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1/72 e dintorni : Articoli : La folgore alata del Terzo Reich
Inviato da MArco Alpozzi il 10/1/2005 21:14:25 (4416 letture)

1/72 e dintorni : Articoli
 
Il 12 luglio 1942, nelle prime ore del mattino, uno strano aereo senza elica era pronto al decollo davanti agli hangar della Msseschimt di Leipheim. Ad un segnale del capitano pilota Fritz Wendel, il capo collaudatore della ditta, i motorini d’avviamento cominciarono ad urlare, poi un nuovo e lacerante rumore squarciò il l’aria: le due turbine dell’aereo erano entrate in funzione.

Una breve corsa di 200 metri, poi il caccia a reazione “Me 262” si avventava sibilando verso il cielo. S’iniziava una nuova era nei combattimenti aerei. Ma il 262 fu vittima della più fantastica prova d’incompetenza, di cecità di fronte alla realtà delle cose e d’irrisolutezza da parte dei capi del terzo Reich.
Il Me 262 doveva essere impiegato come caccia intercettore ed in tale ruolo sarebbe potuto entrare in linea in massa presso i reparti già nel '43 e si può immaginare con quali conseguenze non solo nell’aria ma su tutto l’esito della guerra, perché gli alleati avrebbero perso di colpo la superiorità aerea su tutti fronti e sarebbero cessate le incursioni sulla Germania e sui territori da essa occupati!
Anche in questo caso però, Goering dette chiare prove di megalomania e d’incompetenza, pensò di poter riprendere le azioni di bombardamento sulla Gran Bretagna con il nuovo aereo a reazione, non tenendo in alcun conto, né le effettive necessità della Germania, né la limitata capacità di carico offensivo che il Me 262 come “Bombardiere da Rappresaglia” poteva portare.
A Hitler, che era sempre alla ricerca di mezzi punitivi da usare contro i suoi nemici, non parve vero di accettare le proposte del Maresciallo, togliendo così ogni possibilità di un pronto e decisivo impiego di questo eccezionale aereo. Diede quindi ordine che il 262 fosse modificato in modo da poter essere utilizzato come bombardiere. Secondo le sue illuminate visioni, il 262 doveva colpire e sparire senza che la caccia e la contraerea inglese avessero il tempo di intervenire. Per fortuna degli alleati, solo di nascosto si riuscì ad utilizzare alcuni di questi preziosi bireattori come caccia intercettori puri cogliendo significativi successi che stavano a dimostrare quanto la nuova arma fosse letale in mano a piloti esperti in grado di sfruttare al massimo le eccezionali caratteristiche di velocità.
Solo all’inizio del 1944 Adolf Galland che ricopriva la carica d’ispettore della caccia tedesca riuscì a togliere al comando della 101^ Squadriglia Scuola Caccia, Walter Nowotny, uno dei più grandi piloti che la Germania abbia avuto, per affidargli , contravvenendo agli ordini di Hitler, la costituzione di una prima squadriglia sperimentale da caccia montata sui pochi Me 262 che, grazie alla sua influenza ed al prestigio di cui godeva, riusciva con la complicità del costruttore, del ministro degli armamenti Speer e di alcuni comandi, a farsi assegnare distogliendoli dalla produzione dei bombardieri lampo voluti da Hitler e da Goering.
Dopo il prevedibile insuccesso del Me 262 come bombardiere, nel gennaio del 1945, quando era ormai troppo tardi e quando solo l’uso della bomba atomica avrebbe potuto salvare la Germania, Goering diede il permesso per la formazione di un reparto di M 262 da usarsi come caccia intercettori con base a Brandenburg-Briest. Il luogotenente generale Adolf Galland fu posto a comando di questa nuova unità, che raccolse il maggior numero degli assi rimasti in vita. Prima di tale data, come abbiamo accennato, malgrado il continuo interessamento di Galland, il Me 262 era stato impiegato come caccia soltanto di nascosto ed in voli isolati a causa dell’ordine perentorio di Hitler che fosse usato come bombardiere.
