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Storia : Antica : Annibale e la sua tattica militare
Inviato da Lisandro il 6/5/2008 14:17:18 (2180 letture)

Storia : Antica
 
Annibale (in lingua punica significa “Il Favorito del Dio Baal”) fu allievo del padre, anch’esso grande generale cartaginese, così come i suoi fratelli Asdrubale e Magone. Nell’addestrare i suoi tre figli Amilcare Barca fece indubbiamente un buon lavoro visto che Annibale fu ricordato come uno dei maggiori talenti dell’età classica e i suoi fratelli furono annoverati tra i migliori generali di fanteria e cavalleria.




L’arte militare dei fratelli Barca trova origine nella tradizione ellenica ma viene da essi sviluppata in forme indipendenti. In particolare Annibale deve la sua istruzione ad un precettore spartano, gli ambienti dove forma la sua cultura sono greci e la stessa lingua in cui compone opere ( andate interamente perdute) è sempre il greco.
Nelle sue campagne si fece accompagnare da uno storico, Sileno, greco di Sicilia, che fu la fonte principale di Polibio sulle imprese del condottiero cartaginese.
Segue quindi la dottrina militare greca; questa ha avuto tre capisaldi in Filippo II di Macedonia, suo figlio Alessandro il Grande e Pirro. Il primo si evidenziò come innovatore sul sistema organizzativo/logistico e sul piano tattico. Alessandro aveva rilevato dal padre Filippo uno strumento militare nuovo ed originale e lo aveva saputo esaltare, mettendolo al servizio del proprio carisma.
Pirro infine trasse dagli studi delle campagne d’Alessandro una serie d’accorgimenti per contrastare alcuni elementi di rigidità emersi durante le guerre scoppiate tra i generali del macedone dopo la sua morte. Annibale cresce su queste tradizioni ma ne impone un’interpretazione originale dal momento che i greci coevi proseguirono il cammino di Pirro cercando ad esempio di rendere più agile e manovriera la falange. Questo processo sfociò con la battaglia di Mantineia dove Filopemene sconfisse gli spartani ( 207 a.C.).
Per comprendere quali evoluzioni abbia introdotto Annibale nell’arte militare si deve esaminare le caratteristiche dei tipi di battaglie che la precedettero: l'oplitica e l'ellenistica. Nelle battaglie tra schiere d’opliti abbiamo due formazioni con lo stesso equipaggiamento lancia da urto, grande scudo tondo e corazza) che si scontrano frontalmente, chi perde coesione e disgrega la formazione viene sconfitto. La battaglia si risolve in un unico scontro decisivo. Nella prima, due opposte schiere di fanterie armate esattamente con la stessa panoplia - nel caso dei greci: grande scudo tondo, lunga lancia, corazza - si scontrano frontalmente risolvendo la battaglia in un unico colpo.
Gli elementi che pesano sulla vittoria o sulla sconfitta sono due; il numero degli opliti e la loro qualità. Prevale che ha i combattenti migliori o chi ha la soverchiante superiorità numerica. La battaglia ellenistica ha una serie di evoluzioni tattiche, si comincia a differenziare le tipologie di combattenti. Agli opliti vengono affiancate fanterie leggere con armi da getto che fanno della mobilità la carta vincente. Viene integrata la cavalleria pesante ( Alessandro fu maestro nell’impiego dei queste formazioni) che combina velocità alla potenza e può assestare colpi tremendi e improvvisi sfruttando le debolezze dell’avversario. A questa si aggiunge la cavalleria leggera, molto più veloce della sua omonima pesante può tenere impegnati avversari più forti e numerosi, eventualmente anche attaccandoli dopo averli esasperati con un continuo movimento elusivo e fiaccati con le armi da tiro. Gli sviluppi dei condottieri macedoni portano alla battaglia ellenistica dove il fulcro è rappresentato dall’impiego tattico delle quattro specialità descritte prima.
E’ il concetto di “armi combinate” che tende a sfruttare al massimo le proprie forze nel migliore dei modi e a mettere a nudo i punti deboli del nemico e a sfruttarli nel momento e nel modo migliore. La combinazione delle diverse armi genera una sommatoria che è maggiore della semplice “somma algebrica delle forze”, perché l'organizzazione gli dà un qualcosa in più. Questo utilizzo tattico delle diverse specialità rappresenta un vantaggio enorme rispetto alla relativamente semplice tattica politica cara ai greci ( e gli stessi greci ne subiranno i devastanti effetti in diverse campagne contro Filippo e poi Alessandro).
