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Storia : Moderna : Testimonianza del Marò Siro Bagnoli
Inviato da Barbarigo il 7/2/2005 13:11:54 (1812 letture)

Storia : Moderna
Testimonianza del Marò Siro Bagnoli, battaglione "Barbarigo", compagnia mitraglieri


Raccolta da Andrea Lombardi www.italialhg.com

L’otto settembre 1943 fu infausto perché l'Italia tradiva per la seconda volta i suoi alleati, infausto perché il governo Badoglio non firmò un armistizio, ma una resa incondizionata, la più infamante della storia di tutti i secoli che gli storici hanno tramandata. Resa che calpestò l'onore del nostro popolo in armi, che denigrò la memoria di decine di migliaia di caduti sui campi di battaglia e di migliaia di civili periti sotto i micidiali e ingiustificati bombardamenti a tappeto, operati dagli angloamericani. La resa incondizionata e la fuga precipitosa, ignobile dei nostri governanti, gettò nel caos disastroso le forze armate italiane, abbandonate a se stesse, con le conseguenze che sono ben note. Così come è nota la vergognosa consegna ai vincitori di tutta la nostra Flotta da guerra.

A questo proposito voglio ricordare che la Flotta tedesca si autoaffondò nelle stesse circostanze nella prima guerra mondiale; come fece la Francia nella seconda guerra. Se quanto ho citato è notorio, credo che lo siano meno le condizioni che l’Alto Comando delle Armate angloamericane impose all'Italia con la resa a Cassibile, firmata per conto del nostro Governo dall'emissario Generale Castellano il 3 Settembre 1943.

Cito quanto è stato scritto sul secondo volume de La seconda guerra mondiale di Raymond Cartier, Mondadori, 1999, pagg. 188 - 191.

Le condizioni erano le seguenti: la prima con il documento Short Term comprendeva la capitolazione militare con la consegna della Flotta, la seconda con documento Long Term Surrender, aboliva fino a data indeterminata 1'esistenza giuridica dello Stato italiano! Questo documento doveva essere pubblicato solo dopo dieci anni, ma dopo venti anni non era ancora stato reso pubblico.

Ritengo utile questa premessa al fine di fugare eventuali dubbi sui motivi che indussero la Xª Flottiglia MAS a non arrendersi, né ai tedeschi e tanto meno agli angloamericani, e volle continuare la guerra per cancellare l'onta del disonore. Non ritengo sia importante soffermarsi sulla dotazione di automezzi bellici ed armamento di cui disponeva la Xª Flottiglia MAS, in quanto è molto più importante storicamente conoscere le motivazioni che portarono migliaia di giovani ad arruolarsi volontari per andare a combattere e morire.

Nel periodo anteguerra la nostra adolescenza fu molto più serena di quella che può essere oggi, in quanto non esisteva l'immoralità che da troppi anni perversa in Italia, e nel resto del mondo. La mia era dedita agli studi, protrattisi sino alla data dell'otto settembre l943, in quanto dopo pochi giorni dovemmo sfollare dalla costa, in previsione di uno sbarco degli angloamericani.
Sono della classe 1927, solo dopo avere compiuto il diciassettesimo anno ebbi nel 1944 la possibilità di arruolarmi volontario negli Arditi Paracadutisti dell'Aeronautica, di stanza a Tradate, in provincia di Varese. Dopo alcune settimane, su mia richiesta, mi feci trasferire alla Scuola Piloti dei Mezzi d'Assalto di Superficie della Xª Flottiglia MAS, del Distaccamento di Gavirate (lago di Varese). Il Reparto era stato intitolato Gruppo Moccagatta, alle dipendenze del Comandante Aldo Lenzi.