Oggi quest’ordine può apparire incredibile, ma anche all’ora risultò incomprensibile sia per la casa costruttrice, che per la Luftwaffe, ma il Fuhrer che era capace di pensare soltanto in termini di vendetta, su questo punto fu irremovibile distruggendo con una sola parola tutte le speranze di rivincita dei suoi piloti che si videro cos’ sfuggire di mano l’occasione ed il mezzo per riconquistare il domino dell’aria.
Non a caso abbiamo iniziato questo articolo con la rievocazione del primo volo del Messerschimtt Me 262 e delle vicissitudini che ne impedirono l’impiego al quale lo stesso costruttore ancor prima di realizzarlo lo aveva destinato. Con quest’aereo che fu il primo aviogetto da combattimento veramente operativo che il mondo abbia mai avuto, perse la sua giovane vita, in circostanze ancora oggi poco chiare il maggiore pilota Walter Nowotny che con 258 velivoli nemici abbattuti al suo attivo era uno dei più grandi assi della caccia tedesca. Walter Nowotny era nato il 7 novembre 1920 a Cmund, una ridente cittadina austriaca sul Danubio dove trascorse gli anni della sua infanzia fino al giorno in cui il padre, impiegato delle ferrovie, per motivi di lavoro si trasferì a Waidhofen. In quest’ultima località il piccolo Walter frequentò il ginnasio ed il liceo, giungendo felicemente alla maturità. Poi si arruolò nella Luftwaffe come allievo ufficiale pilota. Conseguito il brevetto militare, il 1° ottobre 1939 fu destinato alla base di Breslau-Schongarten, dove in conseguenza dello stato di guerra della Germania, effettuava lunghi e noiosi voli di protezione della parte industriale della città. Questa attività ebbe termine il 23 febbraio 1941 con il suo trasferimento alla 54° squadriglia da caccia, comandata dal maggiore Trautlof, dove il primo aprile gli giunse la nomina a tenente. Fu quello l’inizio di una carriera rapidissima, giustificata e caratterizzata da eccezionali successi che Nowotny seppe ottenere combattendo. Il 19 luglio 1941 su fronte russo colse la sua prima fulminea vittoria, la vittima fu uno sfortunato Jak 18 sovietico il cui pilota non ebbe nemmeno il tempo di abbozzare un tentativo di difesa e cadde in fiamme, crivellato di colpi. Tre giorni dopo si scontro presso l’isola di Osel, nel baltico, con tre veivoli russi e nel corso di un mortale carosello riuscì ad abbatterli tutti. Quando l’ultimo aereo sovietico cadde senza controllo lasciandosi dietro una lunga scia di fumo nero, Nowotny virò per rientare alla base. Il combattimento però si era protratto troppo a lungo ed ora nel serbatoio del suo aereo non rimaneva carburante sufficiente per raggiungere un qualsiasi aeroporto tedesco. A questo punto non c’erano che due alternative: tentare un ammaraggio di fortuna, o lanciarsi con il paracadute. Quando il motore cominciò a perdere colpi e l’elica rallentò i suoi giri e finì con l’arrestarsi, Nowotny sfruttando gli ultimi istanti di velocità del suo FW190 cabrò l’aereo fin quasi allo stallo e quindi si lanciò nel vuoto. Per tre giorni rimase in balia delle onde a bordo di un battellino pneumatico, stremato dalla stanchezza e dal freddo giacque infine svenuto sul fondo del canotto. Quando riprese i sensi, si trovò nel letto di un pescatore che lo aveva salvato con la sua barca e che, viste le sue condizioni, si era affrettato a portarlo a terra prestandogli le prime cure e stappandolo da una sicura morte. Superati i postumi di questa brutta avventura, Nowotny rientrò al reparto e riprese a volare conseguendo nuove vittorie. In agosto, dopo aver abbattuto il decimo aereo, ricevette la croce di ferro di prima classe e pochi mesi dopo, quando i piloti nemici vinti furono 56, anche la croce di cavaliere. Ormai stava diventando un cacciatore famoso e le sue imprese erano riportate dai giornali e dai bollettini di guerra: nel cielo di Leningrado abbatté sette velivoli russi in un giorno, nell’azione seguente con una pattuglia della 54^, al suo comando affrontò 60 aerei russi riuscendo a distruggerne tre, prima di essere costretto ad atterrare con il velivolo in fiamme per il gran numero di colpi ricevuti. Tenente ebbe il comando di una squadriglia nel gruppo del famoso maggiore Phillipp. Le sue vittorie aumentarono in maniera