Ma il punico va oltre, Annibale , in primo luogo cambia drasticamente l’obiettivo tattico; non più quello di sfruttare al meglio i propri punti di forza scatenandoli su quelli di debolezza avversari, bensì creare l'insieme di condizioni che rendono inevitabile la sconfitta del nemico facendolo diventare debole proprio là dove questa debolezza è la condizione necessaria e sufficiente per la sua sconfitta.
Nel ridisegnare la sua tattica Annibale deve rinnovare profondamente anche il concetto di armi combinate. Nella sua concezione la battaglia è un tutto unico; lo scontro sul campo sarà un unico movimento compiuto da tutte le componenti dell’esercito. L’esercito non è un “insieme di parti organizzate” com’era l'esercito ellenistico: le truppe, il loro schieramento e il piano di battaglia sono un’unica materia finalizzata alla vittoria. Sono note le capacità del condottiero punico nella guida delle truppe mercenarie delle più diverse etnie (Galli, Celtiberi, Lusitani, Edetani, Liguri, Bruzi, Numidi, Baleari e diversi altri) e ancora più stupefacente fu la sua capacità di trasformare bande rozze e tribali in un efficace strumento tattico. In realtà Annibale più che trasformare questi mercenari ne adatta le caratteristiche nell’ambito del piano di battaglia. Egli pone grandissima cura nello studio psicologico dell’avversario e fa leva sul carattere dell’avversario per ottenere quei vantaggi che si rivelano poi decisivi sul campo di battaglia.
Per comprendere al meglio la tattica d’Annibale analizziamo le tre più famose battaglie combattute contro i Romani sul suolo italico. Trebbia 218 a.C. Annibale possiede informazioni precise sul carattere dei due consoli a capo dell’esercito romano, l’impulsività di Sempronio Longo, attese che fosse lui al comando e non il più prudente Publio Cornelio Scipione ( Padre del più noto Africano) tra l'altro ferito in una schermaglia e salvato da Publio Cornelio Scipione (L’Africano…) per tendere una trappola all'esercito romano ed attirarlo in battaglia: 1.000 cavalieri numidi e 1.000 fanti leggeri furono occultati in un'imboscata al comando di Magone e quindi, all'alba, il resto dei numidi fu inviato a molestare il campo romano.
Nel frattempo Annibale si assicurava che i suoi uomini facessero una colazione calda e si proteggessero dal freddo ungendosi il corpo d'olio. Sempronio reagì secondo copione, portando le truppe fuori dal campo senza nemmeno farli mangiare, dando subito la caccia ai numidi con la cavalleria ed inseguendoli oltre la Trebbia, gelata per il freddo. Così i romani si schierano oltre il fiume e quando il movimento avvolgente di Annibale e l'attacco alle spalle di Magone li manda in rotta, molti perirono annegati nel fiume. Le perdite di Annibale furono leggere, soprattutto galli: truppe che egli usava cinicamente in posizione molto esposta per assorbire gli attacchi dei romani ( e che chiamava “Carne da Pilum). Trasimeno 217 a.C. Dopo aver devastato i territori etruschi Annibale attira i Romani sulle rive del lago Trasimeno. Quindi si incammina lungo la riva del lago e lo supera, ma le sue fanterie leggere iberiche e galliche si dispiegano per vie nascoste lungo la cresta che lo costeggia. Quando il console Flaminio, ripreso l'inseguimento senza un minimo di ricognizione, si accorge che spagnoli ed africani gli bloccano il passaggio, tenta di schierarsi in battaglia, ma è perfettamente inutile, perché l'inaspettato attacco sul fianco ne ha già decretato la sconfitta. Canne 216 a.C.
In questa battaglia campale Annibale mette a punto uno schieramento studiato con cura per annullare il vantaggio numerico romano. Il centro dello schieramento è a forma di mezzaluna, la fanteria africana pesante è divisa sui due fianchi. Un’ala di cavalleria pesante e una di cavalleria leggera; il tutto disegnato con lo scopo di distruggere un’armata nemica ristretta in spazi non sufficienti al suo dispiegamento razionale. Il centro dello schieramento deve cedere con tempi calcolati alla carica romana dando il tempo alla cavalleria di eliminare la corrispettiva nemica e tornare sul campo per chiudere la trappola. Il meccanismo funzionò alla perfezione e la potente armata nemica venne distrutta.
A parziale discolpa delle armi romane và detto che la maggior parte delle reclute era inesperta e il sistema di elezione annuale dei consoli, molto condizionato dalla politica più che dall’arte militare espressa dai candidati, non rendeva facile creare strutture di comando esperte. In ogni caso la vittoria di Canne diede un duro colpo al Roma Repubblicana, solo un console fu buon allievo di Annibale quel Scipione che verrà chiamato “Africano” dopo aver battuto Annibale nella piana di Zama.

 

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