americano mi comprò per riportarmi negli Stati Uniti, mi si apriva davanti una nuova carriera, quella di “Racer”. Ma l’età era l’età e mi è andata male, alla seconda manifestazione cui ho partecipato, forse anche a causa del troppo entusiasmo del mio nuovo padrone, ho imbardato in atterraggio, il carrello ha ceduto e mi sono fatto male sul serio. Adesso sono sotto ad un telo in un hangar neanche io so dove, ma me lo sento, io a volare ci ritorno...

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