vertiginosa, nel solo mese di giugno 1943 caddero sotto le sue raffiche ben 41 aerei nemici. Il 15 giugno 1943 aveva al suo attivo 100 velivoli abbattuti, due mesi dopo erano 150 e gli fu affidato il comando della 54^ Squadra da Caccia. Il 4 settembre 1943 i suoi successi salirono a 200, quindici giorni più tardi raggiunsero la cifra record di 220, oltre alle fronde di quercia, sulla croce di cavaliere gli furono concesse le spade e ricevette la promozione a capitano. A soli 22 anni, dopo altre 400 missini di guerra era diventato l’asso degli assi della caccia germanica, nessuno poteva vantare un numero cos’ alto di aerei nemici abbattuti. Ancora primo fra tutti i piloti da caccia del mondo, nell’ottobre 1943 colse la sua 250^ vittoria, quando rientrò da questa azione la Flak, il distaccamento di artiglieria contraerea della sua base di Wilna, sparò salve di benvenuto e razzi di segnalazione per festeggiare l’avvenimento. Il giorno dopo volò di gran carriera al quartiere generale dove Hitler volle premiare personalmente il giovane asso con la più alta decorazione germanica: la croce di ferro con fronde di quercia, spade e brillanti. Ormai per la Luftwaffe e per il terzo Reich, Nowotny rappresentava qualcosa di più di un pilota eccezionale, costituiva una bandiera, un esempio vivente di dedizione e di eroismo che era necessario preservare dalla morte in combattimento. Come già era stato per Galland, per Molders e per diversi altri assi della caccia, Hitler nel febbraio del ’44 emanò un ordine che proibiva a Nowotny di volare, e poiché sapeva per esigenze precedenti, fatte con altri aviatori, che ben difficilmente sarebbe stato obbedito, tolse Nowotny dal fronte destinandolo come comandante della 101^ Squadra Scuola Caccia di stanza a Pau nei Pirenei francesi. Al giovane dispiacque profondamente di rinunciare al volo, di dover abbandonare il suo gruppo, i camerati con i quali da tempo condivideva le ansie ed i rischi dei combattimenti aerei, ma, sia pure a malincuore, dovette adattarsi al nuovo incarico. A toglierlo dalla monotonia della scuola caccia giunse opportuno, dopo 5 mesi, l’ordine del generale Galland di prendere il comando di un novo reparto sperimentale in formazione sulla base aerea di Achmer. Nowotny non aveva ancora un’idea precisa dell’aereo che la sua nuova unità avrebbe dovuto sperimentare, ma quando a Rechlin fu davanti al suo Me262, e soprattutto quando fu in grado di portarlo personalmente in volo, il suo entusiasmo non conobbe limiti. Da cacciatore si rese conto delle eccezionali del modernissimo aviogetto e comprese che, impiegato in gran numero d’esemplari, la guerra nel cielo avrebbe subito una svolta decisiva a favore del suo paese.
Il Me 262, di costruzione interamente metallica, era dotato di un carrello a triciclo con ruota di direzione anteriore: aveva un’apertura alare di 12,65 m e una lunghezza di 10,60m. L’apparato motore era costituito da due turbine Junkers Jumo 004 da 850 Kg di spinta, situate sotto le ali, in grado di assicurare una velocità di 925 Kmh,il Me 262 era quindi l’aeroplano più veloce al mondo.
Il grande consumo di carburante circa 2500 litri per ogni ora di volo, era però compensato dal fatto che le turbine non necessitavano di benzina avio ad alto numero d’ottani, ma funzionavano perfettamente con miscele scadenti a base di petrolio. L’armamento era sempre stato uno dei punti di superiorità degli aerei alleati nei confronti di quelli dell’asse, era enormemente superiore rispetto a tutti gli altri caccia in servizio. Quattro cannoncini da 30 millimetri, posti due per parte nella prua del velivolo con 400 colpi ciascuno, assicuravano una potenza di fuoco in grado di intimorire qualsiasi avversario. In un secondo tempo il Me 262 fu armato anche con 48 razzi aria-aria del tipo Rm4, 24 sotto ogni ala, appesi in speciali rastrelliere. Uno solo di questi razzi era in gradi di distruggere un qualunque aereo alleato. La velocità del Me 262 richiedeva però piste di cemento di una lunghezza di almeno due Km e l’atterraggio e il decollo, a causa dell’instabilità meccanica delle turbine, rappresentavano spesso un’incognita. Il suo impiego in combattimento aveva rivoluzionato le tattiche degli scontri aerei.