La richiesta del mio trasferimento venne determinata dalla mancanza di aeroplani, quindi si prevedevano tempi lunghi per poter andare al fronte, viceversa con i mezzi d'assalto della Xª MAS, mi venne riferito che a breve scadenza saremmo entrati in combattimento. Questa previsione si rivelò concreta, ma non si andò a combattere sul mare. Per carenza dei Barchini esplosivi, alla fine di ottobre del 1944 venne costituita la Compagnia Bartoli (nome di un Sottocapo caduto in una imboscata) con lo scopo di aggregarla al Btg. Barbarigo, per rimpiazzare le perdite che questo aveva subito sul fronte di Nettuno. Partimmo da Gavirate all'imbrunire, viaggiando tutta la notte su camion scoperti, si giunse a Vittorio Veneto, dove era di stanza il Barbarigo, già inserito nella Divisione Decima. La mia Compagnia divenne quindi la Compagnia Mitraglieri, comandata dal Tenente Giorgio Farotti. La Compagnia aveva in dotazione nove Mitragliatrici Breda 37, tre per ogni Plotone, oltre alle armi individuali. Il mio grado era Marò semplice, con mansioni di Capo Arma. Le campagne e zone d'operazioni alle quali ho partecipato con il Barbarigo sono state le seguenti: difesa dei confini nord orientali dall’invasione degli armati slavi. Le zone d'operazione: altopiano della Bainsizza, ultima per la Slovenia, la selva di Tarnova. Le battaglie combattute su quel territorio, contro preponderanti armati slavi, sono state: quella di Chiapovano, di Tarnova della Selva e del monte San Gabriele. Le campagne dei confini nord orientali sono costate alla Divisione Decima la vita di moltissimi giovani Marò, ma il loro, il nostro sacrificio è servito ad impedire che gli armati del Maresciallo Tito occupassero tutta la Venezia Giulia e oltre, come era nei loro piani. Almeno per questo, la popolazione "e non solo", di quel territorio dovrebbe essercene grata! Fronte Sud: contro Divisioni dell'Ottava Armata inglese. Nel mese di febbraio lasciammo Gorizia e rientrammo a Vittorio Veneto, dove sostammo alcuni giorni per il riassetto dell'armamento, degli organici del Battaglione ed anche per la riedificazione individuale, resa molto malsana, dopo più di due mesi trascorsi combattendo sprofondati nella neve. Poi finalmente arrivarono gli automezzi scoperti che ci imbarcarono in brevissimo tempo, mentre 1'oscurità era scesa sulla terra, la colonna intraprese la via per il fronte. Arrivammo a Imola il mattino seguente, rattrappiti dal freddo come sempre. Dopo una breve sosta ci dirigemmo in prima linea sul fiume Senio, nei pressi di Castel Bolognese, dove fummo accolti dagli inglesi con un fuoco infernale. Questo durò fino a quando iniziò il nostro spostamento, che combattendo di settore in settore ci portò fino al mare Adriatico, in prossimità di Porto Garibaldi, dove era stato effettuato uno sbarco delle forze Alleate angloamericane.

Da Porto Garibaldi cominciò il nostro ripiegamento, perché non potevamo più fronteggiare forze avversarie preponderanti, considerato che i tedeschi erano pressoché allo sbaraglio. Da Rovigo al mare continuava a combattere solo il Btg. Barbarigo e il Btg. N.P. (Nuotatori Paracadutisti) della Divisione Xª MAS. Mentre il Btg. Lupo della stessa Divisione era stato schierato sul Po. Il nostro ripiegamento strategico ebbe la funzione di retroguardia, per proteggere la ritirata dei tedeschi e di quanti erano schierati al fronte in quel settore. Questa operazione ci costrinse ad essere sotto il fuoco nemico giorno e notte ed anche a controbatterlo, tanto che io sparai durante la ritirata contro carri armati con la mia mitragliatrice Breda 37. la nostra odissea si protrasse per alcune settimane, fino a quando superato il Po e L'Adige ci portammo ad Albignasego nei pressi di Padova, dove ci attendeva un'amara sorpresa. Padova era già stata occupata da un Reggimento di Lancieri dell'Ottava Armata inglese, noi eravamo chiusi nel cerchio e tutto il nord era stato occupato. Era l'imbrunire del 29 aprile 1945, il nostro Comandante Capitano di Corvetta Antonio De Giacomo, consultati gli Ufficiali decise la resa, che venne trattata durante la notte con un Ufficiale inglese, il quale, mentre noi tesi eravamo ancora armati, tenne un breve discorso per elogiare il nostro eroismo, dicendo inoltre che ci veniva concesso l'onore delle armi! Il 30 aprile lasciammo il campo, e sempre armati entrammo in Padova sfilando davanti ad una Compagnia di Lancieri inglesi, che fecero il tradizionale presentat’arm. Sul ponte di Bassanello consegnammo le armi. Da quel momento, cominciò la nostra triste odissea di prigionieri di guerra. Dopo varie soste a Polesella, Forlì ed Ancona, approdammo con la tradotta nel paese campano di Afragola, dove nel Campo di concentramento sostammo per un paio di settimane circa. Nel tragitto che percorremmo da Polesella a Forlì in automezzi scoperti, potemmo constatare con profonda amarezza, in quale ludibrio era sprofondato il popolo italiano. Da Afragola proseguimmo poi per Taranto, da dove un piroscafo ci sbarcò nel porto di Algeri, da questo al campo di prigionia 211 POW Camp, dove restammo fino alla fine di marzo del 1946. Furono lunghi mesi di denutrizione e di sofferenze ingiustificate. Finalmente arrivò il giorno del rimpatrio, nei primi giorni di aprile sbarcammo a Taranto, ma finimmo di nuovo nel campo di concentramento in località, S. Andrea, a pochi chilometri da Taranto. Correva voce che dovevamo trascorrere la quarantena, la verità era invece che il Governo italiano non voleva che venissimo liberati perché il 2 giugno si sarebbero state le votazioni per sancire la Repubblica o la Monarchia, "e noi eravamo circa diecimila"! Nella terza settimana di aprile una sentinella inglese commise un'azione indegna, tanto da provocare la rivolta di tutto il campo, che sfociò nell'abbattimento dei reticolati, con la conseguente evasione in massa. Il 24 aprile 1946, dopo varie peripezie arrivai a Milano dove potei rivedere la mia famiglia dopo quasi due anni. Nel dopoguerra, ritornato in Italia dopo un anno, non mi sorprese più di tanto il caos che regnava nel nostro Stato, la distruzione era ovunque, la disoccupazione imperava sovrana! L’immoralità e il servilismo del nostro popolo era molto evidente. A livello politico poi, l'unica cosa che impegnava maggiormente tutti, era la sfrenata corsa al potere.