I piloti del 262 non si perdevano in singoli duelli con i caccia nemici, per essi non era più necessario effettuare delle manovre acrobatiche per sfuggire o sorprendere l’avversario, ma si portavano invece altissimi nel cielo e piombavano poi giù, a gran velocità, sulle formazioni nemiche in un passaggio fulmineo, con tutte le armi in funzione, che rendeva futile qualsiasi difesa. Sparivano dunque verso terra per poi ripetere l’azione, molto spesso anche in cabrata, grazie alla grande spinta impressa dai due motori a reazione Junkers Jumo.
Nowotny chiese ed ottenne di poter scegliere gli uomini che avrebbero costituito il nuovo reparto, riuscì così a mettere insieme un’unità combattente di prim’ordine formata da ottimi piloti, molti dei quali avevano già servito ai suoi ordini sul fronte russo. Si trattava di aviatori che avevano già abbattuto parecchi velivoli nemici a testa e che si preparavano con entusiasmo ad affrontare le formazioni aeree alleate, consci di avere a disposizione il miglior aeroplano da caccia del mondo. L’addestramento del personale, però, avveniva fra mille difficoltà, sia per la situazione materiale dei rifornimenti che ormai arrivavano in maniera troppo scarsa, sia per le deficienze stesse del velivolo in dotazione che non era stato possibile mettere a punto con la dovuta calma. Le due turbine rappresentavano allo stesso tempo la forza ed il tallone d’Achille del Me 262, spesso per difetto di costruzione, per surriscaldamento o per altre difficoltà derivanti dall’alimentazione del carburante, s’inceppavano e l’aereo che non era fatto per planare ed atterrare senza motore, veniva giù come un sasso. In questi casi erano pochi i piloti che riuscivano a salvarsi lanciandosi con il paracadute.
Già nella fase dell’addestramento Nowotny perse alcuni dei suoi più cari e preziosi collaboratori. Il giovane comandante pose tutta la sua energia nel tentativo di prevenire gli incidenti eliminando gli inconvenienti del novissimo aviogetto che come si è detto, non aveva potuto essere messo a punto con la consueta precisione teutonica e per il tempo necessario, fatalmente portava con sé. Nonostante i difetti del 262 e le lacune dell’ormai privatissima organizzazione della Luftwaffe, l’apparizione nel cielo degli uomini del reparto di Nowotny gettò lo sgomento nei comandi alleati ed il terrore nelle sempre più numerose formazioni che bombardavano quotidianamente la Germania. I pochissimi aviogetti usati in combattimento colsero importanti successi saettando fra i quadrimotori alleati senza che i mitraglieri riuscissero ad inquadrarli ed eludendo con facilità l’intervento dei più lenti caccia di scorta. La squadriglia registrò tuttavia alcune perdite nel corso degli scontri a cui prese parte, ma esse erano totalmente irrisorie se paragonate al numero di aerei nemici abbattuti. Nowotny stesso benché gli fosse di nuovo stato proibito il volo in azioni di guerra e quindi di guidare i suoi uomini in combattimento, durante un’incursione contravvenne all’ordine e, saltato a bordo del suo apparecchio, decollò, fece quota portandosi in coda ad un B17 ritardatario e con un solo colpo di cannoncino lo abbatté in fiamme. Dopo questo facile successo fece pressioni sul comando della Luftwaffe per tornate a volare, ma il permesso, come era da aspettarsi gli fu negato. Goering stesso per quanto già in disgrazia, non osò concedere la necessaria autorizzazione per timore di incorrere una volta di più nelle ire di Hitler. La guerra per la Germania era in ogni modo irrimediabilmente perduta, e l’intervento di piloti come Nowotny, anche se a bordo di nuovi caccia a reazione, non sarebbe valso certamente a mutare le sorti, ormai era troppo tardi, si poteva solamente vendere cara la pelle. Nell’insufficienza di mezzi, ma più ancora della pochezza mentale e nella megalomania di chi era al comando va ricercato il “virus” della sconfitta; con altri uomini, forse la Germania sarebbe stata invincibile. Ai piloti della Luftwaffe che bagnarono con il loro sangue le carcasse degli aerei nero crociati e che riempirono i cieli d’Europa e d’Africa dei roghi dei loro aeroplani, spazzati dal cielo della preponderanza dei mezzi alleati, non si può attribuire la sconfitta come invece fecero Hitler e Goering. Gli equipaggi si batterono fino all’ultimo giorno, fino all’ultima ora, fino all’ultimo istante nella precaria e disperata difesa del cielo della Patria e non si arresero mai. Questo quando ormai ogni illusione di vittoria era svanita, quando ormai le loro case e i loro cari erano stati spazzati via dai bombardamenti alleati, quando nulla restava loro in cui credere, se non nella morte. Si giunse così al 7 novembre 1944, quel giorno il generale Galland accompagnato dal colonnello generale Keller, comandante del NSFK(corpo aviatori nazionalsocialisti), inviato personale del maresciallo Goering, visitò fugacemente la squadriglia annunciando che sarebbe tornato il pomeriggio successivo per parlare dei problemi connessi alla difesa del Reich. Puntualissimi, i due generali si presentarono l’indomani alla base di Achmer accolti con la dovuta deferenza del maggiore Nowotny che, nella sua veste di comandate, fece gli onori di casa. Nell’ufficio del comando, Galland confidò a Nowotny che Goering era convinto e lo aveva affermato in pubblico giustificando se stesso e le sconfitte dell’arma aerea del Reich, che gli assi dei primi anni di guerra erano diventati dei vigliacchi e non avevano più il coraggio necessario per affrontare il nemico. Come conseguenza dell’opinione che si era formato, il maresciallo del Reich aveva deciso di far pilotare i nuovi aerei a reazione del tipo Heinkel HE 162 “Volksjager” (cacciatore del popolo), dai giovani di 16/17 anni della Hitlerjugend provenienti dal volo a vela, anziché superstiti assi della caccia tedesca. A queste affermazioni Nowotny reagì energicamente criticando aspramente e senza timori la direzione della Luftwaffe. Espresse poi tutte le sue riserve sulle nove direttive affermando che mandare giovani piloti del volo a vela sugli aviogetti equivaleva a commettere un omicidio, perché i nuovi aerei richiedevano personale esperto ed in possesso di qualità superiori della media. Chiese quindi ancora una volta il permesso di volare, per dimostrare che le affermazioni di Goering sulla viltà dei vecchi piloti erano false. Ma Galland gli rinnovò la proibizione al volo dicendogli che era destinato ad altri incarichi direttivi a terra. Fu un Nowotny mortificato ed insolitamente serio quello che discusse con i due generali le tattiche migliori di impiego dei velivoli a reazione. Il colloquio ebbe breve durata perché fu interrotto da un allarme aereo. La radio annunciò l’avvicinarsi di formazioni di bombardieri nemici e Nowotny dette ordine al suo reparto di decollare e di portarsi in quota. Poi con i due ospiti si recò nella sala operazioni per seguire l’azione dei suoi piloti. Dagli altoparlanti giungevano le voci dei cacciatori in volo d’avvicinamento agli aeroplani nemici. Dopo un primo fortunato passaggio durante diversi aerei alleati furono abbattuti, i Me 262, effettuata una larghissima virata, tornavano all’attacco. Il secondo contatto non fu altrettanto fortunato: il sottotenente Schall che guidava la squadriglia, fu abbattuto presso Bramche, un secondo aviatore fu costretto a tentare un atterraggio di fortuna per noie ad una turbina, un terzo ebbe la sfortuna di trovarsi sotto il fuoco incrociato di due P-51 “mustang” e di un B-17, precipitò schiantandosi nelle vicinanze del campo. AL posto di comando Nowotny non poteva stare fermo, nervosissimo si spostava da un operatore all’altro mentre stava certamente pensando che i suoi più