Tornando alla guerra: la mia considerazione per i nostri Ufficiali è sempre stata ottima, sia allora come oggi, perché dimostrarono di operare con il massimo impegno, oltre a condividere con noi Marò tutti i sacrifici e pericoli che comportano la guerra; ciò valga anche per il mio Comandante di Compagnia: Tenente Giorgio Farotti.

Nessuno di noi della Xª Flottiglia MAS, pensava che l'Asse potesse vincere la guerra, era più che evidente che la guerra era già stata persa senza il minimo dubbio con la capitolazione dell'Italia l'otto Settembre 1943.

Alla domanda; cosa ci ha spinti ad arruolarci volontari nella R.S.I. e in particolare nella Xª Flottiglia MAS, rispondo: unicamente per andare a combattere contro gli angloamericani, con lo scopo di riscattare l'onore dell'Italia, del suo popolo, dei suoi soldati e di tutti i caduti che con onore si erano sacrificati. Di riscattare l'onore che la resa dell'otto settembre aveva ignobilmente infangato. Nella R.S.I. perché era il solo mezzo per poter combattere con bandiera italiana, nelle Forze Armate italiane, e non incorporate in quelle tedesche. Contrariamente a quanto fece lo sparuto Esercito del Governo del Sud, che incorporò la Cremona nell'Ottava Armata inglese, vestendo i soldati con divisa inglese.

Nella Xª Flottiglia MAS, perché era una formazione apolitica, che all'otto settembre non aveva ammainato la bandiera italiana, e non aveva accettato la resa. Inoltre era la sola formazione militare che a breve scadenza poteva portarci a combattere, sul mare o al fronte. La nostra non fu un'avventura come si è insinuato, perché sapevamo arruolandoci di andare a combattere ed anche a morire! Per quanto riguarda i tedeschi, si dovrebbero fare delle distinzioni, perché i crimini ordinati da Hitler non possono essere associati a tutte le Forze Armate tedesche. Va detto fra l'altro, che quando si parla di crimini di guerra, tutti gli stati belligeranti hanno fatto la loro parte, e molto pesantemente gli Stati Uniti d'America, l’Inghilterra e la Russia. C'è stato il processo di Norimberga per punire i colpevoli tedeschi, ma non per altri, perché erano vincitori!

Per quanto riguarda la R.S.I., si può dire che se non fosse stata costituita, almeno tre quarti dell'Italia e della sua popolazione, sarebbe rimasta alla mercé delle Divisioni tedesche, che inasprite dal tradimento del governo Badoglio, e attaccate nel contempo da gruppi di militari italiani avrebbero fatto dell'Italia terra d'occupazione, con le conseguenze molto peggiori di quelle che abbiamo subito.

La nostra istruzione militare fu rapida ma intensa, quel tanto che bastava per entrare in combattimento. Il Tenente Farotti ebbe a dire di noi: erano meravigliosi; detto da un ex Ufficiale degli Alpini è significativo.

Il nostro equipaggiamento era sufficiente. Sull'avversario posso aggiungere che sul fiume Senio, usava fotoelettriche per illuminare le nostre linee riflettendo sulle nubi.

I miei ricordi più tristi sono l’otto settembre 1943 e il 30 aprile 1945, e l'avvilente constatazione del degrado morale del nostro popolo.

Il ricordo più bello, quando sfilammo davanti alla Compagnia di Lancieri inglesi che ci rese l'onore delle armi.

 

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