vecchi camerati si facevano uccidere lassù nel cielo ed egli era costretto a starsene al sicuro, ma forse più di tutto gli bruciavano le parole di Goering, la qualifica di vile sapeva bene di non essersela meritata. Improvvisamente si fermò come se avesse preso una decisione, poi corse fuori dalla sala operazioni, saltò sulla sua macchina e gridò verso Galland: -signor generale, mi dispiace di non poter obbedire al suo ordine, ma ora volerò e le dimostrerò che non sono un vile e che per quanto difficile è ancora possibile ottenere delle vittorie-. Poi l’auto scattò in avanti ed a nulla valsero i richiami del generale Galland per fermarlo. Attraversò il campo e giunse sulla piazzola dove era decentrato il suo velivolo che recava il distintivo della sua vecchia 54°, un cuore verde in campo bianco, fece mettere in moto e pochi minuti dopo scattava nel cielo verso la seconda ondata delle formazioni alleate che stavano sorvolando il campo. L’asso tedesco si portò in quota sopra i bombardieri, poi picchiò decisamente verso un B17 sparando con i cannoncini da 30 millimetri. Da terra videro la fortezza volante perdere un’ala e precipitare in fiamme nei campi vicino alla base. Ma Nowotny era già al secondo attacco, si portò in coda ad un Mustang di scorta e quando stava per aprire il fuoco fu visto perdere velocità e diminuire di quota quando per radio si sentì la sua voce: -le turbine non funzionano più!- il 262 cominciò a precipitare sempre più velocemente, il pilota sganciò il tettuccio, poi dalla cabina si vide sbocciare un paracadute che aprendosi troppo presto, si impigliò nei piani di coda trascinando verso terra il giovane ufficiale. I rottami dell’aviogetto furono ritrovati nei pressi di Epe-Malgarden ai margini di una radura, accanto ad essi giaceva il corpo esamine di Walter Nowotny. Il suo aiutante Schnorrer, il suo autista Gedecke ed il pastore Schwegmann composero piangendo quel corpo martoriato ponendogli sul petto il cappello da ufficiale che egli portava solitamente molto inclinato dopo averlo schiacciato nel centro, fuori ordinanza come per sfida. La notizia della morte di Nowotny si sparse velocemente anche al di fuori della Germania. Il giovane pilota tedesco era ammirato allo stesso modo all’estero che in patria. Uno dei più famosi piloti alleati, il francese Pierre Clostermann, che combatteva nella RAF scrisse in un libro autobiografico: -Walter Nowotny è stato ucciso! Il nostro avversario dei cieli di Normandia e di Germania è morto l’altro ieri. La Luftwaffe di cui era l’eroe non sopravvivrà alla sua morte, che è come il punto fermo di questa guerra aerea. Stasera il suo nome ricorre spesso nelle conversazioni alla mensa. Ne parliamo senza rancore senza odio. Ciascuno evoca ricordi, che gli si riferiscono con rispetto, quasi con affetto. È la prima volta che assisto ad una conversazione su questo tono alla RAF ed è anche la prima volta che sento esprimere apertamente questa strana solidarietà tra piloti da caccia, al di sopra di tutte le tragedie e di tutti i pregiudizi. Questa guerra aver visto spaventevoli eccidi d’esseri umani, città crollate sotto le bombe, i massacri di Oradour, le rovine di Amburgo. Noi stessi abbiamo sentito qualche volta un senso di nausea nel vedere le nostre granate esplodere nelle vie di un placido villaggio, falciando, intorno al carro armato che attaccavamo, donne e bambini. Al confronto i combattimenti con Nowotny ed i sui Messerschimtt erano roba pulita, molto superiori ai combattimenti delle unità di terra, nel fango e nel sangue, fra il frastuono degli autoveicoli a cingoli arrancanti e puzzolenti. Certo anche per noi vi sono combattimenti meno nobili: quei mitragliamenti di treni all’alba, in cui si cerca di restare sordi alle urla di terrore di non vedere le nostre granate fracassare il legno, mandare in frantumi i vetri, non vedere i macchinisti che si contorcono tra i getti di vapore bollente e tutta quelle umanità atterrita presa in trappola nei vagoni. Lavoro inumano immorale, che dobbiamo eseguire perché siamo soldati e perché la guerra è così. Oggi è una rivincita per noi salutare un nemico valoroso appena morto, proclamare che Nowotny ci appartiene, che egli fa parte del nostro mondo, nel quale non ammettiamo né ideologie, né odi, né frontiere-. E qui comincia l’enigma della morte di Nowotny: Clostermann ha scritto che l’aereo del pilota tedesco era stato preso in coda, in fase finale di atterraggio, da un “TempestV” della sua squadriglia, che sfidando il fuoco della Flak era riuscito a cogliere l’asso tedesco nell’ultimo momento critico in cui era impossibilitato a difendersi. Sotto le raffiche ravvicinate del Tempest il Me262 si sarebbe incendiato e il pilota,gravemente ustionato, sarebbe morto nell’ospedale di Osnabruck due giorni dopo, e cioè il 17 marzo 1945. Stranamente questa versione dei fatti che è discordante anche sulla data del decesso è stata in seguito ripresa anche da autorevoli riviste specializzate. Grazie alla testimonianza del generale Galland ed a quelle dei compagni di squadriglia, oggi sappiamo che l’aviatore ustionato non poteva essere Nowotny perché questi era caduto 4 mesi prima in circostanze del tutto diverse. A meno che non si vogliano mettere in dubbio le dichiarazioni di tutti questi testimoni e non si pensi che i tedeschi abbiano di proposito falsato i fatti per uno scopo che a noi sfugge, non dovrebbero sussistere dubbi sul modo come questo grande pilota ha trovato la morte: nel lanciarsi dal suo 262 in avaria, e rimanendo impigliato nei piani di coda. Quello che invece a tutt’oggi ancora ignoto è se le turbine dell’aviogetto tedesco si fermarono da sole, per uno dei tanti guasti di cui si lamentavano spesso i piloti, o se invece furono danneggiate da un mitragliamento nemico proveniente dal B17 abbattuto poco prima. La differenza fra queste due ipotesi che oggi non possono purtroppo trovare conferma può apparire insignificante ed è invece grandissima. Nel primo caso Nowotny sarebbe stato vittima di un tragico incidente, nel secondo invece risulterebbe abbattuto ed il cielo che aveva conosciuto le sue 258 vittorie omologate più 22 probabili, sarebbe stato testimone anche della sua unica, fatale sconfitta. Malgrado siano trascorsi 34 anni(nda dall’anno della scrittura del libro) dagli avvenimenti narrati, non è stato possibile avere la certezza sullo svolgimento dei fatti. Ancora oggi una qualificata pubblicazione ufficiale tedesca,dedicata ai cacciatori tedeschi decorati con la croce di cavaliere, fissa come data del decesso del maggiore Walter Nowotny l’8 novembre 1944, nel aggiungere subito: cadde durante un attacco contro bombardieri, cadde vicino all’aeroporto di Achmer e rimase ucciso. Le esatte circostanze sono rimaste sconosciute.
Chi seguendo gli itinerari che noi abbiamo battuto per ricostruire i suoi ultimi giorni, si avventurasse nella solitudine di un sentiero di campagna ad Epe-Malgarten nelle vicinanze del vecchio campo di Achmer troverete un cippo marmoreo che segna il luogo dove l’aviatore tedesco precipitò. Sulla lapide scolpita dallo scalpellino Hans Haiden si legge testualmente: "Qui cadde l’8 novembre 1944, dopo 258 vittorie per la patria il maggiore Walter Nowotny, insignito della croce di ferro con fronde di quercia, spade e brillanti. Nato il 7 dicembre a Gmunt, Niederdonau".
Qual è dunque la verità? Qual è stata la vera causa della morte? Nessuno è stato in grado di chiarire i nostri dubbi né sull’esatto svolgersi degli avvenimenti trascorsi né tanto meno di indicarne l’ora, il momento in cui furono vissuti.

da: Voli Misteriosi di Giorgio Evangelisti edito da Olimpia

 

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